Scarlino, Venator annuncia i primi tagli di personale
Comunicato ai sindacati l’avvio delle procedure per la riduzione del 25%. Verso la cassa integrazione 41 lavoratori. Clima teso in fabbrica, sciopero in vista
SCARLINO. Venator Italy srl dà un inaspettato colpo di acceleratore a pochi giorni dall’incontro avuto dal ceo Simon Turner con i vertici politici e tecnici della Regione, al quale hanno partecipato il presidente Eugenio Giani, l’assessore alle attività produttive Leonardo Marras e l’assessora all’ambiente Monia Monni.
Nella giornata di ieri, infatti, il management aziendale ha inviato alle segreterie provinciali di Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Cisal una lettera che avvia formalmente le procedure per la riduzione del personale impiegato nell’impianto del Casone di Scarlino, ai sensi della legge 223/1991 sui "licenziamenti collettivi". In contemporanea i dipendenti dell’azienda hanno ricevuto una mail generica che li avvertiva dei passi fatti dall’azienda. La scelta di Venator sarebbe la conseguenza diretta di quanto preannunciato già da almeno un paio di mesi a questa parte in sede di tavolo di concertazione con istituzioni e sindacati, relativamente alla necessità di ridurre i costi di gestione dell’impianto a causa del fermo produttivo di due delle tre linee di estrazione del biossido di titanio. A sua volta conseguenza della mancanza di spazi di stoccaggio dei gessi rossi residui del ciclo di lavorazione. Quello che negli ambienti politici e sindacali nella giornata di ieri non si capiva, era il motivo di una scelta tanto repentina.
Arrivata inattesa a una settimana dall’incontro avuto dai vertici dell’azienda con quelli della Regione, dal quale non era filtrato granché se non il fatto che il confronto di merito era stato positivo e instradato sui binari della collaborazione. Fra l’altro questa mossa alza la temperatura a pochissimi giorni dalle elezioni, il che lascia facilmente prevedere una fiammata della campagna elettorale. Entrando nel merito, la scelta di Venator Italy di avviare le trattative per la riduzione del 25% della forza lavoro, significa in concreto che si passerà dagli attuali 252 dipendenti a 211, con una riduzione secca di 41 persone. Anche se la procedura è stata avviata con la legge 223/91, ad ogni modo, è abbastanza probabile che non sfoci in licenziamenti, ma nella cassa integrazione dei dipendenti in attesa della ripartenza di almeno una delle due linee produttive oggi ferme. Che si dice potrebbe avvenire a partire dall’inizio del 2023.
Nella giornata di oggi, intanto, la Rsu aziendale si riunirà per stabilire il giorno di convocazione di un’assemblea con i lavoratori. E considerato il clima che si respira in fabbrica è più probabile che questa decida l’indizione di uno sciopero.
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