Denny, tre anni di lotta e dolore: «Me l’hanno ammazzato, sarò per sempre la sua voce»
Erika Terreni torna a chiedere giustizia per il figlio precipitato dal quarto piano. E su uno degli imputati: «Liberato e trovato di nuovo con la droga. È incredibile
LIVORNO. Sono passati tre anni da quella maledetta notte del 22 agosto 2022. Anni fatti di accuse, arresti, rilasci. Di udienze, avvocati, nuovi arresti. Di lacrime e sofferenza. E di un dolore che non passa mai. «Ogni volta che esce fuori, il suo nome viene associato a quello di mio figlio. E ogni volta, per me, è una coltellata». Erika Terreni non ha mai smesso di lottare. Da quando, quella notte di tre anni fa, i carabinieri hanno bussato alla sua porta per dirle che il figlio Denny non c’era più, lei ha sempre chiesto giustizia. «Denny non è caduto dal quarto piano. Me l’hanno ammazzato. E adesso mio figlio non può più parlare. Ma io sì. Io sono la sua voce».
L’accusato
Un paio di giorni fa Erika ha letto la notizia del blitz fatto dai carabinieri in piazza Garibaldi che ha portato all’arresto di 9 persone e a un numero di indagati pari, per adesso, a 53. Fra i denunciati c’è anche Hamed Hamza detto “il pugile”. Cioè il 36enne tunisino imputato (insieme al connazionale Amine Ben Nossra) nel processo per la morte di Denny Magina con l’accusa di omicidio preterintenzionale. Per Hamza questo processo si incrocia con un altro, aperto per spaccio di droga. E nella primavera scorsa, dopo varie vicissitudini e dopo un periodo passato in carcere, è stato a piede libero per qualche mese dopo la decadenza per motivi procedurali della misura cautelare. Salvo poi essere arrestato di nuovo dopo che il tribunale del Riesame ha accolto il ricorso del pubblico ministero: attualmente si trova alle Sughere in custodia cautelare attendendo l’udienza del 22 settembre. Ma mentre era libero con l’obbligo di firma d’altra parte (ed esattamente il 2 maggio scorso)Hamza avrebbe «ceduto illecitamente droga a clienti». E per questo è stato nuovamente denunciato.
«Incredibile»
Erika Terreni è saltata sulla sedia quando l’ha saputo. «Era di nuovo libero e a quanto pare l’hanno ritrovato a spacciare. Oltretutto per motivi procedurali che poi sono venuti meno perché adesso è un’altra volta in carcere – commenta –. Non ci posso credere». Due sono le sue domande. «E se fosse fuggito, dove saremmo andati a ricercarlo?». E poi: «E se l’avessi incontrato? Sono stata un anno con la paura di trovarmelo davanti ed evitavo il più possibile certi luoghi. Non perché avevo paura di lui, no. Ma perché non sapevo come avrei reagito se l’avessi visto». È arrabbiata, Erika. Perché «ogni volta per me è una coltellata». Ogni volta lei rivive gli ultimi tre anni dall’inizio, con un dolore che è lo stesso: oggi come allora. Ma resta determinata, continuando ad auspicare che l’iter giudiziario, dopo tre anni, arrivi finalmente a conclusione. «Denny non meritava di morire così. Aveva una dipendenza, lo sappiamo. Ma era un bravo ragazzo. E deve esserci giustizia, senza sviste: bisognerebbe provare a mettersi nei panni di chi perde un figlio in questo modo».
«Giustizia»
Del resto Erika Terreni – insieme al marito Sky Magina, all’altra figlia Asya e ai tanti amici che in questi ultimi anni le sono sempre stati vicini – hanno fatto appelli e scritto striscioni. Si è sempre battuta, come ha potuto, per far uscire la verità su quella maledetta notte. Ha fatto sfilare la scritta “giustizia per Denny” lungo le vie della città, l’ha fatta stampare sulle magliette e l’ha portata fin sotto la finestra del tribunale.