Il Tirreno

Livorno

L’intervista

Ubaldo Pantani tra carriera e livornesità: «Io, cresciuto imitando Sabani»

di Francesca Suggi
Ubaldo Pantani tra carriera e livornesità: «Io, cresciuto imitando Sabani»

Il trasformista racconta aneddoti e curiosità: il calcio e il teatro le due grandi passioni. «Sul palco per prima cosa cerco di far ridere e stavolta vedrete due nuovi personaggi...»

6 MINUTI DI LETTURA





LIVORNO Un mostro sacro delle imitazioni. Da Lapo Elkann a Del Debbio, da Giletti a Salvini passando per J-Ax, Gigi Buffon e Paolo Ruffini riesce veramente a vestire i panni di chiunque Ubaldo Pantani, classe ’71, allievo di Giorgio Albertazzi al Laboratorio d´Arti Sceniche di Volterra. Da Cecina l’attore-trasformista è sulla cresta dell’onda dal 1997. Iniziò con “Macao”, su Rai 2, poi la Gialappa’s, Carlo Conti,“Quelli che il calcio”. E domani il 54enne debutta nella sua Livorno, a cui è molto legato, col nuovo spettacolo teatrale “Inimitabile”. Con nuovi personaggi-maschere tutti da ridere. Ed è lui a raccontare al Tirreno quello che sarà ai 4 Mori, giovedì 8 maggio alle 21, nel nuovo spettacolo "Inimitabile" prodotto da Vera Produzioni, e da dove è partito.

Lei, l’attore-trasformista di Born in Solvay riparte coi suoi personaggi da un tour a teatro. Cosa vedremo di diverso in questo nuovo spettacolo?

«Lo spettacolo, prodotto da Vera Produzioni, è l’evoluzione di Born in the Solvay di cui incorpora alcune parti, seppur rivisitate. Diverso è il focus che in Inimitabile è il rapporto con i miei personaggi. C’è ne saranno due nuovi, uno famoso e uno inedito, e una serie di incursioni di celebrities di recente imitazione».

Si è messo nei panni quasi di chiunque. Qualcuno ha mai tentato di imitare lei?

«No ma la tentazione, soprattutto all’inizio, di voler riprodurre l’accento toscano è comune a tante persone che ti conoscono la prima volta. Con risultati spesso disastrosi».

C’è un personaggio a cui è più legato magari perché “ideato” in particolari circostanze?

«Io li amo tutti ma ho un debole per quelli che chiamo B-side. Magari perché non conosciuti dal grandissimo pubblico ma che io ho cercato di rendere mainstream perché mi divertivano come Odifreddi, Mirabella o Alain Elkann».

Qualcuno si è mai arrabbiato?

«Purtroppo no (ride). La vanità ha sempre superato la permalosità anche se in realtà chi si risente, non “si sente”. Nel senso che ti ignora o fa finta di non aver visto l’imitazione».

Qual è il suo rapporto col trucco? Si diverte ancora in quello che fa?

«Il trucco è pesante e con il passare degli anni lo comincio a soffrire un po’ ma la voglia di fare un personaggio bene ti allevia la fatica. Certo che mi diverto, sarebbe impossibile mettersi dei nani finti se non ti diverti più».

In casa da bambino si vedeva già il trasformista che era in lei? In famiglia qualcuno le ha trasmesso queste doti?

«Io sono cresciuto facendo l’imitazione di Sabani che faceva le imitazioni. Imitatore per proprietà transitiva. Anche se in realtà io sono più un comico che fa le imitazioni che non un imitatore puro. Lo dico con rispetto per tanti eccellenti esponenti del settore».

Lei a Livorno è di casa. E’ amico di artisti livornesi? Ha in progetto di fare qualcosa anche con loro?

«Io frequento Livorno da sempre attraverso il calcio. Il mio babbo conosceva bene Armando Picchi, giocando a Castiglioncello per 8 anni e poi a Ponteginori, ho giocato in tutti i campi di Livorno dal quello del Rombolino fino allo stadio, dal Mastacchi al Gymnasiun, ho avuti come compagni di squadra tantissimi livornesi, veri personaggi. Amici calciatori, Marco Amelia su tutti. E grazie al subbuteo ho conosciuto Mario Menicagli diventato un carissimo amico. I livornesi artisti li conosco tutti, ho un rapporto più vicino con Dario Ballantini per età, perché condividiamo l’avventura-sventura dei trucchi speciali e per la passione per la pittura».

A Livorno quando capita ha dei luoghi a cui è affezionato?

«Tutti i campi sportivi, sono un appassionato, e il teatro. Insomma, le mie due passioni».

Come definisce lo humor dei livornesi?

«Anni fa in uno spettacolo dicevo “Cristo si è fermato a Eboli perché se fosse arrivato a Livorno gli avrebbero detto: giovane, anche meno dé…”. È uno humour tagliente che come caratteristica principale ha la derisione di qualsiasi forma di autorità. Se uno è cresciuto a Livorno e dintorni ma questo si può allargare a tutta la Toscana è impossibile che si monti la testa nella vita».

Ogni volta che sale su un palco o va in tv, la sua è spesso un’ironia mista a riflessione. Cosa vuole trasmettere al pubblico?

«Per prima cosa cerco di far ridere perché quello deve fare un comico. La riflessione che scaturisce dalla comicità è condizione sufficiente ma non necessaria. Quando un comico vuol fare anche piangere o ha sbagliato lavoro o ha fato troppi soldi (ride)».

Nuovi progetti in arrivo?

«No ora sono concentrato su questo lavoro teatrale, un’operazione che sono contento che abbia preso forma dall’incontro con Paolo (Ruffini) che a conferma della magia di questo lavoro si è trasformato da imitato a produttore. Inimitabile!».

LO SPETTACOLO

Livorno Dopo anni di televisione, imitazioni cult e un talento comico che ha conquistato il grande pubblico, Ubaldo Pantani torna a teatro con “Inimitabile”, un nuovo viaggio ironico, dissacrante e profondamente umano tra personaggi, volti e voci della nostra quotidianità. Lo spettacolo, prodotto da Paolo Ruffini per Vera Produzione e diretto da Nicola Fanucchi, debutterà giovedì 8 maggio, alle al Cinema Teatro 4 Mori (biglietti al botteghino, 25 euro).
Uno spettacolo che racconta la realtà attraverso le sue maschere, quelle che tutti indossiamo, spesso senza nemmeno accorgercene. Quante volte diciamo che qualcuno ci sembra “fuori dal comune”? Lo ripetiamo tra amici, lo raccontiamo a casa, lo condividiamo al lavoro. Ma se il personaggio fossimo noi?
In Inimitabile, Pantani porta sul palco un caleidoscopio di personaggi, attingendo tanto dalla televisione – con le sue celebri imitazioni tra cui l’iconico Lapo Elkann – quanto dal mondo reale, popolato di figure eccentriche e inaspettate: dal benzinaio del paese al protocollista comunale, dall’uomo dei preventivi a quel collega che tutti abbiamo e che, nel bene o nel male, è un’istituzione. Con il suo stile pungente e uno straordinario talento trasformista, Pantani si muove tra satira e introspezione, offrendo uno spettacolo in cui il pubblico ride degli altri… ma finisce per ritrovare sé stesso.
Uno spettacolo comico e profondo, che mescola risate e dubbi esistenziali, attraversando con leggerezza e acume le contraddizioni e i paradossi del nostro tempo. Un racconto che, dietro la risata, cela una riflessione sottile sul modo in cui ci relazioniamo agli altri e su come, spesso senza rendercene conto, interpretiamo un ruolo nella grande commedia della vita. Dopotutto, la realtà stessa è un teatro in cui, consapevoli o meno, tutti recitiamo la nostra parte, indossando ogni giorno una maschera diversa, sospesi tra autenticità e rappresentazione.

Le notizie del momento
Il trionfo

Tennis, Internazionali: è cappotto per Jasmine Paolini. Vince anche nel doppio

Sani e Belli