Maltempo
Grosseto, schianto in moto per un cinghiale: «Voglio conoscere chi mi ha soccorso, sono vivo grazie a lui»
Federico, 25 anni, finisce in un fosso dopo aver sterzato per evitare un cinghiale. Un automobilista lo soccorre e gli salva la vita. Ora il giovane vuole incontrarlo per dirgli grazie
Grosseto Il cervello ci mette un po’ a riaccendersi. Dentro al casco rimbomba ogni cosa, in bocca il sapore del sangue che cola dal naso mentre non c’è una parte del corpo, accartocciato a terra, che non faccia un male tremendo. Oltre la visiera solo un gran polverone, poi la luce dei fari di un’auto disegna un’ombra davanti a lui: «Vai tranquillo, ci penso io: non ti preoccupare», dice una voce maschile. Il cervello si spegne di nuovo.
La ripresa di conoscenza
Si riaccende all’ingresso del pronto soccorso dell’ospedale Misericordia. «Mi sono praticamente svegliato sulla barella appena scesa dall’ambulanza, immobilizzato e circondato dai soccorritori. Non mi ricordavo niente, avevo dolore dappertutto e mi sentivo “un pallone” sul petto dalla fatica che facevo a respirare», racconta Federico Morrico, 25 anni, operaio di Follonica che quella sera del 26 agosto (un martedì) certo non poteva immaginare che cosa sarebbe successo: un cinghiale gli compare davanti alla ruota all’improvviso all’altezza dell’Acquarium, lui controsterza per evitarlo e viene disarcionato dalla sua Ducati, che ha comprato mettendo insieme i primi stipendi dopo il diploma al professionale, frana a terra in un fosso dopo un volo di una decina di metri – per fortuna indossa la tuta con la protezione extra in corrispondenza della spina dorsale – e rimbalza fin dentro al campo dove poi viene trovato.
Rammenta però che uno di quei volontari estrae un foglietto con su scritto qualcosa, parole e cifre che legge all’infermiere di turno: «Credo di aver capito che ci fosse scritto tipo: “Federico sarà troppo stordito per rispondere, chiamate me”, con un numero di telefono. Fatto sta che quel pezzo di carta forse poi me lo avevano messo addosso, ma non ricordo».
Dal letto di ospedale Morrico chiama i suoi affetti, che lo raggiungono in reparto e rimangono accanto a lui. Viene operato per una frattura scomposta al braccio sinistro e piano piano gli rimettono a posto le sei costole andate. E viene infine dimesso, ma una cosa gli manca: ringraziare il suo misterioso angelo.
Eppure...
«Ci avevo pensato molto ma non sapevo come fare, non avrei saputo neanche da che parte cominciare. Poi, quando mi hanno riconsegnato i miei effetti personali, all’uscita, la mia fidanzata li ha controllati per assicurarsi che non mancasse niente; invece ha trovato qualcosa in più», ricorda, e gli scappa quasi da ridere: «Per un attimo ha pensato subito male, che ci fosse motivo di essere gelosa, invece in mano aveva quel foglietto con il numero di telefono di lui. In quell’istante ho avuto come un flash».
La riconoscenza
È fatta, Morrico si attacca al cellulare: «Volevo ringraziarlo per avermi salvato la vita, anche perché è vero che la moto era rimasta in strada, ben visibile, ma se non c’era lui i soccorsi chi li chiamava? Purtroppo c’è anche chi se ne frega e passa oltre, e poi in una situazione del genere bisogna anche saper mantenere il sangue freddo e non è da tutti. Sono vivo grazie a lui».
Non tutti gli eroi indossano un mantello, recita il meme.
L’altro risponde: «Mi ha detto che è di Pistoia, che in quei giorni era lì in vacanza con la famiglia e che in quel frangente stavano rientrando dopo una cena al ristorante. Non so nemmeno come abbia fatto a mettere l’auto di traverso per illuminare il campo, dato che il tratto lì è rettilineo e non troppo ampio». Di più: «È un ragazzo anche lui, più o meno coetaneo, ha una Ducati anche lui e studia Scienze infermieristiche all’università ed è prossimo alla laurea».
Quest’ultima cosa, per paradosso, diventa però un ostacolo per Morrico: «Dopo esserci presentati, subito gli avevo anticipato il mio desiderio di fare qualcosa di più e quindi ringraziarlo anche sul giornale, oltre che di persona; ma lui mi ha fermato perché (mi ha spiegato) a novembre deve sostenere la discussione della tesi e non voleva troppa attenzione per questa cosa, ché non si sa mai. “Mi basta che tu mi abbia chiamato per dire che va tutto bene”, mi ha detto».
Ma anche il ringraziamento sul nostro giornale, sebbene in forma anonima, non basta: bisogna incontrarsi faccia a faccia. «Se sono in grado voglio andare ad assistere alla sua discussione in ateneo, ma nel caso contrario quando lui dovesse tornare in vacanza qui nella zona, altro che una birra: come minimo gli offro sicuramente una cena».