Il Tirreno

Livorno

L'intervista

Enrico Fernandez: «Sono sconcertato da Esciua»

di Alessandro Lazzerini
Enrico Fernandez: «Sono sconcertato da Esciua»

«Fa le riunioni e non mi chiama, vuole andare a dritto da solo. Il mio impegno? Ho pagato anche l’iscrizione, vuole che mi dimetta ma non lo farò»

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«Alla riunione di Banditella non c’ero. E non sono stato invitato, a dimostrazione del poco rispetto che merito». A scrivere queste righe nel gruppo social del Club Magnozzi Fides è Enrico Fernandez Affricano, presidente del club di via della Gherardesca e presidente onorario del Livorno. Da sempre vicino ai colori amaranto e in particolare negli ultimi anni di cui ha rappresentato un pilastro della società.

Dopo le dimissioni di Mazzoni, il segretario generale Casali non operativo, il precedente addio di Mosseri e la rottura con il sindaco Salvetti, questa scelta di Esciua nei confronti di Fernandez evidenzia sempre di più quella che è la situazione in casa Livorno: un uomo solo al comando. «Sono abbastanza sconcertato – esordisce Fernandez -. Oltre alla questione morale, nell’accordo che ho da presidente onorario ci sono determinate cose che mi competono. Mi aspettavo una chiamata: “guarda Enrico, oggi facciamo la riunione”. Lo avrei trovato corretto e rispettoso».

E invece il telefono non ha squillato.

«No. Da queste azioni capisco che il presidente non ha bisogno di nessuno. E’ il proprietario del Livorno e come tale può fare quello che meglio crede. Se ha il desiderio di andare avanti per la sua strada, e così mi pare, ne prendo atto. Mi dispiace, perché ho sempre avuto massimo rispetto nei suoi confronti, come persona e come patron della squadra della città, e anche in questo ultimo periodo ho cercato di dargli consigli per il bene del Livorno».

Cosa avrebbe fatto in questa situazione?

«Qualcosa dobbiamo fare. Questo immobilismo non può portarci da nessuna parte. La prestazione di domenica è stata vergognosa, uno spettacolo indecoroso anche nei confronti della gente che paga il biglietto. Vedo giocatori senza carica ed entusiasmo».

Avrebbe cambiato Formisano?

«Non sta a me dirlo. Di sicuro è raro che con 8 sconfitte in 12 partite non ci sia un cambio, a volte nel calcio bastano due-tre risultati negativi».

Si è dimesso anche Mazzoni, che avrebbe optato per il cambio.

«Mi dispiace. Mazzoni è uno che in questi anni si è fatto in quattro per il Livorno. Spero che ritiri le dimissioni e torni vicino all’amaranto».

Nei giorni scorsi al presidente Esciua non è andato già il suo doppio ruolo di presidente del club Magnozzi e presidente onorario del Livorno. Ha pensato a dimettersi dalla seconda carica?

«È tutto un discorso a vuoto. Nel contratto che il club Magnozzi ha con il Livorno per la concessione del marchio e del nome, c’è scritto che il presidente del club sarà anche presidente onorario della società. È così da anni. Non c’è motivo di dimettersi».

E vero che in questi ultimi mesi si è esposto economicamente per aiutare la società?

«Sì, m sono esposto in tutti i sensi. Per l’iscrizione, per lo sponsor della mia azienda, è la passione che ho per il Livorno. Non c’erano più le bandiere, le ho comprate, sono piccole cose. E’ il mio divertimento. Ma non ho mai voluto mettere bocca sulle scelte tecniche o cose simili».

E il futuro come lo vede?

«Sa cosa mi fa più male? Con la mia azienda ho contatti in tutta Italia e tutti parlano del Livorno in questa situazione. Sono amareggiato, anche se penso che la squadra possa salvarsi. In società c’è un’impiegata come Giulia Tanini, molto brava, e un presidente. E’ impossibile andare avanti così. Joel dovrebbe aprirsi al dialogo con la città e contornarsi di persone di cui si fida e che soprattutto ascolta. Per fare capire che non è un dittatore. Altrimenti non vedo un futuro». 
 

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