Livorno, nuova scoperta: Villa Rodocanacchi sotterranea tra tunnel e quel che resta di un grande passato
I volontari Reset entrano nel tunnel che portava l’acqua al laghetto artificiale in secca di Monterotondo: «Qui sotto detriti ma struttura in perfette condizioni: i 130 metri della galleria sono una meraviglia»
LIVORNO. La Villa Rodocanacchi sotterranea da una parte e dall’altra quell’ isola in mezzo al lago artificiale in secca che sta tornando a vivere. Ripulita e con la storica panchina in pietra risistemata. Nel mezzo ci sono i volontari Reset che non finiscono di meravigliarsi. Giorno dopo giorno, pulizia dopo manutenzione, si moltiplicano le scoperte in quel parco secolare dove con i volontari sta tornando a vivere la Belle Epoque livornese. Creata a Monterotondo da quella ricca famiglia greca.
«Questo tunnel è lungo 130 metri: portava l’acqua al laghetto, è ancora in perfette condizioni anche se qui sotto ci sono tutti i detriti trasportati dal fiume», il presidente Giuseppe Pera è là sotto. Filma, racconta. «Il tunnel arriva fino al Botro del Mulino». Curve, svolte sotterranee: «Che meraviglia, Villa Rodocanacchi sotterranea: questa è la conduttura del laghetto», esclama.
Si susseguono le scoperte. I tesori riportati alla luce. Nei giorni scorsi è toccato all’isola in mezzo al lago. Ripulita, risistemata. «Doveva essere stupendo arrivarci con la barca quando nel lago c’era l’acqua. Grazie Pandely Rodocanacchi per averci lasciato queste meraviglie».
Il console Pandely Rodocanacchi (1818-1882) aveva comprato nel 1843 dal commerciante Giovanni Grant la villa che i conti Sceriman, ricchi mercanti armeno persiani, avevano costruito nel 1636. Con lui e poi col figlio, Monterotondo e la villa erano diventati il fulcro della vita mondana di Livorno dal 1880 al 1890, centro e ritrovo ospitale dell’aristocrazia italiana e straniera, con quella dimora al centro del parco di 11 ettari famosa per quel sorprendente caso di giapponismo italiano della sua terrazza (oggi in abbandono). Se ne parla bene nei dettagli nella rivista “Nuovi studi livornesi” a cura dell’associazione livornese di Storia, Lettere e Arti. E la Belle Epoque di ieri, in qualche modo, con un po’ di fantasia, rivive con le scoperte di oggi grazie al patto di collaborazione triennale tra Asl Toscana Nord Ovest (proprietaria di tutto il complesso) e associazione Reset per la cura del parco. «Giorni fa eravamo una ventina di volontari e siamo riusciti a completare la pulizia dell’isolotto, abbiamo risistemato la storica panchina e la bellissima scalinata in pietra serena – racconta Pera – Per quanto riguarda l’imbarcadero, che sono due, siamo al 50% dei lavori». E cala l’aneddoto: nel ripulire l’isolotto è stata riportata alla luce una bottiglia di Bibita Corallo del 1961. «Erano solo 62 anni che quella bottiglia era lì», ci scherza su il presidente Reset.
Quello di riportare l’acqua nel lago artificiale rimarrà un sogno. E Pera spiega perchè: «Le gallerie che portavano l’acqua dentro al bacino, una di una ventina di metri che va al primo invaso, la seconda circa 130 metri, sono piene di detriti – va nei dettagli – L’acqua entrava nel lago da una presa d’acqua sul fosso del Mulino molto più a nord e le piene hanno spazzato via tutto».
È sempre Pera a raccontare dettagli sull’isolotto. Con la sua panchina, la palma delle Canarie e il pino secolare.
«L’isolotto costruito all’interno di un lago artificiale è in secca da molti anni, ci arrivavi con la barca a remi e tramite una scalinata in pietra serena, potevi metterti a sedere sulla panchina, all’ombra di una maestosa Palma delle Canarie e di un Pino secolare».
Nei giorni scorsi, a caccia di tesori, con le mappe dell’epoca, l’associazione Reset è arrivata ai mulini alimentati ad acqua. A quel che resta.
«Grazie alla collaborazione dei geologi del Genio Civile della Regione Toscana ufficio di Livorno, Francesca Finocchiaro e Testa Giovanni siamo arrivati al mulino a due palmenti, conserva ancora le pietre della macina», chiude.