Fiorentina, la stagione è cambiata in 15 minuti: il momento della svolta
Otto successi consecutivi come nel 59/60. E ora arriva l’Inter
FIRENZE. C’è tanta roba, troppa, dentro il secondo posto della Fiorentina (sì in compagnia di Atalanta, Inter e Lazio, ma è un elemento accessorio che non sposta la questione di un centimetro, anzi millimetro) per far finta di niente. Per far finta che finora non sia “successo” niente, che questo secondo posto sia frutto di una situazione contingente, perfino casuale, e come tale non ritenuta veritiera. E domenica 1 dicembre – fischio d’inizio alle 18 – arriva l’Inter.
Solida realtà
E invece no. Invece siamo ormai a dicembre, di mesi di campionato ne sono già trascorsi più di tre che hanno lasciato dietro in eredità tredici partite e quindi non c’è trucco e non c’è inganno: la Fiorentina vale il secondo posto e da quello ha un orizzonte differente da quello che poteva immaginarsi quando tutto è cominciato. Forse, completamente differente. Intanto, ci sono numeri che qualificano il percorso fatto dalla squadra di Palladino e lo rendono inattaccabile dal dubbio: 28 punti conquistati, 27 gol segnati (meglio hanno fatto solo Atalanta con 34, Inter con 31 e Lazio con 28), appena 10 al passivo (terza difesa in assoluto dietro a Juventus con 7 e Napoli con 9), soprattutto 8 vittorie di fila e in casa viola non accadeva addirittura dalla stagione 1959-60 (domenica contro l’Inter, tra le altre cose di una partita che mette già in fibrillazione Firenze e i tifosi viola, De Gea e compagni andranno all’assalto del record assoluto), sesta gara chiusa mantenendo la porta inviolata e valore nel valore per la quinta volta in trasferta, Kean vice-capocannoniere con 9 gol.
Ritmo da sogno e identità
Numeri impressionanti, per certi versi incredibili, e che non possono non confermare l’assioma di partenza. Specie considerando che nemmeno dicono tutto. Non raccontano, ad esempio, la caratteristica che probabilmente è alla base dei risultati della Fiorentina: l’identità di squadra. Raggiunta in tempi brevi, cambiando sistema di gioco nell’intervallo della partita contro la Lazio, perché abbandonare il 3-4-2-1 che non funzionava e affidarsi al 4-2-3-1 che ha dato le certezze prima inesistenti, ha favorito la svolta.
La svolta
Fondamentale è stato il confronto con i calciatori proprio tra il primo e il secondo tempo con i biancocelesti e bravo è stato Palladino a non impuntarsi e a scegliere un’altra strada tattica. Da quel momento, la Fiorentina è diventata una squadra: certo non solo per il cambio di modulo, però da lì è iniziato tutto. Da allora, la formazione viola ha ottenuto 25 punti in 9 gare sui 27 disponibili, quella con Lazio passata da 0-1 al 45’ al 2-1 al 90’ ovviamente compresa, per ribadire l’importanza di scegliere un altro sistema. Identità di squadra si diceva: che significa modo di giocare che non varia al variare degli avversari e sempre con un’idea precisa in testa da portare avanti. Un’idea di nome concretezza: la Fiorentina concede poco (4 gol subìti sempre nel periodo preso in esame dalla Lazio in poi) e ottiene tanto (22 gol segnati) con un saldo positivo che mette paura. Agli avversari. Ma l’identità corale e frutto di identità individuale, perché ogni calciatore sa benissimo che cosa fare e come farlo. Ogni calciatore calato perfettamente dentro una squadra che di volta in volta Palladino ha mutato poco se non pochissimo: altro segreto non segreto dei risultati, perché gli undici della formazione si possono recitare ormai a memoria o quasi come si faceva con le grandi formazioni del passato recente e non. E allora De Gea il fenomeno, Dodo che sembra un altro calciatore rispetto all’anno scorso, Comuzzo che si è meritato la convocazione di Spalletti in Nazionale, Adli e Cataldi coppia perfetta a centrocampo, Bove inventato esterno alto, Sottil rilanciato, Beltran prezioso come l’oro. E Kean: basta la parola. Dove può arrivare la Fiorentina? Qual è l’obiettivo da fissare? Due interrogativi che non hanno ancora risposta, ma i numeri sì che in questo caso un indizio lo danno.