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Konecta, il grido dei 78 lavoratori: «Le istituzioni non ci lascino soli»

di Martina Trivigno
Konecta, il grido dei 78 lavoratori: «Le istituzioni non ci lascino soli»

L’azienda ha già riattivato i contratti di solidarietà con punte fino all’80 per cento

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LIVORNO. «Le istituzioni non ci lascino soli». Samantha Iannone è la rsu Slc-Cgil del call center Konecta di Livorno ed è una dei 78 dipendenti il cui posto di lavoro è appeso a un filo. Il suo è un grido corale, un appello disperato perché la loro voce – sempre più flebile – sia ascoltata e non dimenticata. Iannone racconta di una crisi silenziosa, consumata tra le mura domestiche trasformate in postazioni di lavoro. Parla dei sacrifici, della capacità d’adattamento e della paura concreta di perdere tutto. Così quei lavoratori – 76 donne e due uomini – si aggrappano con tutta la forza al loro impiego. Non importa se poco remunerativo in quanto part-time involontario. E non fanno più caso neppure al fatto che circa la metà di loro non abbia più una sede fisica in cui andare ogni giorno. Chiedono certezze, ma intanto si accontenterebbero di un maggiore ascolto da parte di chi potrebbe cambiare le sorti del loro destino professionale e, di conseguenza, personale. È Iannone a spiegare infatti come tutti abbiano bisogno di quel reddito.

La solidarietà

Ma dalla scorsa settimana l’azienda ha riattivato i contratti di solidarietà, formalmente aperti lo scorso 2 maggio, come risposta al drastico calo dei volumi di lavoro, conseguenza diretta della decisione unilaterale di Tim di reinternalizzare il servizio di assistenza clienti 187. «Questa scelta pesa come un macigno sul sito livornese, che da anni dipende esclusivamente da questa commessa – sottolinea Iannone – . Da quando la sede di Guasticce è stata definitivamente chiusa, i lavoratori Konecta lavorano perlopiù da remoto; grazie all’impegno del sindacato, una trentina di dipendenti ha a disposizione uno spazio di coworking in via Firenze».

La giornata-tipo

Ma come si svolge la giornata-tipo? «Il servizio è garantito dalle 7 alle 23 e il nostro turno dura quattro ore – sottolinea la rsu – e in questo tempo ci occupiamo della gestione dei reclami dei clienti ma anche dell’offerta commerciale che è molto più impegnativa rispetto al passato dal momento che comprende anche i pacchetti delle pay-tv oltre a telefonia e internet. In media, lo stipendio è di 800-850 euro al mese». E ora si aggiunge benzina sul fuoco con la riattivazione dei contratti di solidarietà. «La solidarietà applicata raggiunge punte fino all’80 per cento – evidenzia Iannone – : significa lavorare appena uno o due giorni a settimana, vedere le proprie ore, e quindi le proprie buste paga, tagliate in modo importante. Per molte famiglie questo si traduce in un colpo durissimo al reddito, in un clima di incertezza che rende impossibile programmare il futuro, anche solo arrivare serenamente a fine mese. Il call center, un tempo situato a Guasticce e oggi completamente in telelavoro, vive da tempo in uno stato di precarietà strutturale».

Incentivo all’esodo

E proprio in quest’ottica, come racconta la rappresentanza sindacale, negli ultimi due anni l’azienda ha più volte aperto procedure di esodo incentivato per far fronte alla diminuzione del lavoro. «Soltanto nell’ultimo anno quasi 20 persone se ne sono andate – aggiunge Iannone – . Un’emorragia lenta ma costante che sta svuotando il sito e minando il tessuto occupazionale del territorio. Il rischio ora è che si sia arrivati a un punto di non ritorno. A inizio maggio 2026, infatti, scadrà il primo anno di contratti di solidarietà: senza nuove commesse, senza un intervento concreto, il call center di Livorno potrebbe perdere definitivamente anche il residuo della commessa Tim e restare completamente senza lavoro. Uno scenario che segnerebbe in modo irreversibile il destino di decine di lavoratrici e lavoratori».

Per questo la rsu di Konecta, pur consapevole della situazione difficile che attraversa il comparto delle telecomunicazioni, rinnova con forza l’appello all’azienda perché «faccia uno sforzo nella ricerca di commesse anche locali che possano tamponare l’emergenza e, soprattutto, garantire un futuro occupazionale stabile al sito». Ma l’appello è rivolto anche alle istituzioni. «Al Comune di Livorno e alla Regione Toscana viene chiesta la riapertura urgente del tavolo di crisi – sottolinea Iannone – . Il tempo stringe e non c’è più spazio per rinvii o promesse vaghe».

Le iniziative

E nelle prossime settimane le lavoratrici e i lavoratori del call center, sostenuti da Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil, metteranno in campo tutte le iniziative necessarie per riportare l’attenzione pubblica su una vertenza che riguarda l’intera comunità. «Livorno non può permettersi di perdere altri posti di lavoro – conclude la Rsu Slc-Cgil – . Non può assistere in silenzio a una crisi che colpisce soprattutto donne, famiglie, persone che da anni svolgono con professionalità un servizio essenziale. Perché dietro ai numeri ci sono vite reali, dignità da difendere e un diritto al lavoro che non può essere sacrificato sull’altare delle scelte aziendali». 

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