Il Tirreno

Firenze

Sanità in Tribunale

Firenze, infezione scambiata per tumore: bambino diventa tetraplegico - Maxi risarcimento da 3,7 milioni di euro

di Pietro Barghigiani
Firenze, infezione scambiata per tumore: bambino diventa tetraplegico - Maxi risarcimento da 3,7 milioni di euro

Meyer condannato a pagare, due interventi alla testa inutili e dannosi. Infezione cerebrale confusa con una neoplasia

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FIRENZE. Un’infezione cerebrale scambiata per un tumore. Per due volte hanno creduto di combattere una neoplasia che in realtà non c’era con una risposta chirurgica invasiva e dannosa su un bimbo con problemi di epilessia che all’epoca degli interventi aveva, la prima volta, poco più di un anno e la seconda 4 anni. Q uelle operazioni distruttive potevano essere sostituite con una cura farmacologica.

Non aver percorso quell’approccio medico di cautela e di conoscenza ha inciso sulla salute del bimbo, che ora ha 16 anni, trasformandolo in un tetraplegico in stato vegetale con un’aspettativa di vita che al massimo arriverà a 40 anni.

Accertata con una consulenza medica la responsabilità dei sanitari che dal 2010 al 2013 ebbero in cura e operarono il bimbo, il Tribunale di Firenze (giudice Roberto Monteverde) ha condannato l’ospedale Meyer a risarcire il ragazzo, i suoi genitori e il fratello maggiore (assistiti dagli avvocati Mauro Cini e Maria Grazia Pisanu di Prato) con oltre 3,7 milioni di euro comprese le spese legali. Nel calcolo del risarcimento è stato inserito anche il danno riflesso subìto dai familiari costretti a privarsi di «una normalità e serenità nei rapporti quotidiani» con il loro secondogenito segnato a vita dagli errori in cui sono incappati più sanitari nei due accessi al Meyer.

Il bimbo era stato colpito da un’encefalite erpetica, ma venne curato e operato come se dovessero rimuovere un tumore. La consulenza medico condivisa dal Tribunale attribuisce ai medici l’ipotesi errata «di una natura tumorale della lesione cistica mentre non fu presa in minima considerazione l’ipotesi che potesse trattarsi di un esito della pregressa encefalite erpetica». Nel corso della causa è stato stabilito che, prima di procedere all’intervento, i sanitari avevano la possibilità di approfondire il quadro clinico e d’imaging attraverso un appropriato raccordo anamnestico (pregressa encefalite erpetica) e strumentale (elettroencefalogramma e precedente risonanza magnetica).

In occasione del ricovero di aprile 2012 in Neurologia Pediatrica del Meyer i sanitari, «pur prendendo atto dell’esame istologico relativo al materiale chirurgico prelevato in occasione dell’intervento di asportazione della lesione del polo temporale sinistro, dimostrativo di esiti di encefalite, inspiegabilmente esclusero ancora una volta una probabile correlazione con la pregressa encefalite e programmarono invece un nuovo intervento neurochirurgico di craniotomia, ancora più invasivo del precedente, evidentemente nella convinzione a tale momento di risolvere soltanto in questo modo l’epilessia da cui era affetto il piccolo. La decisione di intervenire chirurgicamente con un intervento altamente aggressivo e demolitivo fu dunque presa anche questa volta in modo superficiale».

Il bimbo fu sottoposto per due volte a interventi neurochirurgici in assenza di una precisa diagnosi e soprattutto senza una adeguata informazione ai genitori anche riguardo alla estrema incertezza diagnostica. La Ctu chiarisce che «un più probabile quadro di esiti di pregressa encefalite erpetica rendevano più indicata la prosecuzione della terapia farmacologica in atto, rispetto al trattamento chirurgico invasivo e altamente destruente come quello eseguito il 26 luglio 2013». Il ragazzo non ha più percezioni fisiche o cerebrali con il mondo esterno. Loro, genitori e fratello, hanno dovuto convivere con un abisso di dolore quotidiano che, perizie psichiatriche agli atti, ha stravolto le loro vite. «Per tutta la loro vita contempleranno consapevolmente le – più o meno consapevoli – sofferenze del figlio – si legge nella sentenza – . Ogni gesto di assistenza e di amore nei suoi confronti potrà essere suscettibile di trasformarsi in una emorragia di sofferenza psichica per la coscienza della perduta normalità e serenità ed infine, nel tempo, sempre più si preoccuperanno ed angustieranno per il futuro del figlio quando verrà meno la loro possibilità di assisterlo, ponendo ardui problemi materiali ed esistenziali al fratello. Di tutto ciò, di tale irreversibile perdita del bene vita “serenità” e di quella “normalità” devono essere risarciti». l


 

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