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Ex Convitto della Calza, indagine del Comune: sospetti di attività ricettiva mascherata da spa

di Redazione Firenze
Ex Convitto della Calza, indagine del Comune: sospetti di attività ricettiva mascherata da spa

A Firenze la polizia municipale indaga sull’ex Convitto della Calza, ufficialmente centro benessere con foresteria ma al centro di segnalazioni per un via vai di turisti con valigie. Nel mirino ristorante, insegne e possibili irregolarità urbanistiche: il Comune accelera i controlli e valuta sanzioni

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FIRENZE. All’ex Convitto della Calza, a Porta Romana, da settimane l’andirivieni di turisti con valigie ha il passo tranquillo di chi entra in hotel. Ma ufficialmente, lì dentro, non dovrebbe esserci nessun hotel. Solo una spa – un centro benessere con piccola foresteria annessa – autorizzata per un uso “direzionale”, non ricettivo. È da questa frizione tra carta e realtà che parte l’indagine avviata dalla polizia municipale, dopo una pioggia di segnalazioni sui social e da parte dei residenti.

«Appena sono arrivate le prime comunicazioni, abbiamo chiesto controlli immediati», ripete la sindaca Sara Funaro, quasi a rivendicare un metodo: niente zone grigie, niente “tolleranze creative”. Gli agenti hanno osservato per giorni il via vai dal portone dell’antico complesso religioso. L’impressione, netta, è che la foresteria accessoria sia diventata molto più di un accessorio: un’attività ricettiva piena, con prenotazioni on-line, clienti in arrivo e bagagli al seguito.

La sindaca insiste: «Non accettiamo attività fuori norma. Gli uffici verificheranno tutto e, se ci sono irregolarità, scatteranno i provvedimenti dovuti». Una frase che suona insieme promessa e avvertimento, soprattutto mentre Firenze tenta di contenere la pressione turistica sul centro storico. Più esplicita ancora è l’assessora all’Urbanistica, Caterina Biti. «È in corso un’azione investigativa, e da quanto emerge alcune violazioni appaiono evidenti», dice. L’elenco è lungo e annotato con precisione: il ristorante interno non sarebbe ammissibile nella destinazione direzionale; e persino nel caso lo fosse, la struttura non risulterebbe in possesso della licenza di somministrazione. Non solo: l’insegna affissa sulla facciata – un bene culturale vincolato – richiederebbe un’autorizzazione paesaggistica che non risulta concessa.

La relazione della municipale, già trasmessa agli uffici tecnici, alimenta il quadro. La direzione edilizia ha aperto un procedimento che si chiude il 21 novembre, data in cui saranno raccolte le memorie dei gestori e disposti ulteriori controlli sul progetto originario. Un passaggio chiave per blindare gli atti in vista di eventuali sanzioni. «Devono essere provvedimenti solidi, inattaccabili», sottolinea Biti. Sul tavolo resta anche la questione del Cin, il Codice Identificativo Nazionale delle strutture ricettive: «Non è pensabile che sia lo stesso per attività differenti», afferma l’assessora. Un dettaglio tecnico, certo, ma rivelatore: a Firenze, dove ogni trasformazione pesa sugli equilibri del centro storico, i dettagli non sono mai soltanto dettagli.

La vicenda del Convitto della Calza diventa così un test politico e amministrativo. Un caso che misura la capacità del Comune di far rispettare le regole, ma anche di rispondere al senso diffuso – e crescente – che tra autorizzazioni, destinazioni d’uso e turismo di lusso qualcuno giochi una partita parallela. E che la città, alla fine, rischi di scoprirlo solo guardando le valigie passare davanti a un portone antico.

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