Le mille storie dei Mille a Porto S. Stefano
Un convegno racconta particolari inediti della sosta all’Argentario. E il sindaco pensa già a ripeterlo
PORTO SANTO STEFANO. «Vedevamo lontano un villaggio, una torre svelta, sottile, lanciata al cielo: Talamone, villaggio toscano, sulle coste maremmane. Paese di povera gente! Carbonai e pescatori. La nostra discesa gli ha rallegrati. “Come si chiama quel monte là in faccia?” - “Monte Argentario”. “E quelle case bianche, mezzo tuffate in mare?” - “Porto Santo Stefano”. Con una veduta come questa sempre dinanzi agli occhi, dovete fare una bella vita! “Sì se si mangiasse cogli occhi. Ma... Basta... finché si campa!” Cosi mi diceva un giovane carbonaio, mentre seguitava a discorrere, per farmi dire a sua volta chi siamo, e dove andiamo; io pendeva, proprio pendeva, dalle sue labbra, bevendo il dolce della sua lingua e pensando al mio dialetto aspro».
A scrivere queste parole è Cesare Abba, uno dei Mille, nel suo libro “Da Quarto al Volturno”.
A parte il significato storico della fermata dei Mille a Porto S. Stefano, dove si rifornirono di carbone e acqua, elementi senza i quali non sarebbero mai arrivati a Marsala, le parole scritte dal garibaldino Abba, potrebbero essere considerate come il primo, moderno messaggio promozionale, a scopo turistico di Porto S. Stefano. Promozione non solo del paesaggio ma anche della lingua.
Sabato 12 maggio il Comune di Monte Argentario ha ricordato per il terzo anno consecutivo, con un convegno svoltosi nella sala consiliare del palazzo municipale di Piazza dei Rioni, la sosta di Garibaldi e dei suoi mille garibaldini a Porto S. Stefano.
È stato un convegno interessantissimo durante il quale sono affiorati molti particolari semisconosciuti della spedizione, giustificando così in pieno il titolo del convegno: “La spedizione dei Mille: La grande storia - le piccole storie”.
Hanno esposto le loro ricerche numerosi esperti della materia. Abbiamo così appreso che proprio mentre il Piemonte e il Lombardo erano alla fonda nella rada di Porto S. Stefano, Giuseppe Garibaldi dette forma e consistenza al suo piccolo esercito, ne formò le otto compagnie, nominò i loro comandanti e gli ufficiali, assegnò compiti e incombenze, distribuì armi e munizioni.
Anche a Porto S. Stefano si rivelò il carattere aspro di Bixio il quale grida ai barcaioli che vanno e vengono portando acqua: «Venti franchi al barile se me li portate prima delle 11. I barcaioli fanno forza di braccia e le barche volano». Lo possiamo considerare il “Palio Marinaro del Risorgimento ?”.
Ma pochi minuti prima Bixio aveva preso per il petto, il magazziniere che custodiva le chiavi del magazzino del Carbone strappandogliele di mano.
Ha raccontato episodi della spedizione dei Mille ma anche della vita di Garibaldi e di Anita, Costanza Buscaglione, per la quale l’impresa garibaldina fu “una faccenda di famiglia”, lei la pronipote di tre garibaldini. Ha presentato nuovi documenti provenienti da una famiglia inglese Luisa Montevecchi. Hanno svolto relazioni ricche di particolari inediti Raffaele Mallucci, Guido Palamenghi Crispi, Franco Tronca, Romano Ugolini, Solvi Stuping, Michele Cammarano.
Gianni Dotta, già amministratore delegato de Il Tirreno, ha illustrato la figura di Giuseppe Banti, uno dei Mille, fondatore de Il Telegrafo da cui discende in linea diretta il nostro giornale.
La manifestazione di sabato a detta del sindaco Cerulli, diventerà un evento fisso sia per volontà del Comune dell’Argentario che per quella di molti studiosi del risorgimento italiano. (r.w.)
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