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Pisa, parto cesareo sbagliato: bambino nasce con danni permanenti, maxi risarcimento alla famiglia

di Luca Cinotti

	Il parto cesareo sbagliato ha causato gravi danni al bambino
Il parto cesareo sbagliato ha causato gravi danni al bambino

La sentenza della Corte d’Appello ha confermato la responsabilità del Santa Chiara

20 settembre 2024
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PISA. Un parto cesareo eseguito in ritardo che ha portato a un’invalidità permanente dell’80 per cento. Una lunga battaglia giudiziaria che – almeno per il momento – si è conclusa con la condanna dell’Azienda ospedaliera pisana al pagamento di quasi 1,3 milioni a seguito della sentenza della Corte d’Appello di Firenze. I giudici di secondo grado hanno infatti rigettato il ricorso dell’Aoup contro la sentenza del Tribunale di Pisa del 2022, confermando la responsabilità dei sanitari e limitandosi a modificare la cifra del risarcimento per un’errata applicazione delle tabelle.

Da Livorno a Pisa

I fatti risalgono al 2005, quando una donna livornese si presentò in serie condizioni di salute all’ospedale labronico alla trentesima settimana di gravidanza. I medici disposero l’invio in ambulanza al Santa Chiara, in quanto struttura di terzo livello provvista di unità di terapia intensiva neonatale. La signora, infatti, arrivò a Pisa già alle 10,30: da quel momento si snoda la vicenda, con una serie di passaggi che sono stati oggetto delle perizie sia dei consulenti di parte che di quelli d’ufficio. Come primo punto, già il Tribunale di Pisa aveva escluso qualsiasi responsabilità da parte del personale livornese e, su questo punto, le decisioni sono passate in giudicato.

L’errore

Secondo la consulenza disposta dal giudice pisano e sostanzialmente accettata anche dall’Appello, alla base dei problemi del piccolo c’è un unico errore nella procedura seguita al Santa Chiara. Uno sbaglio «commesso nell’ultimo periodo, in cui, a fronte di una ecografia patologica poiché descrive “distacco di lembo distale della placenta” mentre era presente “discreta perdita ematica vaginale” (ore 14, 35) il ginecologo decise di attendere ancora; quello sarebbe stato il momento in cui decidere di effettuare l’immediato cesareo, per non esporre il feto al rischio di un distacco completo di placenta e si decise invece di attendere ulteriormente; come prevedibile, alle 15, 20 le perdite divennero “abbondanti” e comparve una prolungata e profonda bradicardia fetale, segno di sofferenza del feto. Se il parto cesareo fosse stato effettuato quando sarebbe stato indicato farlo, si sarebbe concluso prima dell’episodio delle 15, 20 e quindi il nascituro non sarebbe stato esposto a questo insulto ipossico, che è possibile che abbia avuto una qualche influenza sull’ossigenazione cerebrale».

Gli effetti

Secondo il consulente e i giudici, questa successione di eventi può configurare il nesso causale tra i comportamenti dei sanitari e i danni subiti dal piccolo. In particolare, la scelta di non procedere al cesareo già alle 14, 35 è stata quella che non ha permesso di ridurre le probabilità di un esito infausto. C’è anche da dire che si tratta di una concausa, visto che parte della “responsabilità” è rintracciabile nell’estrema prematurità del parto. Al punto che il giudice di primo grado (e quello di secondo) hanno indicato un 50% di responsabilità ai medici e il 50% alla tempistica del parto.

Cambia la cifra

L’Appello ha confermato la sentenza di primo grado, una modifica la contabilizzazione del risarcimento. Nella sentenza di primo grado, per il danno biologico, erano infatti state applicate le tabelle per l’invalidità al 90% e non all’80%, come nel caso del piccolo. In realtà però la rideterminazione, considerando nel frattempo l’uscita di altre tabelle e la necessità di rivalutazione dal 2005, ha portato l’importo ad aumentare arrivando – considerando tutte le voci – a 1. 285. 000 euro.

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