Il Tirreno

Il processo

Uccise il genero a fucilate, confermato l'ergastolo per Antonino Fedele - Ai domiciliari col braccialetto

di Claudia Guarino

	I carabinieri al podere di Vada in cui nel 2023 è stato ucciso Massimiliano Moneta
I carabinieri al podere di Vada in cui nel 2023 è stato ucciso Massimiliano Moneta

Vada, sentenza d'appello ma la difesa annuncia il ricorso in Cassazione. L’84enne è fuori dal carcere a causa delle condizioni di salute

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ROSIGNANO. Confermato in toto il giudizio di primo grado (quindi l’ergastolo per omicidio premeditato) con trasformazione del carcere in arresti domiciliari a causa delle precarie condizioni di salute. Si è espressa così la Corte d’Appello nei confronti di Antonino Fedele, già imputato per l’omicidio dell’ex genero Massimiliano Moneta e condannato al carcere a vita in Corte d’Assise. La difesa, da parte sua, ribadisce la tesi secondo cui il colpo di fucile poi risultato mortale sarebbe stato accidentale e, aspettando di conoscere le motivazioni del secondo grado di giudizio, annuncia il ricorso in Cassazione.

I fatti

Al centro del processo ci sono i fatti 11 aprile 2023 quando Massimiliano Moneta arriva insieme al suo avvocato al podere dell’ex suocero Antonino Fedele. I due parlano fino a che si allontanano in direzione dell’agrumeto e durante il tragitto Fedele avrebbe detto all’ex genero, secondo quanto da lui stesso riferito in sede d’interrogatorio, «di accettare 200mila euro e di andarsene lasciando in pace sua figlia (Moneta era andato incontro a un processo per molestie nei confronti della moglie, ndr). Ma lui non ha voluto». Fedele prende quindi il fucile da caccia («lo tenevo carico per i cinghiali») e spara al genero. Una volta, poi una seconda. Infine fugge. L’imputato – difeso dagli avvocati Roberta Giannini e Riccardo Melani – ha sempre sostenuto di aver voluto sparare il primo colpo alle gambe mentre, nel secondo caso, il colpo all’addome sarebbe «partito».

Il primo grado

Una versione, questa, che non ha convinto la Procura secondo cui, anzi, in primo grado ha contestato anche l’aggravante della premeditazione sottolineando come «Fedele potesse nutrire rancore nei confronti di Moneta». Secondo il pm, inoltre, sulla presunta sicura al fucile che Fedele avrebbe voluto inserire invece di sparare il secondo colpo «è stato contraddittorio» e, peraltro, «non emerge pentimento». La Corte d’Assise, d’altra parte, in primo grado ha sposato la tesi dell’accusa condannando l’imputato all’ergastolo con l’aggravante della premeditazione.

L’appello

Giudizio, questo, che è stato confermato anche in Appello. Fedele (84 anni), d’altra parte, è stato destinato ai domiciliari e munito di braccialetto elettronico a causa delle precarie condizioni di salute. La difesa ribadisce la sua tesi sottolineando, in sostanza, che Fedele non avrebbe sparato per uccidere e, dunque, che l’omicidio non sarebbe stato premeditato. Il caso, adesso, passerà dal terzo grado di giudizio.

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