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«Ti brucio con la sigaretta»: condannata per stalking ai danni dell’ex marito

di Pierluigi Sposato
Il tribunale di Grosseto
Il tribunale di Grosseto

Grosseto, i problemi erano iniziati dopo la separazione. L’imputata dovrà risarcire anche la donna con la quale l’artigiano aveva avuto una frequentazione

02 giugno 2023
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GROSSETO. Una vita d’inferno. Difficile già prima della separazione, impossibile dopo. La vittima, in questo caso, è il marito. Vittima di pedinamenti e minacce che erano arrivati a interessare anche la nuova compagna di lui. Il quale, in un’occasione sarebbe stato anche minacciato di morte: «Ti brucio». L’uomo era stato costretto a cambiare casa tre-quattro volte, perché lei lo seguiva dappertutto, anche fisicamente.

Tutto provato, tutto vero, secondo la giudice Ludovica Monachesi, che ha condannato a due anni una donna oggi poco meno che cinquantenne, imputata di stalking, violazione di domicilio e del divieto di avvicinamento al marito separato, misura iniziata tempo addietro e in vigore ancora adesso. L’imputata, assistita dall’avvocato Franco Ciullini, è stata condannata anche a risarcire in separata sede l’ex marito e la donna con la quale aveva stabilito una relazione dopo la separazione, stabilendo intanto una provvisionale rispettivamente da 6mila e 4mila euro. Una perizia ha riconosciuto la donna come affetta da vizio parziale di mente ma anche come capace di partecipare coscientemente al processo, da momento che al momento della visita aveva manifestato un discreto compenso psichico, dovuto anche alla terapia in corso. La giudice non ha accolto la richiesta di una misura di sicurezza: la donna non è socialmente pericolosa a patto che prosegua il monitoraggio e le cure, come sta facendo.

I fatti contestati sono numerosi e sono avvenuti tutti nella zona nord della provincia in un lungo periodo di tempo. Il processo ha riunito quattro fascicoli che coprono un arco dal 2018 al 2022. In realtà, ha raccontato l’uomo, un artigiano oggi quasi sessantenne, i problemi erano iniziati ben prima, poco dopo il matrimonio risalente ai primi del 2000. «Lei era una dominatrice, mi faceva fare tutto ciò che voleva, mi aveva fatto firmare un assegno da 125 mila euro: lo usava per ricattarmi». A luglio 2018 la separazione. E l’inizio dei fatti narrati nelle imputazioni: lei era andata a casa sua, lui si era confidato con un’amica con la quale aveva instaurato una relazione, lei era tornata «e a quel punto era iniziato l’incubo». Perché lui le aveva detto che voleva andare via da casa e lei non accettava l’idea: «Sono stato costretto a nascondermi per non farmi trovare, ho dovuto più volte cambiare casa». Una persecuzione fatta anche di minacce: «Con le armi una volta mi ha detto, se ti trovo ti faccio vedere io». Un negoziante aveva messo in guardia l’uomo dicendo di aver visto il calcio di un fucile nell’auto della donna. C’erano offese continue ma anche tentativi di forzatura del furgone utilizzato dall’artigiano per il lavoro. E quando lui, che aveva il magazzino in quella che era la casa coniugale, doveva rifornirsi, c’erano sempre problemi. Al punto che lui si faceva accompagnare da amici; oppure si faceva prestare il materiale da colleghi. Lei gli avrebbe poi spiato la corrispondenza. E gli atteggiamenti non erano cessati quando il giudice aveva disposto il divieto di avvicinamento. Lui e la nuova compagna erano dovuti fuggire per strade secondarie, dopo aver visto la donna che si era appostata sotto casa di lei. Nel luglio 2020, lui aveva trovato la moglie sotto casa: «Aveva cercato di bruciarmi i polsi con una sigaretta. Mi aveva detto ti rovino, brutto bastardo». Una volta l’imputata aveva cercato di entrare con due persone nella proprietà del marito. La nuova compagna aveva definito quest’ultimo come «terrorizzato»; e aveva raccontato che lei aveva cercato di investirla. Un clima di terrore anche per il figlio della donna. Dopo un anno di vessazioni, la relazione era terminata. I testimoni dell’accusa, compresi anche i familiari, hanno corroborato il quadro (anche sulle continue offese e sui ricatti, come sull’episodio della sigaretta), quelli della difesa non hanno portato elementi che potessero scagionare l’imputata, ha concluso la giudice.

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