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Firenze

L’analisi

Firenze, nel dossier Moody’s l’ombra del debito Alia. E se l’acqua uscisse dalla multiutility? Il portale Orbis e i rischi finanziari. La replica dell’azienda

di Mario Neri
Firenze, nel dossier Moody’s l’ombra del debito Alia. E se l’acqua uscisse dalla multiutility? Il portale Orbis e i rischi finanziari. La replica dell’azienda

Il report che spiega perché non si può scorporare Publiacqua da Plures. Leva finanziaria elevata, margini operativi minimi, indicatori in “zona rossa”: rischio default concreto. Il servizio idrico garantisce liquidità e rating: senza Publiacqua, la holding perderebbe equilibrio

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FIRENZE C’è una tabella in un report di Bureau van Dijk, società di analisi finanziaria del gruppo Moody’s, che racconta più di cento dichiarazioni politiche. Tre caselle rosse crocettate in fondo a un file Excel accompagnato da una scheda illustrativa finora rimaste top secret, disponibile solo agli addetti ai lavori: tre indicatori che insieme descrivevano la solidità finanziaria di Alia Servizi Ambientali Spa prima della nascita della Plures.

Il documento - aggiornato al 2024, sui bilanci 2023 - collocava le gambe finanziarie della partecipata-pilastro della multiutility toscana nella cosiddetta "zona rossa", quella che nel linguaggio della finanza indica un’area di vulnerabilità economica, prossima a un rischio di crisi se non si interviene con nuove entrate o capitali freschi.

L’analisi

L’analisi di Bureau van Dijk, braccio operativo e tecnologico del colosso del rating, fotografa una società solida dal punto di vista industriale, ma fragile nella leva finanziaria. Con un debito che nel corso degli anni è cresciuto senza sosta, con un rapporto fra esposizione bancaria e ricavi passato dall’11,6% del 2014 al 36,6% del 2023. Margini operativi positivi, ma insufficienti a ripagare in tempi brevi la massa debitoria perché l’indice sui ricavi è dello 0,63%, da zona rossa appunto, così come l’efficienza del capitale investito (0,17%) o una troppo bassa resilienza finanziaria all’aumento dei tassi (3,13%). Alia dava ancora garanzie di solvibilità per la solidità patrimoniale ma la costola di Moody’s già un anno fa segnalava un rischio bancarotta elevato su tre indicatori: Ebit/ricavi (il range fra solvibilità e bancarotta è fra 6,7% e -9%), Ebit/attivo (range fra 2,66% e -33,13%) e Ebitda/oneri finanziari (range fra 19,92 e -7,62%). Motivo? Si torna sempre lì: i debiti. A fine 2023 l’indebitamento netto sale a 672 milioni, quasi mezzo miliardo in più dell’anno prima. Una crescita in parte tecnica - +447 milioni dal consolidamento di Estra - ma reale nei flussi: +60 milioni vanno in investimenti e capitale circolante. Insomma, è un equilibrio instabile, soprattutto perché il margine lordo è basso: 137 milioni. Nel linguaggio dei rating: debito 4,9 volte la capacità di generare cassa. Nel 2024 il gruppo si allarga ad altre partecipate pubbliche con la multiutility e respira: il margine lordo va a 351 milioni, l’indebitamento a 836 milioni, il rapporto crolla a 2,04x. Cosa è successo? Dentro quei numeri c’è un cuore che batte più forte degli altri: Publiacqua. Tradotto: oggi Alia, diventata multiutility, vive su un equilibrio sottile, sorretto da investimenti imponenti e da una liquidità che dipende anche - e forse soprattutto - dal contributo del comparto idrico.

Zona rossa

Nel linguaggio di Orbis, la piattaforma di Bureau van Dijk, la "zona rossa" non è bancarotta, ma una soglia di allarme strutturale. Significa che l’azienda è solida nell’operatività quotidiana, ma esposta finanziariamente: poco margine per nuovi debiti, poco ossigeno per imprevisti. Il problema, si capisce leggendo i dati nell’analisi, non è tanto l’efficienza - Alia investe, cresce, differenzia - quanto la dipendenza dai flussi del gruppo della grande multiutility toscana che integra rifiuti, energia e acqua. Anche perché Alia, sotto la guida dell’ad Alberto Irace, in 10 anni ha aumentato i costi di produzione facendoli passare dai 134 milioni del 2014 ai 493 del 2023, mentre i ricavi sono passati da 143 a 495 milioni, ma grazie soprattutto a un incremento del valore immobiliare di 97 milioni. È qui che la politica bussa alla porta dell’economia. Se davvero, come sostiene parte dell’ala Schlein del Pd, l’acqua dovesse essere "ripubblicizzata" e scorporata da Pluires, quel flusso verrebbe meno. E con esso, la colonna che regge la struttura finanziaria del gruppo.

Dipendenza dall’acqua

Nel 2024, secondo i dati consolidati, Publiacqua ha generato oltre 11 milioni di utili, con margini industriali doppi rispetto al settore ambientale. È la "benzina" che alimenta la macchina Plures e ne regge la reputazione sui mercati del credito. Senza quel flusso, la multiutility resterebbe con la parte più onerosa - i rifiuti, le discariche, la logistica ambientale - e perderebbe la parte più liquida, quella che garantisce ritorni costanti e prevedibili. Nel report di Orbis, il rischio è riassunto in un grafico essenziale: rischio generale intermedio e una matrice di rischio con più driver in fascia critica (area rossa) su redditività e copertura. Una cifra che, tradotta in linguaggio politico, suona così: togliere l’acqua significa mettere la multiutility a rischio creditizio.

Gli scenari

Tre, oggi, gli scenari. Il primo: tenere Publiacqua dentro Plures, come vuole la sindaca Sara Funaro, ma trasformandola in una società "in-house" a controllo pubblico come chiede un fronte di 14 sindaci. In questo modo l’acqua resterebbe formalmente pubblica, ma la finanza della multiutility non collasserebbe. Il secondo: scorporarla, creando una società idrica autonoma e del tutto pubblica. Politicamente puro, economicamente esplosivo. Il terzo: una soluzione mista, con Plures che ricompra qualche quota di Acea mantenendo però la gestione consolidata, anzi quasi quasi recupera il vecchio progetto dello sbarco in borsa. È la via "riformista", che occhieggia ai privati. Qualunque scelta passerà dai numeri, non dagli slogan. E i numeri, per ora, dicono che Alia cammina in equilibrio tra sostenibilità e tensione.

La holding scudo?

C’è chi, dentro e fuori il Pd, comincia a chiederselo apertamente: non sarà che la multiutility sia nata proprio per proteggere Alia dai suoi stessi numeri? Nel 2022, quando prese corpo l’idea della multiutility, le strategie di comunicazione parlavano di sinergie e di efficienza. Ma sul piano economico l’operazione serviva anche a consolidare sotto un’unica holding una società esposta, e a diluire nel tempo il suo indebitamento crescente. In quella logica, la multiutility doveva essere uno scudo finanziario, capace di assorbire i debiti di Alia grazie ai profitti dell’acqua e dell’energia. Ora, se lo scudo perde il suo metallo più prezioso - Publiacqua - il rischio è che resti solo la corazza, senza la forza per reggere l’urto.

La lezione dei numeri

Bureau van Dijk traccia dati da manuale di analisi creditizia. Ma dietro c’è una questione politica che riguarda la Toscana e il suo futuro industriale: si può davvero fare acqua pubblica dentro un sistema che vive di finanza? Nel frattempo, i grafici di Moody’s restano lì: una tabella con caselle rosse che tagliano il foglio Excel e ricordano che la sostenibilità, come l’acqua, è una questione di pressione.

La replica di Alia

Pubblichiamo una richiesta di rettifica di Alia in merito all’articolo pubblicato giovedì 30 ottobre dal titolo “Nel dossier Moody’s l’ombra del debito di Alia”. Prendiamo atto che la società ritiene «prive di coerenza metodologica» tabelle e informazioni contenuti in un report generato dal portale di Bureau Van Dijk, compagnia del gruppo Moody’s leader mondiale nella distribuzione di informazioni economico-finanziarie. Secondo la fonte «la classe di rating, il credit score e la probabilità di default sono calcolati basandosi su una rigorosa metodologia di analisi quantitativa sviluppata da KF Economics e sulla base dell'ultimo bilancio disponibile (era il bilancio 2023, ndr) ed hanno una validità di 24 mesi dalla data dell'ultimo bilancio».

In merito all’articolo pubblicato dal quotidiano Il Tirreno dal titolo ‘Nel dossier Moody’s l’ombra del debito Alia’, Plures Alia ritiene necessario chiarire con la massima nettezza che il contenuto del pezzo presenta una ricostruzione confusa, fuorviante e priva di fondamento tecnico. Non esiste alcun “dossier Moody’s” dedicato ad Alia, come invece si evince dal titolo, né tantomeno un documento riservato contenente valutazioni negative sui conti della società. I dati richiamati dal giornale provengono in realtà da una banca dati commerciale, l’istituto Van Dijk – oggi parte del gruppo Moody’s – conosciuto in Italia come AIDA. Questa piattaforma raccoglie dati pubblici di bilancio e può generare, attraverso moduli informatici automatici, alcune proiezioni statistiche. Si tratta tuttavia di elaborazioni algoritmiche standardizzate, non di giudizi analitici, né di valutazioni creditizie emesse da Moody’s o da altri analisti finanziari qualificati.

Le informazioni e le tabelle riportate nell’articolo, oltre a non essere riconducibili a un documento ufficiale, appaiono prive di coerenza metodologica: i valori numerici e gli indicatori di rischio (‘tre X’) non derivano da formule di calcolo riconosciute né da criteri trasparenti. Inoltre, la tabella pubblicata contiene soglie di default che non collocano Alia in tale classe in nessuno degli indicatori citati: in tutti i casi l’azienda si colloca al di sopra delle soglie di rischio indicate. In diversi casi gli indicatori di Alia, pur migliori delle soglie di rischio, vengono rappresentati impropriamente in area rossa, generando una percezione errata di fragilità finanziaria.

Abbiamo richiesto al giornale copia del rapporto da cui affermano di aver tratto tali dati, ma finora non ci è stato fornito. È opportuno ricordare, inoltre, che il 2023 è l’anno della fusione societaria, e che in quella fase il bilancio non includeva ancora la partecipazione in Publiacqua. Per altro il bilancio 2023 di Alia ha previsto il consolidamento integrale di Estra a partire dal secondo semestre. Di conseguenza il bilancio 2023, in linea con quanto previsto dai principi contabili, dà una rappresentazione non coerente tra misure economiche (Ricavi, Ebitda, etc.) e patrimoniali (Attivo, Pfn, etc.) che possono condurre ad una visione distorta se non sottoposte ad un’analisi critica e che tenga conto della dovuta diligenza. Il confronto degli stessi indicatori riportati dal quotidiano, esaminati lungo la serie storica, mostra un miglioramento netto rispetto agli esercizi precedenti, aspetto che l’articolo omette completamente. Un’analisi comparativa sui pari settore, tratta anch’essa dalla banca dati

Van Dijk, evidenzia inoltre che i principali indicatori economico-finanziari di Alia risultano mediamente migliori rispetto alla mediana del campione. Plures Alia ribadisce che i propri bilanci sono pubblici, certificati e depositati, e che l’andamento economico e patrimoniale è consultabile da chiunque abbia competenze adeguate a interpretarli correttamente. La Società dispone di un solido merito creditizio in linea con i peers di mercato, più volte confermato dalle autorevoli controparti che la finanziano. L’articolo in questione, al contrario, confonde banche dati con valutazioni di rating, numeri contabili con giudizi di merito, offrendo un quadro privo di senso logico e finanziario. Un’operazione giornalistica condotta in questi termini non solo travisa la natura delle fonti, rivelandosi scarsamente attendibile, ma lede la reputazione dell’azienda generando un danno.

Plures Alia si riserva pertanto ogni azione a tutela della propria immagine e del proprio buon nome.

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