Tina, la balneare centenaria di Livorno: «Vi racconto come sono cambiati gli stabilimenti nel tempo»
Compie cento anni la pioniera in rosa del settore. Nel 1963 insieme a due socie acquisì le quote dell’ex Pejani ad Ardenza
All’inizio degli anni Sessanta la tintarella era a tempo. E a quell’epoca il rito tutto livornese della cena nello stabilimento non era a suon di ghiacciaine straripanti e ciabatte ai piedi. «Dal Bagno si andava via a pranzo e si tornava, con calma, per la cena. E per i balli. C’era molta più tranquillità. C’era meno affollamento. Ed era tutto più bello. Ma del resto è il mondo a essere cambiato». Le parole che Tina Avelardi, nata il 18 agosto 1924, pronuncia lasciano trasparire tutta l’emozione da centenaria. E l’entusiasmo di una vita trascorsa lungomare. «Ne ho viste di cose, sa?». Risponde così, nella sua casa di Livorno, dove si trova con la famiglia e gli amici. «Dentro lo stabilimento, negli anni, abbiamo fatto di tutto. A partire dalle palafitte». E sebbene ormai da tempo la signora Tina non si tuffi più dal molo (anche perché con il caldo attuale è meglio evitare il sole) è certo che festeggerà i cento anni proprio lì, nel suo stabilimento balneare. «Ma non oggi – spiega il figlio Walter Ganni – faremo una festa al Bagno Onde del Tirreno non appena il meteo si prospetterà migliore».
La pioniera
Tina Avelardi può dirsi la pioniera in rosa del mondo balneare livornese. Correva l’anno 1963 quando, insieme alle socie Mirella Baccelli (che adesso non c’è più) e Maria Luisa Contù, acquisì le quote del Bagno Onde del Tirreno, che tutti a Livorno conoscono come ex Pejani, diventandone la comproprietaria. Uno stabilimento, questo, che nacque a fine Ottocento come Bagno annesso alla retrostante costruzione nota come Casini d’Ardenza e che passò dalla gestione dei fratelli Martinelli a quella di Lamberto Pejani (da qui lo storico nome) e famiglia. Ed ecco che, nel 1922, una guida di Livorno descrive i Bagni Pejani come «lo stabilimento più aristocraticamente riservato di Livorno. Corredato di ogni comodità, offre le sue eleganti cabine alle famiglie più elette della città e della colonia bagnante. Ha Caffè, Birreria e Restaurant atti a soddisfare i gusti raffinati dei suoi frequentatori».
Gli anni Cinquanta e Sessanta
Ed è questo lo stabilimento che, negli anni Cinquanta, viene traghettato dalla gestione Pejani a quella dei Marchetti. «Quel Bagno ci piacque molto – racconta Avelardi –. E si prese che il signor Marchetti non era poi così tanto soddisfatto di cederlo». Ma è esattamente ciò che accadde. E fu così che nel 1963, all’ex Pejani, inizia l’era delle tre socie. I primi a guardare alle concessioni in realtà furono Ilio Ganni (compianto marito della signora Tina) e il cugino Manlio, ma poi successe che a prendere in mano le redini dello stabilimento furono proprio Avelardi, Baccelli e Contù. «E noi allo stabilimento abbiamo fatto tutto. Abbiamo fatto le palafitte, il molo. E abbiamo allungato la terrazza. Abbiamo fatto le cose piano piano, chiaramente, non tutte insieme». Passo dopo passo, insomma, il Bagno è stato ampliato. E sono state adagiate le travi su strutture di sostegno in parte già esistenti, così da dare vita alle palafitte, tratto distintivo dell’ex Bagno dei Casini d’Ardenza, che a fine Ottocento erano principalmente appartamenti per persone altolocate. Il tutto mantenendo l’impostazione del bar e del ristorante, così come degli spazi di socializzazione dove venivano organizzate feste da ballo e in costume. «Tutte le ragazze a quell’epoca portavano il costume intero».
«È tutto diverso»
E se negli anni Sessanta del Novecento l’identità degli ex Pejani cambia rispetto al periodo precedente, stando ai racconti di Avelardi, è tuttavia ancora molto diversa rispetto a quella di adesso. «Nello stabilimento balneare c’era meno gente rispetto a ora – dice la titolare senza esitare –, ma era molto bello. Le persone venivano qui perché era un Bagno calmo, carino ed educato». La titolare parla della «lentezza» di un mondo che non esiste più, spodestato dall’avvento di una società più caotica e più impulsiva. E, secondo la signora Tina, i cambiamenti che a livello sociale hanno interessato lo stabilimento possono essere considerati lo specchio «di un mondo che si è trasformato. All’epoca, per esempio, andavamo al mare la mattina, poi si veniva via e ci si tornava la sera. Noi organizzavamo le feste. Anche in costume. Ed erano belle. Ora anche la musica è cambiata. Un tempo c’era il ballo lento, per fare un esempio. Ed era meno sguaiato. Le persone erano più gentili e più educate. Oggi, invece, la vita è più caotica. Ed è così anche negli stabilimenti balneari», che sono vissuti dalla mattina alla sera, per l’intera durata dell’estate, «da molte più persone rispetto a quelle che li frequentavano sessant’anni fa».
Un secolo
Tina Avelardi, del resto, come ha detto lei stessa, di cose ne ha viste lungo il mare. Ha trascorso tante estati della sua vita in quello stabilimento balneare arrampicato su palafitte con le cabine nate come capanne di tela. L’ha fatto stagione dopo stagione, insieme alla sua famiglia. L’ha fatto da titolare. Ha fatto bagni, salutato clienti e organizzato feste. Ha affittato ombrelloni e preparato eventi e manifestazioni. E, così facendo, ha visto passare dalla struttura in concessione generazioni e generazioni di livornesi. E adesso che ripercorre a ritroso gli anni passati, nel raccontare rivela un pizzico di emozione. «Ora la devo lasciare – dice – Poi comincia a fare caldo». Adesso che ha cento anni, Tina Avelardi non si tuffa più in acqua, ma il mare non l’ha mai lasciato. La festa Ad aprile, per esempio, è andata a mangiare al ristorante degli ex Pejani ed è proprio lì che, tra qualche giorno, festeggerà ufficialmente il suo centesimo compleanno con l’affetto di suo figlio Walter (amministratore della società che gestisce lo stabilimento), dei nipoti Giulia e Andrea, dei bisnipoti Alberto e Allegra e dei suoi amici.