Parco archeologico della Valle d’Oro Si alza un coro di “sì”
Completato lo studio di fattibilità per creare l’area Ora serve il benestare dei Comuni di Orbetello e Capalbio
CAPALBIO. La protezione di un territorio che rappresenta un libro aperto della storia, dal paleolitico a oggi, di una delle più belle zone d’Italia e la valorizzazione di un’area con una densità di siti archeologici inimmaginabile sono i due obiettivi principali che stanno spingendo gli abitanti di una parte dei Comuni di Capalbio e Orbetello alla creazione del Parco archeologico della Valle d’Oro.
Una realtà ancora allo stato embrionale, sulla quale si è concluso uno studio di fattibilità, che ha riunito ieri mattina a Capalbio, nella sala del Frantoio, una serie di tecnici e studiosi dell’arte che non hanno nascosto il loro entusiasmo nella partecipazione a questo lavoro, da cui potrebbe nascere una realtà grande come circa un terzo del Parco della Maremma. All’incontro, che ha preceduto l’inaugurazione di una mostra fotografica di Andrea De Maria che sarà aperta per due settimane, hanno partecipato personaggi noti ed esperti del settore, oltre ai vertici dell’associazione Maremma Mare che, dai primi anni 2000, ha l’obiettivo di tutelare l’area di Giardino e Valle d’Oro. Un territorio che riguarda due Comuni, ma che ha visto l’accorata partecipazione di solo uno dei sindaci interessati: Luigi Bellumori (Capalbio). Il primo cittadino di Orbetello Monica Paffetti non ha partecipato alla conferenza di presentazione.
Proprio il “padrone” di casa ha aperto i lavori confermando che la sua amministrazione e presumibilmente anche chi lo seguirà darà gran sostegno a questo progetto che sarà importantissimo per restituire alle generazioni future le emergenze storiche locali che la storia ha consegnato a Capalbio. Primo relatore è stato il professor Franco Cambi, archeologo dell’università di Siena che ha ribattuto sul fatto che «la Valle d’Oro è un libro aperto che ci dà la possibilità di vedere uno spaccato della storia d’Italia dal Paleolitico fino ai giorni recenti, passando per l’epoca romana e per il Medioevo. Uno spazio da vivere e tutelare – ha detto – dal punto di vista urbanistico e dell’attività agricola.
Un parere tecnico archeologico che è stato confermato da Maria Grazia Celuzza, la direttrice del Museo Archeologico e d’arte della Maremma che ha parlato di «un percorso interrotto, di una mancanza di valorizzazione e di restituzione alla comunità di tantissimi studi fatti sul territorio che racchiude una serie grandissima di monumenti archeologici quali la villa di Settefinestre, il castello di Capalbiaccio e la Fattoria di Giardino». Monumenti sparsi su un’area di quasi 3mila chilometri quadrati sulla quale sono necessari studi urbanistici di cui si è occupata un’esperta, l’architetto Cecilia Luzzetti. L’architetto ha parlato di confini del Parco soggetti ad allargamento visto l’entusiasmo dei proprietari che continuamente chiamano per entrare a far parte, con le loro proprietà, del nuovo progetto. Un lavoro che riguarda due Comuni – conferma lei – i cui piani urbanistici sono favorevoli alla tutela di questa parte di territorio». Dunque un grandissimo entusiasmo che ora ha bisogno del placet degli enti locali, tale da condurre alla creazione di un Ente Parco che regolamenti la fruizione delle emergenze storiche e che, come ha sottolineato in chiusura la presidente regionale Fai, Sibilla Della Gherardesca, riesca a preservare questo grande patrimonio.