Cadavere di un uomo trovato nel cassonetto: quattro fermati. Un’amica della vittima: «Forse ucciso per debiti di droga»
Biella, il corpo di Gabriele Maffeo era avvolto in un telo di plastica: aveva 33 anni. Resta ancora da chiarire il movente
BIELLA. Gabriele Maffeo è stato trovato morto ieri sera a Biella in un cassonetto avvolto in un telo di plastica. Aveva 33 anni, viveva a Occhieppo Inferiore e aveva dei precedenti di polizia. Per il suo omicidio sono state fermate quattro persone, una donna di 34 anni, Marina Coda Zabetta, e tre uomini, Giuseppe Bonura, 42 anni, Simone Perra, 24 anni, Alessandro Solina, 32 anni. Resta ancora da chiarire il movente, e si attende l'esito dell'autopsia per determinare le cause del decesso del 33enne italiano. Sul cadavere sono state trovate ecchimosi, con il volto visibilmente tumefatto, senza però segni di ferite da arma da fuoco o da taglio. Dalle prime informazioni non si esclude che il delitto possa essere maturato nell'ambito dello spaccio di droga.
La tesi viene confermata anche a LaPresse da una sua amica che chiede di restare anonima: «Quando ho letto che Gabriele era morto e ho visto dove era stato trovato il suo corpo ho pensato di sapere immediatamente i nomi dei due colpevoli. La coppia che è stata fermata è una coppia di spacciatori conosciuti da tutti qui a Biella. Forse Gabriele doveva dargli dei soldi. Immagino anche che gli altri due ragazzi fermati fossero lì presenti in casa come clienti e probabilmente si sono trovati in mezzo a questa storia. Perché lì si spacciava e spesso facevano fermare qualcuno a consumare nell'appartamento». La sua amica racconta a LaPresse di un ragazzo «bonaccione dolce e a volte un po' ingenuo», un lavoratore instancabile e «una persona onesta» a cui la vita ha presentato delle difficoltà e delle prove difficili da superare. «Purtroppo ha conosciuto la droga ma per il bene di suo figlio, di se stesso e della sua famiglia aveva intrapreso un percorso di crescita e di rinascita abbandonando la dipendenza», ha continuato commossa sottolineando come «erano mesi, quasi un anno, che non era più coinvolto in certe cose ed era fuori da Biella. In tanti gli dicevamo di non tornarci qui, che stava facendo bene, che finalmente stava bene ed era felice di poter vedere crescere suo figlio e poter costruire un rapporto con lui». Gabriele- insiste- «non era un santo ma non era cattivo e voleva riprendere in mano la sua vita» sottolineando come «non so se fosse di nuovo caduto nella dipendenza» ma con un'unica certezza: «Non si può morire così».