Un livornese alla “guida” del Comune di Piacenza: «Porto il salmastro in Emilia»
Luca Canessa è diventato direttore generale e segretario comunale. A novembre aveva lasciato Grosseto dove aveva ricoperto per tre anni lo stesso doppio incarico
LIVORNO. Dai frati in Piazza Cavallotti alle piadine di Piazza Cavalli: così potremmo scherzosamente sintetizzare l’excursus professionale e di vita di Luca Canessa che, in alternativa alla disoccupazione a Livorno, preferisce oggi fare il direttore generale nonché segretario comunale a Piacenza dopo aver ricoperto lo stesso importante incarico in molti importanti Comuni italiani.
Il direttore generale del Comune è la figura apicale che attua gli indirizzi e coordina la programmazione dei lavori del Comune mentre il segretario generale è il garante della legittimità degli atti municipali. Canessa, 51 anni, ha lasciato la nostra città poco dopo la laurea in Giurisprudenza non prima di aver collaborato per alcuni anni con La Nazione, «esperienza che mi è stata utilissima nel mio lavoro in termini di acquisizione di pratica comunicativa», racconta. Nella città emiliana Canessa è giunto dal novembre scorso lasciando Grosseto dove aveva ricoperto per tre anni lo stesso doppio incarico alle dipendenze del sindaco Antonfrancesco Vivarelli Colonna.
Prima ancora, a ritroso, ha lavorato a Forlì, Alghero, Massarosa, nel consorzio dei piccoli comuni della Versilia e prima ancora della Garfagnana. Là dove la legge lo permetteva (numero di abitanti al di sopra dei centomila abitanti) Canessa ha acquisito il duplice incarico di direttore e segretario, negli altri di “solo” segretario. Ma Livorno è sempre nel cuore? «Direi proprio di sì e spero prima o poi, come alcuni calciatori, di concludere la mia carriera nella mia città. Aspetto che si creino le condizioni».
A Livorno gli è rimasto il fratello Roberto che fa l’ingegnere libero professionista «e la passione per il Livorno Calcio e il basket che seguo regolarmente». Basket, cioè «Pallacanestro Livorno». Canessa assomma al doppio incarico, per sua stessa ammissione, quello di «ambasciatore di livornesità». «Ho sempre cercato di portare in tutte le realtà nelle quali ho lavorato un po’ di “salmastro” e devo dire che sono riuscito, anche nella tranquilla Piacenza, – sorride – a diradare qualche eccessiva nebbia di seriosità». Come sono i piacentini? «Bravissima gente, magari a dare confidenza ci mettono un po’più di noi. Ma noi la concediamo dopo un nanosecondo.».l