Fisco
Lucca, chiude famosa osteria: «Non è più possibile andare avanti». Due i motivi principali
Luca Perelli annuncia la chiusura del ristorante di Gragnano con il pranzo di domenica
GRAGNANO. Una bella storia ai titoli di coda dal sapore amaro. Una di quelle scommesse riuscite in cui la passione è stata il motore dell’impresa e che a un certo punto si è costretti ad abbandonare. Fa più male quando la serranda si abbassa nonostante l’apprezzamento dei clienti e i conti che tornano
È il destino amaro che accompagna l’ “Osteria da mi pa’” di Gragnano, creatura voluta e costruita da Luca Perelli, con il figlio Matteo a sostenerlo, apparsa sulla scena della ristorazione a km zero nel febbraio 2012.
Un esempio vincente dovuto alla formula dei piatti locali preparati usando prodotti del territorio. Qualità e sacrificio ripagati dai complimenti di chi si presentata alla cassa con la promessa di ritornare.
Il giorno dei saluti è fissato per domenica. Un menù a buffet a 35 euro per chiudere una stagione di reciproca soddisfazione tra ristorante e clientela.
«È stato un viaggio bellissimo, insieme a tutti voi indistintamente che ci teniamo a ringraziare! – affermano Luca e Matteo Perelli – . Ringraziamo tutti i nostri collaboratori che negli anni si sono susseguiti, i nostri vari fornitori che ci hanno sempre fornito materie prime di qualità, ma soprattutto tutti i clienti che sono passati da noi. Sicuri di aver provato sempre a dare il massimo, ad impegnarci affinché il cliente fosse soddisfatto e ad aver sempre lavorato con passione e amore, cercando di trasmettere quello che si provava spiegando i nostri piatti. Finiamo questo percorso soddisfatti del nostro operato, anche se sappiamo che ci mancherà tutto questo. Vi mandiamo un grande abbraccio».
Luca Perelli, cosa è successo?
«Ci sono varie cause. Diciamo che le principali sono due. Tre anni fa ho avuto un problema a una gamba e non posso stare in piedi troppe ore. L’altra è che non riesco a trovare cuochi adattati alla nostra cucina. Quello che era con noi da anni ci ha detto che sarebbe andato in Sri Lanka a trovare la mamma e non è più tornato. È sparito. Non possiamo aprire e chiudere a seconda dei cuochi disponibili. Per un po’ mi sono alternato con mio figlio, ma non è possibile. Ho più di 73 anni e Matteo fa altro nella vita».
L’attività andava bene e nessun problema con l’affitto: l’opposto di quello che porta i ristoranti a chiudere.
«Esatto. Avevamo un affitto lungo dopo aver realizzato il ristorante come volevamo a partire dal 2012. Ci siamo impegnati parecchio fino a diventare nel 2017 presidio Slow Food e ottenere il riconoscimento della “Chiocciola”. Siamo in otto a Lucca e devo dire anche molto affiatati come colleghi con cui abbiamo portato avanti tante iniziative. Abbiamo ricevuto tanti riconoscimenti per la nostra attività e ogni anno eravamo impegnati a mantenere il livello per cui ci eravamo distinti».
Ma davvero un ristorante chiude perché non trova cuochi all’altezza?
«Le faccio un esempio che mi è capitato di recente. Si presenta un tipo che mi dice: “So fare questo, so fare quello”. Dopo un’ora che l’ho visto lavorare gli ho dato 50 euro dicendogli: “Tu in cucina non ci sai stare, prendi i soldi e vai”. Il problema esiste anche per il personale di sala. Uno pensa che basti portare al tavolo piatti e bottiglie. Ma se un cliente ti fa una domanda e chiede spiegazioni non si può rimanere in silenzio. È un problema comune a tanti colleghi».
Domenica, l’ultimo atto dell’osteria. Qualcuno potrebbe rilevarla?
«Sul futuro non so. Di sicuro confesso che mi pesa perché era l’attività che volevo da tanti anni e che mi ha dato tante soddisfazioni, ma non ci sono più le condizioni. Dispiace chiudere quando uno lavora e ha riconoscimenti. E penso a quanto è stata dura quando abbiamo iniziato. Siamo in aperta campagna e qui uno non ci finisce per caso».