Livorno, dai Medici ai grandi romanzieri: Villa Gamba si è aperta alla città. «Pronti ad eventi culturali futuri»
Grazie al Tirreno un primo mini tour insieme a Reset alla storica dimora di Monteburrone che guarda ai Rex
LIVORNO. Le porte di Villa Gamba si apriranno alla città. Il Tirreno lo scrisse esattamente un anno fa. E il desiderio dei proprietari si è avverato. Con una prima visita, un primo esperimento: una cinquantina di livornesi spalancano gli occhi di fronte a quella dimora storica incastonata sul Monteburrone di Antignano che guarda ai Rex fino al castel Boccale. Una cinquantina di appassionati e curiosi che per un pomeriggio respirano quella storia, tanta, che abbraccia dai Granduchi di Toscana ai grandi romanzieri. E ancora prima con quegli antichissimi resti del primo acquedotto cittadino fatto costruire dai Medici.
L’occasione arriva grazie al giornale della città che mette in contatto la proprietà, la famiglia Forni Niccolai Gamba con l’associazione Reset. Il resto è la prima, sperimentale, apertura dei cancelli a cui con tutta probabilità ne seguiranno altre, in futuro. Tutte da costruire. «In una bellissima e soleggiata domenica settembrina, grazie al prezioso contributo di Giuseppe Pera, presidente dell'associazione Reset, ho aperto le porte di villa i Giardini, conosciuta ai più come villa Gamba, ad un gruppo di 50 livornesi, invitati direttamente dal presidente Pera. La visita si è articolata tra il giardino e gli interni del piano superiore mentre raccontavo la storia e gli aneddoti curiosi e nascosti di questo scrigno nato dal desiderio di Cosimo I de Medici di avere un luogo privato e nascosto ai più, per potersi svagare e divertire con i suoi più stretti amici. I visitatori sono rimasti tutti strabilianti da questo luogo sconosciuto ma così intriso della storia di Livorno e che ha ospitato illustri figure storiche del calibro del duca d’Asti o dello scrittore scozzese Tobias Smollett, per citarne alcuni», afferma con gioia Maria Eugenia Forni Niccolai Gamba, insieme ai fratello Tommaso (don Tommaso) e Massimiliano decidono di investire su quel gioiello sospeso tra la macchia mediterranea e il mare.
E guardando al futuro: «L’obiettivo di queste visite è prevalentemente quello di far conoscere la villa ai suoi cittadini, prima di tutto, per poi aprire ad eventi culturali che possono spaziare dalla musica alla letteratura, al teatro, a tutto ciò che può portare bellezza e ritrovo culturale a coloro che lo ricercano.
Ringrazio nuovamente Giuseppe Pera per l’impegno che ha preso con me e spero di poter riaprire le porte, quanto prima, ad altrettanti cittadini che hanno il desiderio di scoprire un altro tassello della storia della loro bellissima città di Livorno». Prende la parola Giuseppe Pera, presidente di Reset: «E’ un luogo magico e per noi è stata un’occasione, insieme ai proprietari, per aprirla una prima volta alla città con numeri limitati per ovvie ragioni».
LA STORIA DI VILLA GAMBA
Stupiti tutti alla vista della lapide: “qui soggiornò dal 1769 al 1771 il romanziere inglese Tobias Smollett” (qui morì) con gli aneddoti degli anni livornesi di quello che è considerato tra i massimi romanzieri del Settecento britannico. Emozioni alla vista dello stemma mediceo sulla facciata della piccola cappella intitolata alla Madonna dell’ Assunta. Villa Gamba è come una nobildonna “vintage” custodita sulla collina: ieri (nel Cinquecento) era il Casino di caccia di Cosimo I de’ Medici, dall’Ottocento in poi tra conti, duchi e marchesi lo scrigno dei tesori tutto livornese continua ad essere una sorta di libro di storia, di proprietà oggi della famiglia Forni Niccolai Gamba, eredi della nobile casata. Quel tesoro sconosciuto ai più di due ettari di parco, 650 metri quadri di mura e aneddoti di una storia meravigliosa che incrocia Livorno col mondo. Anche in città non sono tanti a conoscere Villa Gamba, conosciuta anche come Villa I Giardini (pagina Facebook e Instagram). E poi le i pavimenti dell’epoca che arrivarono da quella Napoli, città di Adele Giustiniani, sposa di Eugenio Niccolai Gamba che discendeva da una stirpe di artigiani piastrellai partenopei. Un fascino incredibile. E ancora gli arredi dei tempi, i lampadari con le candele che solo a guardarli si immaginano dame e cavalieri (serve la carrucola per tirarli giù). Poi le statue. Tante. Ovunque. Ci sono le quattro stagioni che sorvegliano il mare, le piccole raffigurazioni esotiche che con tutta probabilità arrivano da uno degli avi che era console di Eritrea. E poi i leoni in pietra che, fieri, custodiscono il ricordo di quella scalinata (oggi tagliata dalla variante, dalla ferrovia e dagli espropri fatti negli anni) che dalla villa si insinuava giù, dalla collina al mare, per arrivare a quella che era la spiaggia privata, oggi i Rex. Poi c’è la vecchia limonaia, la vasca di contenimento delle acque della sorgente di Monteburrone che alimenta tutta la villa, la meravigliosa fontana che un tempo zampillava, all’ingresso. E ancora i tanti vasi, monumentali, che arrivano direttamente da un’ antica fornace che si trovava dentro alla villa. Insomma, Livorno grande bellezza “nascosta” nelle sue ville storiche. Esplorare i tesori nascosti, emozioni che esplodono anche solo guardando quegli affreschi che stanno riaffiorando nella parte del porticato. Il viaggio continua: il piano alto è quello più sfarzoso. Tanti salotti, la sala di rappresentanza che toglie il fiato: le finestre che si aprono e il terrazzo che regala una vista mozzafiato al salmastro. E poi stanze, porte intarsiate e porticine nascoste dove passava la servitù. Ammirare quei tesori e percepire, con un po’ di suggestione, gli occhi puntati degli avi nei ritratti che troneggiano alle pareti.
«La tradizione orale racconta che fu Adele Giustiniani a modernizzare la villa e si parla di metà ’800. La casa venne ampliata col secondo piano e fu stravolta la conformazione di Casino di caccia che aveva ai tempi di Cosimo I de’ Medici». Salendo al piano superiore la statua di Pulcinella, unica e irripetibile, arrivata in carrozza da Napoli come si faceva ai tempi e posta lungo le scale, ricorda quel gusto partenopeo. «L’unico documento storico ritrovato è uno schizzo a penna del Casino di caccia fatto costruire dai Medici». C’è amore e dedizione nelle parole di Forni Niccolai Gamba. Grazie a lui e ai lavori effettuati nel tempo i giardini sono stati ripristinati. Giardini dove il tocco esotico dell’avo console in Eritrea è ovunque. «Sappiamo che questa casa fu edificata come Casino di caccia da Cosino I de’ Medici nel 1560 quando venne a Livorno ad occuparsi del porto e venne a fare il fortino di Antignano, si innamorò di questo luogo: la cappella che fece costruire porta lo stemma dei Medici ed è dedicata alla Madonna dell’Assunta venerata dai granduchi».
DAL CASINO DI CACCIA DEI MEDICI A TOBIAS SMOLLETT
Prima il Casino di caccia datato 1560 (sette anni dopo diventò Granduca di Toscana), fatto costruire da Cosimo I de’ Medici che si innamorò di quell’oasi di pace tra il verde e il mare. La costruzione nel parco del primo acquedotto di Livorno. Secoli dopo, siamo nel 1769 e il 1771, il grande romanziere scozzese Tobias Smollett scelse quella dimora con la moglie (qui morì): era a Livorno per motivi di salute, per beneficiare del clima mite della città. E qui scrisse il romanzo “The Expedition of Humphry Clinker e una lapide ricorda questo grande del passato e il convegno di studi inglese che qui fu organizzato anni fa. Anche lord Byron non mancò di passare da Villa Gamba, nei suoi anni livornesi. Le pagine di storia raccontano che qui fu ospite anche il drammaturgo Carlo Goldoni che ne sarebbe stato ispirato per la composizione del suo capolavoro 'Le smanie per la villeggiatura'. Villa Gamba è questo e molto altro. Nel XVIII secolo passò a Giobatta Gargani. Ai tempi dello scrittore inglese divenne proprietà dei marchesi Sampieri dal 1769 fino al 1820, quando il complesso fu ceduto a Giuseppe del fu Gasparo Gamba, un commerciante livornese di origine fiorentina. La villa venne visitata anche dal granduca Leopoldo II. L'ingegner Niccolai Gamba ne divenne proprietario nel 1926; in seguito passò alla figlia, la contessa Paola Niccolai Gamba. Fino a metà degli anni Ottanta quando la proprietà passò al medico Carlo Forni Niccolai Gamba. Un tesoro di sangue blu e storia, forse uno dei più antichi della città, 650 metri quadri più un’altra costruzione di 120, ha un impianto originale della fine del XVI secolo, cappella privata, fontane, affreschi, un parco immeso, perfino sorgenti d’acqua che arrivano da Monteburrone