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Fiorentina, il pari non basta: Pioli in bilico, la curva esplode

di Redazione Firenze
Fiorentina, il pari non basta: Pioli in bilico, la curva esplode

Rimonta con il Bologna e contestazione finale: «Serve gente che lotta». Il tecnico: «Dimostrata la voglia di combattere». Kean ci mette la faccia: «Impariamo da questa gara, tiriamo fuori le pa...»

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FIRENZE. La Fiorentina si aggrappa a un rigore di Moise Kean per restare viva. Un 2-2 acciuffato in extremis contro il Bologna che vale un punto, ma non cancella i fischi del Franchi né la sensazione di una squadra smarrita, fragile e ormai lontana da sé stessa. «Abbiamo dimostrato di voler lottare fino alla fine», ha detto Stefano Pioli a caldo, provando a difendere l’orgoglio di un gruppo che, però, continua a scivolare in un vortice da cui non riesce a uscire.La Viola evita l’ultimo posto solo per differenza reti, ma la classifica parla chiaro: la crisi è profonda.

Il pari, arrivato con due rigori nel finale, non basta a placare la rabbia dei tifosi, che dopo il triplice fischio hanno rivolto cori durissimi verso squadra e società. "Vogliamo gente che lotta", "Se andiamo in B vi facciamo un c... così", urlano dalla curva Ferrovia, mentre i giocatori, a testa bassa, si avvicinano al settore. Contestato anche il d.s. Pradè, simbolo di un mercato giudicato insufficiente e di una gestione che sembra aver perso la bussola. Pioli, sempre più in bilico, prova a resistere alle scosse.

«L’aspetto mentale va fortificato - ha spiegato - Siamo una squadra che ci crede, ma dobbiamo trovare equilibrio. Possiamo fare meglio in tante situazioni». Parole di circostanza, dietro cui si nasconde un’inquietudine crescente: la Fiorentina non vince da cinque gare, ha la peggior difesa del torneo e un centrocampo che non riesce a costruire. «Mi aspettavo di più dai centrocampisti - ha ammesso l’allenatore - Il Bologna è stato più aggressivo, ha vinto troppe seconde palle». Nel suo sguardo c’è la consapevolezza che il tempo sta scadendo. La società, almeno per ora, conferma, ma le prossime due gare (contro Lecce e Milan) potrebbero essere decisive per il futuro del tecnico. Intanto Firenze ribolle: la squadra non convince, l’identità di gioco è sparita e il Franchi non perdona.In questo scenario, il volto più pulito è quello di Kean, autore del 2-2 e di parole che suonano come una chiamata alla responsabilità.

«Dovevamo impattare meglio la partita - ha detto -. Ci siamo svegliati tardi, ma dobbiamo imparare da questa gara. Io credo in questa squadra, nella società e in Firenze. Ora sta a noi tirare fuori le palle». Una dichiarazione diretta, quasi ruvida, ma che racchiude lo stato d’animo di chi sa che non basta più reagire per orgoglio: serve un cambio di passo vero.

La cronaca racconta di una Fiorentina partita bene, poi crollata sotto i colpi di Castro e Cambiaghi, e infine capace di rimontare solo grazie ai rigori di Gudmundsson e dello stesso Kean. Nel mezzo, paura, confusione e una difesa che continua a concedere troppo. E alla fine, quando Dodò calcia a lato a porta vuota al 96’, lo stadio capisce che la serata può trasformarsi solo in un pareggio amaro.

I segnali sono chiari: il gruppo è vivo ma senza certezze, Pioli predica calma ma le crepe si moltiplicano. La squadra ha smarrito la fluidità che era il suo marchio, e senza ritmo né idee, anche l’attacco finisce isolato. Le parole del tecnico sulla «voglia di lottare» non bastano più: servono punti, gioco e risposte immediate. Il Franchi, intanto, rumoreggia. Non è più un mugugno, ma un dissenso organizzato. Firenze ha sempre difeso i propri allenatori quando ha percepito coraggio e appartenenza, ma stavolta la pazienza è finita. Il pari col Bologna salva solo la classifica, non il clima. Il rischio, per Pioli, è che il prossimo passo falso possa trasformare l’attesa in decisione

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