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Femministe a sostegno di una donna insultate al tribunale di Livorno
Le “Donne in cerchio” coi fazzoletti rosa al collo sostenevano una vittima di un presunto stupro in discoteca avvenuto all'Elba. In 20 in aula dall’Elba, Livorno e Pisa: «Vergogna, un testimone si è permesso di dirci “Che baracconata”»
LIVORNO. Presidio in tribunale, con tanto di offese, durante il processo per violenza sessuale aggravata al pr elbano di 38 anni Alessandro Canovaro del gruppo femminista “Donne in cerchio”, il collettivo di donne elbane solidale con la ventitreenne, la presunta vittima dello stupro avvenuto nella notte fra San Silvestro e Capodanno scorsi, in una discoteca dell’isola. Le donne – una decina solo quelle arrivate dall’Elba e a un certo punto offese da una persona con la frase «Che baracconata!» – sono rimaste in silenzio con un fazzoletto rosa al collo supportando la giovane, che ha apprezzato il gesto e insieme ai suoi avvocati Monica Lottini e Michele Baldi è comparsa a palazzo di giustizia per la quarta udienza del procedimento penale a carico dell’imputato.
Canovaro, arrestato nel febbraio scorso dai carabinieri, da qualche settimana ha lasciato il carcere di Prato ed è tornato a Procchio, dove risiede, con le misure cautelari dell’obbligo di dimora nel comune di Marciana, la permanenza in casa ogni notte dalle 21 alle 7 e il divieto di avvicinamento alla persona offesa e ai luoghi da lei frequentati per 300 metri, controllato attraverso il braccialetto elettronico.
Nell’ultima udienza sono stati ascoltati tre testimoni sui sei previsti. Erano quelli dell’accusa, indicati dalla pm Antonella Tenerani. «Ci siamo messe in contatto con la ragazza attraverso una lettera in cui esprimevamo tutta la nostra solidarietà e riconoscenza per la forza che ha dimostrato sporgendo denuncia – scrive il collettivo elbano, che è stato anche offeso – Siamo consapevoli delle difficoltà che deve affrontare una donna che reagisce, dai commenti nei bar al processo, che ripercorre pedissequamente ogni minimo particolare della violenza e con gli avvocati della difesa che insinuano un giudizio sul suo comportamento. Ci siamo rese disponibili fin da subito ad accompagnarla al processo e, dopo la terza udienza, in cui è stata interrogata dalle avvocate della difesa, ha accettato la nostra proposta. Mercoledì scorso, nonostante le nostre vite precarie, eravamo una ventina, grazie anche al sostegno di “Nonunadimeno” Pisa e Livorno. Per noi essere presenti alle udienze dei processi è un modo per sostenere le donne che denunciano, ma anche quelle che non denunciano, è metterci la faccia e il corpo, è restare unite quando ci vogliono divise (domandiamoci perché spesso si scelgono donne per la difesa nei processi per stupro) per sentirci meno sole in una società che continua a giudicare le donne anche quando hanno ragione – concludono – che è troppo abituata alla violenza sulle donne e alla misoginia, tanto che ogni due giorni una donna viene uccisa. Mercoledì uno dei testimoni mentre entrava in aula si è permesso di dirci: “Che baracconata!”. Quindi finché la nostra presenza verrà definita così, ci sarà ancora bisogno di noi. l
S.T.
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