Il Tirreno

Grosseto

Fiera del Madonnino, un successo senza tempo

Gabriele Baldanzi
La fiera del Madonnino (foto Bf)
La fiera del Madonnino (foto Bf)

Dalla sagra dello gnocco ai primi aratri: al via la manifestazione clou della Maremma

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GROSSETO. L’idea di una fiera di prodotti e attrezzi agricoli, da allestire a primavera, a cavallo tra Pasqua e metà maggio, balenò nella testa del compianto Silvano Lanfranchi (da Sticciano) durante l’estate del 1972. Oltre 40 anni fa. Sulla location gli assegnatari dei poderi della zona - cioè gli organizzatori, guidati dallo stesso Lanfranchi e da Leo Nucci - non discussero molto: si sarebbe tenuta all’Olmini, proprio a due passi dallo stand dello rinomata Sagra dello Gnocco. Il semino di quella che oggi è la Fiera del Madonnino si componeva dunque di due soli ingredienti: volontariato e fantasia.

Gnochi e aratri. Da folkloristica appendice a una sagra di campagna ad appuntamento fieristico nazionale. Il passo è stato breve e lungo al tempo stesso. Oggi hanno i capelli bianchi coloro che ricordano i tavolini, apparecchiati alla meglio, in un’aia lungo strada. In mezzo, sparpagliati qua e là, quegli attrezzi agricoli utili al lavoro degli avventori. Nel 1973 la prima edizione, casereccia, poi un crescendo di risultati, partecipazione, aspettative. Con lo gnocco che finì per essere fagocitato dagli aratri.

La Finceit. Nel 1975 nacque l’Apa, l’associazione Promozioni Agricole, presieduta da Mariano Bellaveglia, che subito trasferì in un’area più grande, al Madonnino appunto, quella manifestazione così seguita e già caratterizzata. Gli fu dato anche un nome altisonante: Finceit, Fiera nazionale del Centro Italia. «Forse – scrive Mario Filabozzi, nel libro del trentennale - c’era un auspicio in quel nome, una sorta di premonizione, di scommessa». Su quegli anni gli aneddoti non mancano.

«L’euforia, l’ambizione, ci fecero fare a volte dei passi più lunghi della gamba», racconta Giancarlo Innocenti, ex sindaco di Roccastrada e organizzatore della Fiera per una quindicina di anni, all’epoca però solo un giovane volontario. Nel 1976, per esempio, furono fatti stampare 100mila biglietti sponsorizzati da rivenditori e aziende della Maremma. Alla fine la biglietteria ne strappò solo poche migliaia e gli inserzionisti non furono molto contenti…

Fiera bagnata, fiera fortunata. Era il 26 aprile del 1979 quando venne tagliato il primo nastro tricolore, sotto un cielo plumbeo, con la pioggia che non dette mai tregua agli espositori. Quel giorno si aprì, a tutti gli effetti, una nuova stagione: la prima edizione moderna della Fiera del Madonnino di Braccagni, come era scritto nei manifesti. Fu organizzata e portata avanti da un apposito comitato pubblico, formato da alcuni rappresentanti della Camera di Commercio (allora il presidente era Achille Giusti), dell'amministrazione provinciale guidata da Luciano Giorgi e dei Comuni di Grosseto (sindaco Giovan Battista Finetti) e Roccastrada (Emilio Biondi). Poi furono coinvolte tutte le associazioni di categoria. Oggi si direbbe che fu creato un carrozzone. Ma qui i cavalli hanno sempre tirato forte.

Malumori e politica. Ma perché da iniziativa privata la Fiera passò in collo al pubblico? «Ricordo l’edizione del 1978 – sono ancora parole di Innocenti – e c’erano diverse cose che non andavano. Il nome pretenzioso (Fiera nazionale del Centro Italia) non corrispondeva all’effettiva portata dell’evento. La gran parte degli espositori, un’ottantina in tutto, erano ambulanti che l’organizzazione chiamava per fare una sorta di mercato. Pochi coloro che mettevano in mostra macchine agricole assecondando lo spirito della manifestazione. Però la formula funzionava e si registrava un crescente interesse e nuove richieste di partecipazione». Tra coloro che collaboravano all’organizzazione in modo volontario, nel 1978 esplose un forte malumore. Il sudore versato per tirare su la fiera, seppur gratificato dal successo di pubblico e partecipanti, non era affatto remunerato. Possibile che i soldi guadagnati non fossero mai a sufficienza per premiare, almeno un minimo, la dedizione dei volontari? In questa situazione si incuneò la politica e, con lungimiranza - va detto - pose le fondamenta (fino a quel momento poggiate sulla sabbia) della manifestazione che tutti oggi conosciamo.

37 edizioni. Negli anni a seguire, a partire dal 1982, la Fiera visse un’inarrestabile crescita, sia della superficie espositiva che delle aziende presenti. GrossetoFiere (e prima ancora Fimar Spa) hanno investito milioni sulla location con l'obiettivo di offrire servizi all’avanguardia e spazi confortevoli. Un salto di qualità sotto gli occhi di tutti «per una rassegna che quest’anno – sono parole del presidente Vivarelli Colonna – è saputa andare oltre la crisi, portando a Braccagni – ancora una volta – centinaia di espositori e, speriamo, decine di migliaia di visitatori».

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