Grosseto, tutrice legale condannata per peculato e autoriciclaggio
Era accusata di essersi appropriata di denaro di un uomo interdetto: dovrà risarcire i danni al fratello parte civile
GROSSETO. Tre anni e sei mesi per tutti i reati contestati, compreso quello di autoriciclaggio. È la condanna per la 53enne accusata di essersi appropriata di denaro appartenente all’uomo di cui era tutrice legale. Lo ha stabilito il giudice Marco Mezzaluna al termine del procedimento con rito abbreviato nato dalla querela sporta dal fratello di lei.
Il giudice ha disposto per lei l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e dalla possibilità di contrarre con la pubblica amministrazione, con alcune eccezioni; il risarcimento del danno alla parte civile dovrà essere stabilito in separata sede. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro due mesi. A tutela delle altre parti interessate, non indichiamo il nome dell’imputata.
Il pm Carmine Nuzzo, che con il collega Giampaolo Melchionna ha sostenuto l’accusa, aveva chiesto 4 anni e 4 mesi per tutti i reati contestati: quelli di peculato, appunto, per essersi appropriata di denaro dell’uomo di cui era tutrice legale; e quello di autoriciclaggio, per aver investito in forme ritenute sospette – pochi giorni dopo la morte dell’uomo – il denaro incassato dalla liquidazione della polizza assicurativa, intestata a sé ma considerata abusivamente accesa con le somme dello stesso tutelato, riscuotendo poi due anticipi. In fase di indagine, era stato disposto il sequestro preventivo delle somme (o dei beni per equivalente) ritenute connesse: 93mila euro per le contestazioni di peculato, altri 51mila euro per gli addebiti relativi all’autoriciclaggio, in tutto 144mila euro.
L’imputata e il fratello sono i figli della persona indicata come erede unico dall’uomo dichiarato interdetto, per il quale era stata aperta la procedura tutelare, di cui era stata incaricata la donna, tra l’altro imparentata. L’uomo era morto nel 2021, sessantenne. Il fratello di lei, anche lui erede, aveva notato anomalie e aveva chiesto di compiere accertamenti. La guardia di finanza, attraverso testimonianze e movimenti di denaro, aveva ricostruito la vicenda.
Una prima contestazione di peculato (tale perché la donna avrebbe rivestito la qualità di pubblico ufficiale, come amministratrice del patrimonio) riguardava cinque bonifici – denaro prelevato dal conto corrente bancario intestato all’uomo sotto tutela – per un totale di 4.350 euro che l’indagata avrebbe utilizzato per pagare l’affitto di un box per un proprio cavallo, tra il 2017 e il 2020, quando l’uomo era ancora in vita. Una seconda contestazione di peculato riguardava l’accensione di una polizza vita intestata all’uomo effettuata con il denaro (150mila euro) prelevato dal conto corrente di quest’ultimo: la donna avrebbe ottenuto tre riscatti parziali per un totale di 41mila euro, versando queste somme sul proprio conto corrente e destinandole alla ristrutturazione della propria abitazione; episodi avvenuti tra il 2015 e il 2020. Una terza contestazione di peculato era relativa all’accensione di un’ulteriore polizza vita, sempre con il denaro (500mila euro) del tutelato: la donna si era indicata come beneficiaria in caso di morte dell’assicurato, avrebbe effettuato due riscatti per 50mila euro, denaro versato sul proprio conto, sempre per lavori di ristrutturazione nella propria abitazione (2016-2020). La Procura è del parere che tutte queste operazioni siano non soltanto andate al di là delle facoltà concesse dal giudice tutelare ma siano anche state commesse in violazione delle disposizioni che regolano l’attività del tutore. L’indagata si sarebbe procurata un vantaggio patrimoniale ingiusto e avrebbe causato un danno al fratello, che si è affidato all’avvocato Paolo Bastianini per la costituzione di parte civile.
Infine, l’ipotesi di autoriciclaggio, per le attività economiche e finanziarie che sarebbero state effettuate dalla donna con lo scopo di ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa. Una delle contestazioni contro la quale più si sono battuti i difensori, gli avvocati Claudio Fiori e Riccardo Lottini, che avevano invocato l’assoluzione. Quali attività? La guardia di finanza ha ricostruito che una settimana dopo la morte del tutelato, nel maggio 2021, l’indagata aveva presentato la richiesta di liquidazione del premio assicurativo (505mila euro, poi depositati sul proprio conto) e aveva investito questa somma in una nuova polizza assicurativa, per 530mila euro, in questo caso intestata alla figlia, ottenendo due riscatti anticipati per 51mila euro.
Adesso il giudice ha disposto il dissequestro e la restituzione di 100mila euro, un terzo dei quali alla stessa imputata (relativamente a tre contestazioni di peculato); la confisca di una somma pari a 168mila euro e la restituzione di una cifra di pari entità al fratello (ancora peculato); la confisca di 51mila euro, con la confisca e la vendita di un immobile sottoposto a sequestro fino a tale importo, nonché il dissequestro e la restituzione all’imputata di un altro immobile in parte di sua proprietà (per il capo di imputazione di autoriciclaggio).
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