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Hiv, il primario: «Numeri in crescita, puntare su prevenzione e profilassi». Che cos’è la “prep” e come funziona

di Luca Balestri

	Il primario Spartaco Sani
Il primario Spartaco Sani

Spartaco Sani fa il punto della situazione in Toscana e a Livorno. E spiega la profilassi pre-esposizione: «È una terapia che va fatta sotto la guida di uno specialista»

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LIVORNO. «Non ci sono grosse preoccupazioni di aumenti di casi, ma c’è una situazione stazionaria. Tutti gli anni c’è una quota di persone che si contagia, per via sessuale».

Dopo la giornata mondiale contro l’Aids (che si è celebrata lo scorso 1° dicembre), è il primario di Malattie infettive dell’ospedale di Livorno, Spartaco Sani, a fare il punto della situazione.

Dottore, partiamo dai dati dei nuovi contagi da hiv che ci sono stati nel 2024.

«Quest’anno al 31 ottobre abbiamo avuto trenta nuove diagnosi di hiv, cioè tre nuove diagnosi ogni mese. Non è un numero mostruoso, ma il virus circola. A Livorno seguiamo 800 casi di pazienti, ormai in trattamento stabile.

E nell’ultimo anno siamo la clinica che ha segnalato più casi di Aids conclamato alla Regione Toscana. C’è da dire che nell’arco degli ultimi anni l’incidenza dei casi è andata a diminuire, ma questo è legato al fatto che durante il Covid si è fatto poco, c’è stata un’interruzione dei controlli e dei servizi.

Dal 2023 invece i casi stanno riaumentando. In Toscana l’incidenza per hiv è di quattro ogni centomila residenti. È un dato più alto della media italiana, che è di 3,2 ogni centomila residenti».

A Livorno qual è il trend del numero di persone che contraggono l’hiv?

«Trenta casi in dieci mesi sono più degli anni precedenti. Da noi questo incremento è legato al fatto che vediamo pazienti che vanno anche oltre la provincia di Livorno, vengono da Pisa e dalla Versilia. Il 10 o 15 percento di pazienti non è di Livorno».

E oltre ai casi conclamati di hiv c’è anche il cosiddetto “sommerso”.

«Il sommerso riguarda circa diecimila persone in Italia, che vanno a giro senza sapere di avere l’hiv, e così la possono diffondere ad altre persone. Un tempo la trasmissione della malattia era legata alla tossicodipendenza, ora si trasmette soprattutto per via sessuale. Le donne la contraggono con rapporti eterosessuali, mentre gli uomini in percentuale pari con rapporto omo ed eterosessuali. Abbiamo la necessità di fare una buona prevenzione a chi è potenzialmente a rischio».

Come si fa una buona prevenzione?

«Attraverso un counseling di quali sono le vie di trasmissione, si deve dire di fare attenzione ai rapporti sessuali se si va con persone non conosciute, e soprattutto se si ha un’attività sessuale promiscua e molto intensa le persone dovrebbero essere informate. Si deve parlare dell’utilizzo del profilattico. E oggi c’è anche la profilassi pre-esposizione, la “prep”».

Che tipo di trattamento è questo?

«La prep è molto importante. Avevo qualche dubbio prima, la preoccupazione era che potessero insorgere delle resistenze al virus, ma è stato ampiamente dimostrato che questa cosa non accade. E non vi sono effetti collaterali. È molto importante per chi ha incontri sessuali molto frequenti, e rischia di non prendere per vari motivi precauzioni efficaci».

Come funziona la profilassi pre-esposizione?

«Con la prep si prende la dose prescritta il giorno prima di avere un rapporto sessuale a rischio, e anche nei due o tre giorni successivi. Protegge dalla presa della malattia. È una terapia che va fatta sotto la guida di uno specialista, ci si deve rivolgere a noi, al reparto di malattie infettive. È chiaro che sarebbe meglio avere una sessualità cosciente e informata, ma i soggetti a rischio vanno individuati, senza alcun moralismo, ed è necessario che facciano questo trattamento, per evitare che la malattia si diffonda».

E per chi ha avuto un rapporto a rischio c’è la possibilità di fare la profilassi post esposizione?

«Questa va fatta in tempi rapidi, entro 72 ore dal rapporto a rischio. Si può andare al pronto soccorso o al reparto Malattie infettive per farla». 

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