Lucca, gli industriali contro il caro rifiuti: «Servono impianti»
Le critiche per i costi e l’appello alla Regione
LUCCA. La situazione è preoccupante già da tempo, tra crisi internazionali legate ai conflitti, rincari dell’energia e delle materie prime, adesso anche l’effetto che potrebbero avere i dazi Usa. Ma per le imprese del territorio provinciale, costrette a fare i conti con queste dinamiche nazionali e internazionali, i guai non finiscano qui. Ad appesantire un quadro economico già difficilissimo ci si mettono anche le tasse locali e in particolare gli annunciati aumenti della Tari anche a Lucca.
A lanciare l’allarme in proposito sono i vertici di Confindustria Toscana Nord. « Si prospettano in molti comuni dell'area Lucca-Pistoia-Prato aumenti sensibili della Tari – si legge in una nota dell’associazione – alcune amministrazioni hanno già deliberato, altre, anche se non tutte, è presumibile che lo facciano. La Tari non riguarda solo le famiglie, ma anche le imprese: accanto ai rifiuti speciali generati dalle aree produttive, la cui raccolta e smaltimento è a totale carico (gestionale ed economico) delle imprese stesse, queste ultime sono anche assoggettate alla Tari per la parte di rifiuti assimilati agli urbani (essenzialmente, quelli prodotti dagli uffici direzionali e amministrativi e in generale dalle aree non produttive). Gli aumenti, quindi, impattano anche sulle imprese, in un momento in cui proprio niente viene loro risparmiato: dai dazi statunitensi, per quanto a ora sospesi, ai costi energetici, dal ristagno dei consumi a forti problemi di concorrenza internazionale. Dal punto di vista delle imprese, sul banco degli imputati c'è sempre – perennemente irrisolta – la carenza in Toscana di impianti finali di smaltimento dei rifiuti».
«E' bene precisare che le manchevolezze che si registrano riguardano soprattutto gli impianti finali, quelli che dovrebbero chiudere il ciclo di vita dei materiali non riciclabili o comunque non riciclati – precisa il presidente di Confindustria Toscana Nord Daniele Matteini – Cioè i termovalorizzatori o altre tipologie di impianti che segnino la chiusura del ciclo dell'economia circolare. Il sistema confindustriale, a cominciare da Confindustria Toscana, lamenta da molti anni il perdurare di questa situazione. Per ora in Toscana abbiamo visto, recentemente, solo impianti per il trattamento intermedio dei rifiuti, impianti quindi che si limitano ad affinare la selezione dei materiali e a renderli disponibili per i passaggi successivi, riciclo o smaltimento che sia. Ma poi i materiali da smaltire dove vanno? Come sempre in giro per l'Italia e per l'Europa, con costi ingenti e impatti ambientali. Noi tutti, cittadini e imprese della Toscana, paghiamo salato lo smaltimento dei nostri rifiuti presso impianti di altre regioni e nazioni che con quel materiale producono energia. Energia che sarebbe tanto utile anche a noi: il danno e la beffa».
«L'area di Lucca è da sempre alle prese con il problema dello scarto di pulper delle cartiere – aggiunge il vicepresidente di Confindustria Toscana Nord Tiziano Pieretti – Rifiuti speciali che condividono una sorte analoga agli urbani: a causa della carenza di impianti, lo smaltimento avviene lontano dai luoghi in cui sono generati. Nel caso dello scarto di pulper, generalmente all'estero. Non sono mancati nel nostro territorio tentativi di realizzare impianti di prossimità: ma chi ci ha provato si è scontrato con dinieghi ispirati a un clima autorizzativo ostile a iniziative del genere. La proposta più volte presentata dalla nostra associazione era ed è di assoluta concretezza e costruttività: lavorare in sinergia fra pubblico e privato per realizzare un'impiantistica che risolva i problemi sia dei rifiuti urbani che degli speciali». Confindustra, con Matteini e Pieretti, ribadisce come «il Piano rifiuti della Regione Toscana sia basato su presupposti inattendibili» in relazione agli effettivi dati sul riciclo «che in alcuni settori è talmente sviluppato da avere ben pochi margini di crescita – conclude Pieretti – Un caso è quello del cartario, nel quale il riciclo è prossimo al 90%, al limite tecnico del materiale riciclabile». l