Crisi del turismo, l’albergatore di lusso: «Viareggio ha un grande futuro, anche senza visitatori italiani»
Dai fasti del passato culturale al turismo internazionale di qualità: Riccardo Ratti, proprietario del Grand Hotel Royal, racconta come Viareggio si sta reinventando in un’epoca di turismo invasivo
VIAREGGIO. Tutti si lamentano per il turismo invasivo. Da Venezia a Lucca, da Firenze a Pisa, maree di visitatori improvvisati invadono città e marine. Sono una piaga, si lamentano ristoratori, albergatori, tassisti. E a Viareggio in questa lunga, caldissima estate? Che qualità ha il turismo in Versilia?
È tempo di fare una riflessione e la facciamo con un espertissimo frequentatore abituale, il milanese Riccardo Ratti, proprietario del Grand Hotel Royal che ancora una volta è tornato a fare vacanza nel prestigioso, storico albergo che appartiene alla sua famiglia dagli anni venti quando un suo avo, Francesco Bertazzoni lo acquistò dalla famiglia Nelli e lo rese celebre ospitando il primo glorioso premio letterario “Viareggio”.
«Noi – dice Ratti – abbiamo al Royal l’ottanta per cento di clienti stranieri: inglesi, tedeschi, svizzeri, austriaci e solo il venti per cento di clientela italiana. Negli anni Ottanta era l’inverso. Gli italiani erano in larga maggioranza. Ma oggi gli italiani fanno le vacanze nei luoghi esotici, oppure acquistano le case in Versilia e vengono in agosto. Però non ci lamentiamo, la nostra clientela ce la procuriamo con un duro lavoro invernale presso i tour operator in Europa e i risultati si vedono».
Nella bellissima hall dell’hotel scorazzano intere famiglie: dai nonni ai bimbetti. C’è chi viene qui da cinquant’anni, si parlano tutte le lingue del continente. Però non c’è Luigi Pirandello, non c’è neanche Benito Mussolini che frequentò il Royal per una sola notte eppoi scappò via a Riccione perché la figlia Edda, sposata con Ciano, qui sulla spiaggia fumava e indossava il bikini: un affronto all’icona della donna fascista.
Ratti gestisce alberghi in ogni dove, da Milano a Napoli. Ha il polso dell’industria turistica. «Viareggio – dice – è la mia preferita. Grazie a questa amministrazione comunale si è anche abbellita parecchio. Eppoi siamo a mezz’ora dall’aeroporto di Pisa, a due passi da Lucca e Firenze. Il turista che soggiorna a Viareggio può godere del mare ormai ripulito dalle meduse e della contigua pineta. Da noi la cucina è raffinatissima, si usa soprattutto carne, gli stranieri non scelgono il pescato, esigono un buffet mattutino ricchissimo e dopo fanno un tuffo in piscina. Pronostico per Viareggio un grande futuro».
Be’, dalle torrette del Royal si gode davvero uno spettacolo straordinario: si vedono, in giornate di luce particolare, le lontane isole toscane, il golfo di La Spezia, Livorno e qualche volta addirittura la Corsica. «Perfino la passeggiata – aggiunge Ratti – adesso è quieta. La musica nei bar cessa a mezzanotte, i negozi consentono acquisti anche di sera. Tutto è praticabile anche per le passeggiate in bicicletta».
E i pendolari? Dalla stazione sciamano migliaia di ragazzi a pancia nuda che, senza mai consumare neppure un caffè, invadono la spiaggia libera. Sono il presente che esplode solo nei sabati e nelle domeniche. Negli altri giorni i bagni sono semivuoti o almeno lo sono stati in luglio. «Però i grandi alberghi – dice Ratti – non possono lamentarsi». Alla pop star Jennifer Lopez per una notte in suite sembra siano stati richiesti cinquemila euro. Ma ha trovato per sé e lo staff anche camere a molto molto meno. Il Royal, ad esempio, ha un lusso moderato, nostalgico, vi regna un’atmosfera da anni trenta e non a caso piacque a poeti come Ungaretti e Montale e a un regista cult come Quentin Tarantino: lampade, poltrone, tappeti, scalinate, dipinti liberty, sono rimasti quelli che scelse Bertazzoni, un imprenditore illuminato che seppe ospitare Leonida Repaci e il “Viareggio” per anni accogliendo maestri come Neruda e Buzzati, Zavattini e Longhi, Guttuso e Piovene.
Io, da ragazzo, assistetti ad una vera scazzottata tra Leonida Rèpaci e Pier Paolo Pasolini ai piedi del bellissimo scalone di ingresso del Royal, perché allora, negli anni sessanta, per la cultura ci si batteva a sangue.
Oggi tutto è misurato. La cultura sceglie la Versilia per qualche ora eppoi scappa via. Vi erano a Viareggio sette cinema e almeno sei gallerie d’arte. Vi era il mitico teatro Politeama di Enrico Pea e l’Eden di Ermete Zacconi. Ma la nostalgia, i bei tempi, non fanno incassi ed allora bisogna offrire agli ospiti altre suggestioni: belle camere, belle terrazze, belle piscine.
Già direttore del Grand Hotel Royal e ora consulente di prestigio, Marino Patruno, è il trait d’union con il passato. Ricorda quando Dario Fo qui si sposò, ricorda le riprese di “Domenica in”, ricorda quando si svolse “Europacinema” (ora si fa a Lucca).
Ma Ratti è ben contento del presente: Viene a Viareggio a godere con occhio amorevole la sua creatura d’oro, il Royal, a ragionare sul turismo che è il sangue nutriente, l’industria portante del territorio. Anche per questa attuale stagione, dice a concludere, è andata meglio. Si passa oltre, mai riposarsi sui successi del passato glorioso.