Il Tirreno

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Collesalvetti, viaggio a Torretta dopo l’alluvione: «Ora proteggeteci dal fango»

di Flavio Lombardi
Manrico Bendinelli mentre mostra il livello dove arrivava l’acqua sul ponte sulla 206
Manrico Bendinelli mentre mostra il livello dove arrivava l’acqua sul ponte sulla 206

La frazione a 16 giorni dal disastro: «Noi travolti dalla furia del Morra». Un’anziana ancora grave. «Il ponte fa da tappo, servono lavori urgenti»

19 novembre 2023
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COLLESALVETTI. Tutta quella pioggia caduta in breve tempo il 2 novembre sulla frazione di Collesalvetti, ha rischiato di passare alla storia come il giovedi nero di Torretta. Perché quando il Morra ha esondato con tutta la sua forza, deviando dal proprio corso nel punto in cui fa una curva, ormai ostruito dai materiali che si era portato via nei tratti precedenti e bloccati sotto il ponte della “regionale” 206, e come uno tsunami ha invaso la carreggiata ingoiando le case dalla parte opposta che si trovano immediatamente dopo l’accesso di via Torretta Vecchia, poteva essere consumata una tragedia. Parliamo della strada che porta a Castellanselmo. Erano le 19,15 e al numero 28, si trovava prigioniera di un armadio che l’aveva sbattuta contro una parete, la signora Magda Cerritelli di 72 anni. In quel silenzio rotto solo dal rumore di quel mare arrivato all’improvviso, le sue urla sono udite da Nicola Piu che abita poco avanti. Eroe per caso, sprezzante del pericolo, non ci ha pensato neppure un attimo ad uscire. Dirigendosi verso quella voce che stava diventando sempre più flebile, riuscendo ad entrare dopo aver rotto il vetro di una finestra. Il suppellettile, intanto, fortunatamente si era scostato dal corpo della donna e Nicola ha potuto trascinarla via, in attesa che arrivasse un’ambulanza per il successivo trasporto all’ospedale. Non si può tuttavia ancora raccontare il lieto fine. Perché la signora, in seguito alle ferite riportate ed a una sopraggiunta infezione, si trova adesso ricoverata a Pisa ed in condizioni molto serie. Piu, con il pugno sferrato per rompere il vetro, si è prodotto un taglio ad un dito che sul momento non gli destava preoccupazione. Ed invece, a distanza di giorni, si è manifestata la fuoriuscita della guaina del tendine che lo costringerà prossimamente a subire una operazione. Maria Gabriella Malanima, madre del soccorritore, risiede nella villetta che mostra i civici 26/a e 26/b, e vive al terreno dell’immobile al cui piano superiore abita proprio il figlio con la compagna. Due muri di contenimento hanno ceduto per un fronte di diversi metri, ma soprattutto, si è trovata 160 centimetri d’acqua nel seminterrato di cui ci mostra la scala di accesso. «Dove c’era la cucina e anche diversi armadi con tanti vestiti, è tutto da buttare ormai. Ci siamo sentiti soli, e in quei momenti è stato davvero solo terrore e disperazione. Certo, forse i quei frangenti c’è stato chi ha avuto più necessità, ed è giusto che i soccorsi siano andati altrove. Ma posso garantire che non ce la stavamo passando per niente bene. Il giorno appresso, abbiamo dovuto chiamare per conto nostro un’autobotte per svuotare la parte sommersa della casa. Ecco, magari il venerdi di primo mattino, poteva farsi vivo qualcuno». Al civico 30, la porta accanto a quella di Magda, una famiglia in affitto ha già lasciato l’abitazione. Dopo il grande spavento, lì, non vogliono più tornare. Restano a testimonianza, pochi mobili rovinati sparsi in giardino ed in attesa di essere portati via. .

Le avvisaglie

Sono le 18, piove, ma ancora il fenomeno non si presenta come il mostro che sarà a breve. In via Pisana Livornese Sud, il punto dove c’è anche il bar tabacchi, proprio dirimpetto a via Torretta Vecchia, abita Manrico Bendinelli, presidente del consiglio di frazione. È quel gruppo di case che si trovano fra la 206 e il Morra che gli scorre parallelo guardando a est e, precedendola, alla strada dove dall’altra parte c’è la Vitesco, già Continental, e Siemens. Sente bussare all’uscio, trovandosi dinanzi Sandro Borsacchi, direttore del Consorzio Basso Valdarno. Arrivato in sopralluogo, lo informa che la Tora, il corso dove il Morra confluisce 3/400 metri più avanti, è già in piena e non promette nulla di buono.

Il ponte fa tappo

Ormai son trascorse più di due settimane, ma c’è sempre solo fango. Si scende sul Morra, proprio sul retro delle case, e, percorrendo l’argine, si raggiunge il punto sottostante il ponte sull’Emilia. Un manufatto a campata orizzontale costruito attorno al 1960, che creò problemi grossi anche nel 2017. Anche per via di quegli otto plinti di fondazione al centro del letto che, quando arrivano rami e tronchi, cominciano a formare un effetto “diga”. Gli abitanti, chiedono sin dal ‘90 che vengano rimossi. Profondi circa quattro metri, risultano anche piegati o distesi dalla furia dell’acqua che spinge in caso di piena contro la tura che si forma poi con i materiali di riporto. L’acqua è esondata in salita, coprendo un metro e mezzo di differenza rispetto all’argine. Si nota ancora su un lato della “soletta” il segno di dove l’acqua, forzando, continuava ad uscire. Il ponte mediceo ad arco del 1609 ristrutturato da Leopoldo nel 1819 che c’è 50 metri dopo ha una luce di circa sessanta centimetri in più del ponte sulla strada e non presenta segni o danni. Avrebbe solo un dente di argine che sporge, e che gli ostruisce quasi metà della sua larghezza, ma la sera della piena, il ponte “vecchio” si poteva percorrere senza problemi. Osservando, il Morra che scorre sotto il ponte dell’Emilia, ha un letto di circa quattro metri utili alla portata d’acqua, ma di lato si potrebbe sfruttare altro spazio che però è occupato da vegetazione. Non solo canne, che non costituirebbero un ostacolo. «Due anni fa feci venire sul posto Adelio Antolini, sindaco di Collesalvetti con una geologa affinchè fossero ripuliti questi gomiti - dice Bendinelli - che chiaramente vedono arrivarsi l’acqua a battente. Lo pregai si facesse carico di fare richiesta di un intervento risolutore che ci farebbe vivere finalmente tranquilli. Dopo il 2017 si son fatti tanti lavori, ma di questo posto si son dimenticati. Suggerii, di fare un ponte nuovo ad arcata, ma l’idea, evidentemente non è piaciuta. Serve un intervento, anche un progetto alternativo a quel che ho suggerito. Qui, si rischia la vita. Dopo il 2017, ci siamo trovati ancora a temere per l’incolumita’. Non si aspetti di andare ai funerali per fare quello che serve».

Le briglie

Un altro problema, secondo Bendinelli è costituito dall’innalzamento progressivo dell’alveo del Morra, che si è verificato dopo aver fatto le briglie, sistema adottato dopo la piena del ‘93. Sono sbarramenti a cascatella, concepiti per rallentare le acque. «Sono tre. Che dopo il ponte mediceo si susseguono accompagnando il Morra alla confluenza con la Tora. Arrivano un sacco di detriti, trasportati da monte dove il tratto è in completo abbandono da 50 anni, presenta frane in atto e piante adagiate di oltre venti metri; tutto documentato. Ci sono 7 chilometri di tratto fluviale che hanno una criticità evidente. L’innalzamento progressivo del greto e la strettoia che si nota all’innesto fra Morra e Tora che si è formata da 35 anni, probabilmente fa parte delle concause. Vorrei aprire un tavolo, coinvolgendo Collesalviamo l’ambiente, Salviamo il salvabile, insieme al sindaco, al presidente Giani e al presidente dell’autorità di bacino per presentare le nostre note. Sul posto ci abitiamo e certe cose le possiamo suggerire in un clima di costruttiva collaborazione, perché la guerra non serve a nessuno». Nel tempo, segnala Bendinelli, sono state richieste operazioni mirate allo scavo di inerti, senza alterare il corso del fiume, e la risagomatura delle sponde crollate. Anche sulla Tora. «Chiediamo attenzione alle nostre istanze, che si basano principalmente sulla pulizia degli alvei adesso troppo alti e con capienza ormai ridotta. Un escavo di un metro. Che sarebbe sufficiente a contenere fenomeni come quello del 2 novembre, pensando che l’esondazione c’è stata per 35/40 centimetri”. Si percorre il corso del Morra fino all’immissione sulla Tora. Si notano le briglie e tutti i depositi di detriti che ci sono sul letto e che formano montagnole. Arrivati in fondo, si vedono dei massi sulle sponde del Morra e anche sulla Tora sulla sponda opposta a dove il Morra stesso di innesta. È quello che si chiama punto di battuta, realizzato per non scavare nella terra dell’argine. Terminato da poco, circa un mese, la sponda è già erosa con questa piena. Il viaggio del Tirreno, si chiude qui. Evidenziando la necessità sopralluoghi celeri, forieri di un intervento che tenga conto di una messa in sicurezza idraulica più incisiva. E augurandoci che la signora Magda torni al più presto a innaffiare i gerani di un giardino che con l’aiuto dei vicini, potrà tornare com’era prima.


 

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