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Aneurisma cerebrale, 27enne salvata a Livorno. Il primario Arpesani: «Casi in forte aumento, ecco come siamo intervenuti»


	Da sx Isabella Raugei, Jessica Frey, Francesco Campana, Giulia Cecconi, Giuseppe Lamonaca, il primario Roberto Arpesani, Alessandro Vernieri, Antonella di Muro, Elena Morelli, Tiziana Corradini e Daniele Carugini
Da sx Isabella Raugei, Jessica Frey, Francesco Campana, Giulia Cecconi, Giuseppe Lamonaca, il primario Roberto Arpesani, Alessandro Vernieri, Antonella di Muro, Elena Morelli, Tiziana Corradini e Daniele Carugini

Il primario di Radiologia interventistica agli Spedali Riuniti: «In genere non dà alcun segnale ma spesso riusciamo a riportare il paziente a uno stato di salute ottimale»

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LIVORNO. «In soli otto anni Radiologia interventistica è passata da 300 pazienti trattati a 1.600. La vera forza del nostro reparto è l’équipe e, come conseguenza, i bei risultati ottenuti hanno creato un entusiasmo che nel nostro lavoro ricopre un ruolo centrale». Uno degli ultimi “bei risultati” – per dirlo con le parole del primario di Radiologia interventistica dell’ospedale di Livorno, Roberto Arpesani – è aver salvato la vita di Martina Beggi, 27enne di Pietrasanta, colpita da un aneurisma cerebrale. Il 9 settembre scorso la giovane donna accusa un forte dolore alla testa: da lì a poco perde conoscenza ed è in preda a una crisi epilettica. La chiamata al 118, la corsa al Versilia, la diagnosi terribile e l’operazione agli Spedali Riuniti da parte dell’équipe guidata dal primario Arpesani. Poi la “nuova vita” con il ritorno tra gli affetti più cari.

Dottore, la storia a lieto fine di Martina regala una speranza.

«Il ringraziamento, che è nato spontaneo da parte dei familiari, mi ha fatto un immenso piacere e ci tengo a sottolineare che questo è anche il frutto di una stretta collaborazione con tutti i colleghi della Neurochirurgia e della Rianimazione. Vede, a proposito dell’aneurisma cerebrale, se nel 2016 venivano trattati 12 casi, in pratica uno al mese, nel 2025 siamo già arrivati alla quota di 50, quindi oltre un caso a settimana. In particolare quest’anno abbiamo trattato molti aneurismi rotti (emergenze mediche che causano un’emorragia interna e si manifesta con sintomi gravi come un mal di testa improvviso e violentissimo, nausea, vomito, torcicollo, confusione e, nei casi più gravi, perdita di conoscenza o coma, ndr)».

Dobbiamo preoccuparci?

«In genere gli aneurismi cerebrali non danno alcun segnale: spesso vengono individuati durante un riscontro occasionale, magari per altre patologie, ma purtroppo nella grande maggioranza dei casi danno segno di loro stessi quando si rompono, di conseguenza con l’emorragia cerebrale che è un’emergenza medica molto grave. E, in questo caso, è molto importante avere, oltre alla Radiologia interventistica, anche la Neurochirurgia».

Come avviene questa stretta collaborazione a cui si riferisce?

«Facciamo incontri ripetuti con Neurochirurgia. Per poter trattare insieme e al meglio questi casi è importante avere una struttura che comprende una rianimazione, una Neurochirurgia e un’équipe che lavora insieme per riuscire a far fronte alle emergenze, come nel caso di Martina ma anche di tanti altri pazienti dove l’esito è positivo. È stato implementato anche il personale della Radiologia interventistica e per questo ringrazio la direzione dell’Asl Toscana nord ovest: sono stati assunti dei colleghi giovani, professionisti eccezionali con qualità eccezionali e grandissima dedizione che hanno consentito di aumentare l’offerta ai pazienti».

Da cosa dipende il risultato?

«Spesso c’è una correlazione diretta con il grado di compromissione che si ha al momento dell’arrivo del paziente in ospedale. L’aneurisma cerebrale è un’evenienza molto grave in presenza di emorragia cerebrale, ma in una buona percentuale dei casi riusciamo a riportare il paziente a uno stato di salute ottimale. In alcuni casi, invece, ci sono dei residui, più o meno piccoli, dal punto di vista neurologico. Ma l’aspetto più importante, oltre all’intervento in sé, che può essere neurochirurgico o della Radiologia interventistica, riguarda il contorno. In altre parole seguire il paziente durante tutto il percorso che poi consente in molti casi il recupero. Che, dal punto di vista professionale, dà una grandissima soddisfazione».

Abbiamo fatto un focus sugli aneurismi cerebrali, ma l’attività del reparto da lei diretto è molto più ampia. Può dirci qualcosa di più sugli altri fronti?

«Abbiamo ampliato la nostra offerta introducendo le trombectomie per embolia polmonare, una procedura salvavita che a Livorno non veniva effettuata in passato. Negli ultimi tre anni ne sono state eseguite 68, facendo diventare gli Spedali Riuniti un centro di riferimento e studio anche da parte di altri ospedali. Non è un caso che su questa tipologia di intervento siamo stati chiamati a raccontare la nostra esperienza anche in un prestigioso ospedale svizzero come quello dell’Università di Losanna. A queste attività si affiancano poi circa 300 procedure all’anno di interventistica urologica, 200 trattamenti in ambito oncologico e circa 180 rivascolarizzazioni d’arto inferiore per ischemia critica. Ogni anno vengono inoltre posizionati circa 30 stent carotidei a dimostrazione della grande collaborazione con praticamente tutti i reparti presenti in ospedale».

E sul fronte delle nuove procedure?

«In effetti sono state introdotte nuove procedure che prima non venivano eseguite come l’embolizzazione degli ematomi sottodurali, la ricanalizzazione in urgenza dei seni venosi cerebrali, lo stenting delle stenosi arteriose e venose intracraniche ed implementato il trattamento del vasospasmo intracranico in corso di emorragia subaracnoidea: tutti interventi meno frequenti, ma molto complessi e che ci rendono un polo di attrazione che supera sicuramente i nostri confini geografici».

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