Il Tirreno

Livorno

L'inchiesta

«Favori per gli appalti in porto a Livorno», fra i lavori più importanti quelli per l’illuminazione

Stefano Taglione
Il porto di Livorno (foto d'archivio)
Il porto di Livorno (foto d'archivio)

Era un accordo quadro sulla manutenzione per 107.370 euro assegnato a una ditta della provincia di Pistoia

02 giugno 2023
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LIVORNO. Un accordo quadro per i lavori di manutenzione straordinaria degli impianti di illuminazione del porto da 107.370 euro, affidato alla Fratelli Tabani durante l’emergenza Covid, dopo che nel 2019 la stessa azienda di Montale (Pistoia) si era occupata della posa delle cinque torri faro dell’approdo al prezzo di 13.796,66 euro, mentre nel 2021 dei controlli meccanici ed elettrici per altri 5.260. Ma non solo. Anche gli interventi di asfaltatura dell’area demaniale fra via Michelangelo e il binario 5 della Calata Pisa (16.717 euro) e quelli per la manutenzione straordinaria della pavimentazione della banchina degli accosti pubblici numero 15C e 15D, un cantiere da 30.426,16 per il quale erano stati chiesti dei preventivi anche ad altre imprese come la Cadelago Franco, la Frassinelli, la Rosi Leopoldo, la Slesa e la Sales, ma che poi è stato affidato, come il primo, alla “Adolfo Di Gabbia & Figlio”. E infine, per quanto riguarda la Abate, la procura cita anche in questo caso «il risanamento dell’area demaniale compresa fra via Michelangelo e il binario 5 della Calata Pisa», poi assegnata all’azienda di via dello Struggino, in questo caso la migliore offerente all’esito di una gara pubblica, per 16.616,90 euro.

Sono questi gli appalti che il pubblico ministero titolare dell’inchiesta delegata alla guardia di finanza, Massimo Mannucci, mette in correlazione con le presunte regalie alla base dell’indagine per induzione indebita che vede al centro l’ex dipendente dell’Autorità di sistema portuale del mar Tirreno settentrionale, il sessantasettenne Massimo Lepri, responsabile unico di procedimento e in pensione da dicembre dal ruolo di capo servizio dell’ufficio servizio manutenzione di Livorno-Capraia dell’Authority, e indagati per lo stesso reato il settantatreenne Giuseppe Di Gabbia (ritenuto amministratore di fatto della “Di Gabbia Adolfo & Figlio), il settantasettenne Giuseppe Abate (rappresentante legale dell’omonima società di scavi) e il cinquantaquattrenne pistoiese (nato a Prato) Massimiliano Tabani, amministratore unico della Fratelli Tabani di Montale, nel Pistoiese.

Secondo il giudice per le indagini preliminari Antonio Del Forno «la dimostrazione che sia stato Lepri a indurre Tabani, Di Gabbia e Abate a fornirgli utilità accertate dalla polizia giudiziaria operante è ragionevolmente desumibile in via logica, oltre che dal ruolo rivestito dallo stesso nei procedimenti di affidamento e dal fatto che l’erogazione dell’utilità sia avvenuta nel corso del procedimento, dal fatto che come emerge dalle risultanze probatorie acquisite si è attivato in prima persona con le officine e le aziende navali al fine di concordare i servizi per la sua auto e la sua imbarcazione, i cui costi sono stati poi sostenuti da Tabani, Di Gabbia e da Abate, i quali da parte loro hanno accettato la richiesta ricevuta da Lepri pur ben potendo non accoglierla, in considerazione dei vantaggi che avrebbero potuto trarre dal fatto di poter contare su un funzionario amministrativo “benevolo” nei loro confronti». Secondo il giudice per le indagini preliminari, inoltre, «è univocamente emerso dalle risultanze investigative, attraverso l’utilizzazione di Tabani, Di Gabbia e Abate, di fatture fittizie dirette a coprire l’erogazione dell’utilità corrisposta a Lepri». l


 

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