Anziani, in crisi e senza “eredi”: a Grosseto spariti 1.400 artigiani in 10 anni
La confederazione di settore incrocia i dati della Cgia di Mestre con quelli Inps. La Maremma resiste meglio di altre province, ma la fine del tunnel non si vede
GROSSETO. La parola d’ordine è resilienza, nonostante tutto. Il tessuto dell’imprenditoria artigianale della Maremma e dell’Amiata, benché contenuto nelle dimensioni (o, forse, proprio per questo), si conferma – tra le province della Toscana – fra quelli che meglio hanno saputo resistere agli ultimi dieci anni di crisi; durante i quali, però, ha visto calare le saracinesche di qualcosa come oltre 1.400 attività.
È quanto emerge dall’analisi di Confartigianato Imprese Grosseto, che ha incrociato i dati elaborati dalla Cgia di Mestre con le iscrizioni Inps. Erano 8.764 le imprese artigiane del Grossetano nel 2012, mentre nel 2022 sono diventate 7.354. Il saldo tra aperture e chiusure è del -16,1%. Una percentuale leggermente inferiore al calo medio nazionale, pari a -17,4%. Ma in Toscana le chiusure complessive superano addirittura la media nazionale raggiungendo un -19,8%.
La provincia della Maremma e dell’Amiata si posiziona così al 71° posto fra le 103 “sorelle” italiane e al 9° tra le regionali: parti “nobili” delle rispettive classifiche, dove stanno le realtà che hanno retto meglio alla lunga onda d’urto dell’esplosione dei mutui subprime.
«Le cause di questo fenomeno sono varie», premette Mauro Ciani, segretario provinciale di Confartigianato Imprese. E spiega: «Senza dubbio ha avuto un peso determinante la progressiva contrazione del volume d’affari per le imprese artigiane, legato all’avanzamento della grande distribuzione e del commercio online, accompagnato dal costante aumento dei costi complessivi a carico delle aziende, che vanno dalla pressione fiscale, agli affitti degli immobili, le spese per l’acquisto e la manutenzione dei macchinari e della materia prima, ai costi di una burocrazia che è sempre più complessa e farraginosa. Questo genere di problematiche – chiosa – hanno ridotto l’appeal economico di certe professioni e scoraggiato il passaggio generazionale delle aziende di padre in figlio con conseguente perdita di know how».
Ma non è tutto oro quel che luccica: se le imprese artigianali che chiudono sono poche è perché poche sono anche le imprese aperte. Ma se la provincia di Grosseto ha un merito, secondo Ciani è quello di «avere imprenditori avanti da un punto di vista di mentalità, che hanno saputo radicarsi meglio e meglio fidelizzare la clientela. E – aggiunge – di essere caratterizzata da un tessuto artigianale prevalentemente incentrato sui servizi alla produzione e alla persona: aree che hanno subito meno la crisi del manifatturiero».
Il segretario provinciale di Confartigianato Imprese conclude infine con una considerazione che riguarda molto da vicino Grosseto capoluogo, alla ricerca di una formula per rivitalizzare il suo salotto buono: «Lo studio della Cgia mette in guardia anche sulle conseguenze sociali di questo mancato ricambio generazionale: con la chiusura delle botteghe artigiane cambia infatti il volto delle città e in particolare dei centri storici che ormai sono monopolio delle grandi catene, i territori perdono la loro identità. Inoltre, le molte saracinesche abbassate e il conseguente degrado in cui cadono le vie interessate dalle chiusure, sono la conferma di quanto le piccole botteghe rappresentino un presidio importante per la sicurezza dei nostri centri abitati. Purtroppo – chiosa – alcuni mestieri sono destinati a scomparire ed è sempre più difficile trovare un sarto o un calzolaio».