Il Tirreno

Livorno

Il personaggio

Livorno, il pilota che guida l’Accademia Navale: «Emozione unica tornare qui»

di Elisabetta Arrighi
Nato a Vasto nel 1969 Lorenzano Di Renzo e il nuovo comandante dell’Accademia Navale di Livorno pilota formato con la Us Navy ha svolto molti incarichi operativi
Nato a Vasto nel 1969 Lorenzano Di Renzo e il nuovo comandante dell’Accademia Navale di Livorno pilota formato con la Us Navy ha svolto molti incarichi operativi

L’ha frequentata da allievo dal 1989 al 1993, poi le scuole di volo della Us Navy «Nel mio nuovo incarico ho scoperto una città solare, aperta e sorridente»

25 marzo 2023
6 MINUTI DI LETTURA





LIVORNO. È nato a Vasto nel 1969 ed è stato allievo in Accademia Navale dal 1989 al 1993. Poi le scuole di volo della Us Navy negli Stati Uniti e una brillante carriera nell’Aviazione Navale con numerosi incarichi operativi fra cui, nel 2021, quello di comandante della Prima Divisione Navale a La Spezia. Tappa successiva Livorno e la sua Accademia Navale di cui il Contrammiraglio Lorenzano Di Renzo ha assunto il comando lo scorso novembre.

Partiamo da oggi. Cosa significa per un ufficiale della Marina ritornare come Ammiraglio Comandante dove tutto è cominciato?

«Si tratta innanzitutto di un grande viaggio nella memoria. Queste mura, intrise di storia, incidono in maniera indelebile nell’animo di ogni ufficiale di Marina. E’ qui che si sviluppano i principi morali e si modellano le qualità di carattere necessarie per affrontare una vita consacrata al servizio del prossimo. Esiste una precisa corrispondenza simbolica tra la natura immanente di queste architetture, immuni dall’incedere del tempo, e quella dei principi etici che costituiscono la bussola morale di ogni ufficiale di Marina e che non sono mai mutati. Ripercorrere questi spazi, dopo anni di servizio spesi sul mare, è un’emozione immensa. Tornare da Ammiraglio Comandante rappresenta un grandissimo onore, ma anche un’enorme responsabilità; una responsabilità che intendo declinare profondendo ogni mia energia per mantenere viva la scintilla che anima i nostri allievi».

Quali ricordi ha dei suoi anni di corso e di Livorno? E come ha (ri)trovato la città?

«Il mio ricordo è quello di un ragazzo meno consapevole del proprio destino e delle proprie scelte di quanto non lo siano le generazioni attuali. Nella memoria, mi rivedo immerso nei libri, concentrato nello studio delle materie professionali e scientifiche, nell’apprendimento delle regole della cortesia e della convivenza militare, determinato a dimostrare di essere all’altezza del prestigio del luogo in cui ero stato ammesso, ma senza un’idea chiara di quello che sarebbe stato il mio impiego futuro. Oggi l’Accademia compie uno sforzo di orientamento dei propri allievi significativamente maggiore; è molto più attenta ad identificare e valorizzare i talenti e le ambizioni dei propri ragazzi; una scelta che deriva da un’accresciuta sensibilità per le dinamiche d’impiego del personale e dalla maturazione della consapevolezza che la convergenza tra passioni e opportunità professionali rappresenta il punto di partenza per lo sviluppo e la prosperità di ogni organizzazione. I miei ricordi della Livorno vissuta da allievo sono episodici. La routine dell’Accademia non lasciava molti spazi di libertà; la città poteva essere frequentata solo in determinati giorni e con molti vincoli. Oggi, invece, l’Accademia ha completato una trasformazione che la rende molto più aperta e che intensifica i rapporti degli allievi con il territorio cittadino e le realtà universitarie. Nel mio nuovo incarico, ho scoperto una città solare, aperta e sorridente; fatta di gente ospitale e affettuosa; non mi sorprende che molti dei miei più autorevoli predecessori abbiano deciso di mettervi radici. Livorno è permeata da uno spirito di sensibilità sociale straordinario, che ha dato vita ad una moltitudine di organizzazioni che si occupano, con serietà e dedizione, del supporto delle fasce sociali più fragili e, di cui – da livornese adottivo – mi sento molto orgoglioso. Ma ho scoperto anche una città impegnata nel ricercare attivamente opportunità di crescita e progresso sia sociale che economico; un processo al quale l’Accademia può e vuole contribuire».

Fra poco sarà primavera e dal 22 aprile al 1° maggio tornerà la Settimana Velica.

«Sarà una splendida manifestazione sportiva di ampio respiro internazionale, la più bella degli ultimi anni. Abbiamo lavorato a lungo ed intensamente con il Comune, i Circoli Velici e con tutte le numerose realtà che annualmente contribuiscono al successo di questa impresa e penso di poter dire che l’edizione di quest’anno sarà molto più ricca e densa di emozioni ed opportunità di divertimento delle precedenti».

Le ragazze sono entrate in Accademia Navale poco più di vent’anni fa. Cosa hanno portato in dote in un ambiente da sempre maschile?

«L’apertura della Forza Armata al personale femminile ci ha arricchito in ogni senso, oltre ad aver attribuito maggior equilibrio e solidità ai nostri equipaggi. Le donne a bordo hanno largamente comprovato il loro valore: sono forti, organizzate, veloci, molto determinate e pienamente integrate a bordo. Hanno dimostrato di saper conseguire eccellenti risultati in ogni ambito professionale ed in particolare in settori tradizionalmente appannaggio dei loro colleghi di genere maschile».

Ci sono donne che una volta lasciato S. Jacopo volano negli Usa per prendere il brevetto di pilota di elicotteri e aerei?

«Assolutamente sì. L’inclusione di un’aliquota di ufficiali donna nel contingente destinato alle scuole di volo della US Navy, rappresenta ormai la normalità. Una sfida avvincente ed emozionante che vede la componente femminile della Forza Armata pienamente protagonista. Un esempio che vorrei citare è quello del Sottotenente di Vascello Erika Raballo, che due anni fa ha conseguito il brevetto, diventando la prima donna pilota sulla linea AV8B+, quella dei nostri aviogetti a decollo corto e appontaggio verticale».

Tornando alla sua carriera da ufficiale quali sono i momenti che ricorda con maggiore emozione?

I ricordi più vividi sono quelli dei momenti emozionanti vissuti in Teatro Operativo; le situazioni di confronto con le fasi cruciali della missione, quelle in cui il comandante è il protagonista. In questo senso sono stato molto fortunato, ho alle spalle un’esperienza ricca e densa di queste emozioni e nel cuore la speranza di viverne altrettante. Se potessi, rifarei tutto».

Quanto è dura la carriera di un ufficiale della Marina Militare?

«Diventare ufficiale di Marina rappresenta una scelta impegnativa e nobilissima. Essa impone completa dedizione, inossidabile forza morale, grande competenza e molto spirito di adattabilità. È impegnativa e difficile come impegnative e difficili sono tutte le cose che hanno valore e significato, ma proprio per questo motivo è anche enormemente appagante».

Come conciliare la vita privata e la famiglia con una professione così coinvolgente?

«La nostra non è una professione, ma una missione e come tale essa permea ogni aspetto della nostra vita, compresa quella familiare. Forse per questo motivo ho tardato un po’ a mettere su famiglia. Oggi mi rendo conto che l’affetto dei miei cari – quello di mia moglie e di mia figlia – mi ha trasformato in un uomo molto migliore di quello che ero in partenza e, per conseguenza, mi ha fatto crescere moltissimo anche come militare e come comandante».

Quali consigli si sente di dare ai suoi allievi?

«Di impegnarsi a fondo negli studi, nella consapevolezza che il periodo trascorso in Accademia rappresenta solo l’inizio del loro percorso formativo, che continuerà fino all’ultimo giorno di servizio nella Forza Armata; uno sforzo evolutivo continuo che è possibile solo se si è in grado di imparare da tutti, anche dalle figure più umili. Ma anche di avere fiducia nell’impegno serio e nel lavoro duro, che rappresentano l’unica strada per conseguire risultati reali e tangibili. E, infine, di non porsi alcun limite: il mondo appartiene a coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Vespa World Days
Mitici

Gli eroi del Vespa Days: nove ore sotto la neve per raggiungere Pontedera, la storia degli amici del Belgio – Video

di Tommaso Silvi