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Dall’abate del fosso al ciclista fantasma: quanti misteri a Viareggio e dintorni

di Stefano Pasquinucci
Villa Enedina nel 1930, dove secondo la leggenda volavano i fantasmi
Villa Enedina nel 1930, dove secondo la leggenda volavano i fantasmi

Novelle e leggende metropolitane costellano la memoria popolare versiliese. Segno di una terra fantasiosa che sa creare personaggi e racconti senza tempo

02 settembre 2024
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Eccolo Settembre, con i suoi colori, le luci e le temperature miti (speriamo) che dovrebbero essere aperitivo di autunno. Qualche foglia saluta il suo ramo e, se si alza il vento, strade e marciapiedi accolgono l’atterraggio dei pinugliori che, una volta, di questi giorni, venivano raccolti e custoditi in varie zone della città per il rito delle baldorie, in programma il 7 settembre. Tradizione che si rinnova e si tramanda da oltre un secolo, nata in omaggio alla Vergine Maria che fece cessare l’epidemia di colera che colpì la città nel 1854. Oggi la festa, perché di festa si tratta, è un’altra cosa. Spariti i pinugliori, i barocci, le balle di iuta, sparite molte delle baldorie storiche, resiste quella del Varignano, ma la gestione dell’evento è sempre più complessa e complicata. Peccato, perché le notti illuminate dalle “minonne” sono occasione di ricordo, condivisione e partecipazione.

Fatta questa premessa, veniamo all’argomento di questo mese; misteri viareggini, intesi come episodi, racconti, leggende, esperienze a cui, spesso, è difficile credere, ma che rappresentano un affascinante legame col passato che ci portiamo dentro. E allora, mettetevi comodi, accendete la luce, spegnete il cellulare e leggete quanto vi sto per raccontare, potreste spaventarvi. Paura...? Iniziamo veloci con il fantasma della torre Matilde, presenza oscura che terrorizzava i curiosi che si addentravano al suo interno. Spirito di un pescatore andato per mare in cerca di fortuna ma che per via di una tempesta non ritornò o quello del guardiano della torre ammalato di peste? Chissà.

C’è, poi, Nerin Nerone, lo spirito dell’antico imperatore romano, protagonista di una novella popolare che vuole che dopo l’uccisione della madre Agrippina fosse fuggito da Roma, trovando riparo in una grotta nei dintorni del Lago di Massaciuccoli. Non sapeva, però, che la donna prima di morire gli avesse lanciato una maledizione: che fosse colpito da un fulmine a ciel sereno. Così quando, dopo qualche giorno nella grotta, Nerone decise di uscire approfittando della bella giornata di sole, all’improvviso fu colpito da un fulmine e morì. Un giorno il pescatore Michele, che aveva gettato la lenza nel lago da una barchetta, sentì strattonare la sua canna. Gli apparve davanti Nerone: enorme, spaventoso. Terrorizzato, arrivò a nuoto sino alla riva, dove si salvò.

Un racconto popolare, invece, come racconta Gabriele Levantini, narra di un frate che andava predicando la Buona Novella fermandosi spesso a pregare lungo il bordo di un canale. Si innamorò di una fanciulla che passava sempre da quelle parti. E lei lo ricambiava. I due intrecciarono una relazione, ma dopo una lite la ragazza per vendicarsi sparse ai quattro venti la notizia del loro legame peccaminoso. Non sopportando la vergogna, il frate si gettò nel canale, che da allora si chiama Fosso dell’Abate. Stessa vicenda della “Bimba che aspetta”, del resto, racchiude in se tanti aspetti misteriosi che avrete ascoltato in una delle vostre visite al cimitero comunale. Troviamo, inoltre, la Vecchia della Burlamacca, cattivissima, che ancora oggi, nelle notti senza luna, qualcuno afferma di vedere, dalle parti del molo, in camicia da notte.

Numerosi sono i fantasmi avvistati nelle antiche case del centro nel corso dei secoli fino ai giorni nostri. Talvolta finiti addirittura sulle pagine di cronaca locale, come quando nel 2012 e 2013 diverse persone affermarono di aver visto sul lungomare, e talvolta averci parlato, lo spettro di una donna dell’800.

Una storia dallo schema classico, se ci riferiamo ai fantasmi. Vedere o incontrare qualcuno che non dovremmo o potremmo vedere. Successe a Vittorio, una persona che conosco e che in passato mi raccontò di quando lavorava al camposanto della Misericordia. «Una mattina, con un mio collega, appena aperto l’ingresso, notammo una signora vestita strana che se ne stava appoggiata allo stipite di una cappella gentilizia. Facemmo per andarle incontro, ma lei era scomparsa. Allora ci avvicinammo al loculo e, con nostra grandissima sorpresa, riconoscemmo la signora in una foto. Era deceduta negli anni 20. Rimanemmo di sasso, ancora oggi siamo sicuri che non fosse un allucinazione e penso che essendo noi energia sia possibile un fenomeno del genere».

Esperienze ed episodi assai diffusi che, in qualche modo, fanno parte delle leggende metropolitane. Ne scrive anche Cesare Calamandrei nel suo piacevolissimo libro “Guarda ancora nel buio. Tredici storie della Viareggio Misteriosa”, editoriale Olimpia. Tra le pagine c’è la donna vestita di bianco che passeggia in via Roma e l’incredibile esperienza di una signora di Pisa a cui, di ritorno dall’ospedale di Pietrasanta, si fermò la macchina sull’Aurelia, all’altezza delle curve di Motrone. Pioveva, era buio. C’era un’officina, ma era già chiusa. A questo punto decise di suonare il campanello di una casa d’angolo e chiedere di poter fare una telefonata. Fu accolta da madre e figlia che, visto il brutto tempo, offrirono anche ospitalità per la notte. La signora dormì tranquillamente e, al mattino, salutate le ospiti attese il marito che la venisse a prendere. Una settimana dopo, dovendo tornare a Pietrasanta, pensò bene di andare a ringraziare le due donne portando loro una pianta. Nessuno, però, rispose al campanello. Non rimaneva che chiedere informazioni alle abitazioni vicine. La risposta le fece venire i brividi: “Le donne che lei descrive sono morte in un incidente diversi anni fa e da allora la casa è abbandonata”.

A guardare ancora nel buio di Calamandrei troviamo, poi, le leggende (oggi ridimensionate dai documenti e dalle ricostruzioni dell’Associazione Terra di Viareggio) che ruotano attorno alla zona della Ex Casa del Fascio e di Villa Enedina con morti misteriose, strane apparizioni e fenomeni incomprensibili. La casa gotica in darsena, la valigia del Gerarca o le strane foto scattate nella zona di Massaciuccoli da Bianca Maria Scirè, moglie di Franco Anichini.

E per finire, ma potremmo stare ore a raccontare misteri, ecco “L’allucinante amore del fantasma di Viareggio”, una storia che ho rintracciato in una vecchia rivista. La racconta la protagonista che ha un nome e un cognome: Rita Tomei. Ha trentacinque anni, è nubile, vive a Viareggio con la mamma. Inizia tutto otto anni prima, una notte di autunno, in un sogno durante il quale gli “appare” un bel ragazzo in divisa militare. Pedala tranquillo sulla sua bici e... parla: “Sono morto in guerra nel 1945 e sono sepolto nel cimitero di Camaiore. Da tredici anni ti cercavo e, finalmente, ti ho trovata. Una donna ti guiderà alla mia tomba”. Una donna che, effettivamente, appare in quel sogno, ma che la signora Tomei non conosce e non capiva perché si fosse materializzata nel corso di quella storia così strana. Del resto cosa c’è di più strano e, spesso, inspiegabile dei sogni? Sarà stata la curiosità o chissà cos’altro, per farla breve il giorno dopo Rita e la mamma fanno la cosa più logica nell’illogicità della storia; vanno al cimitero di Camaiore. Ad accoglierle la custode che, ma guarda un po’, assomiglia moltissimo a quella donna sognata poche ore prima. Senza grandi speranze, ma con una irresistibile curiosità, Rita Tomei descrive il soldato in bicicletta e la donna, senza pensarci un minuto, risponde: “È Pino, venite con me!”. Arrivati alla tomba, Rita guarda la foto sulla lapide e sviene. Il bel ragazzo era lui, quello del sogno. Come era possibile? Rita, prima di quel giorno, non aveva mai messo piede nel cimitero di Camaiore. Mistero che non finisce qua. Passano otto anni – è sempre Rita Tomei che scrive – e succede che la madre di un caduto, Matilde Da Torre Prandi che vive a Nuova (è scritto proprio così) York, che non aveva mai sognato il suo ragazzo Giuseppe, caduto nella primavera 1945 combattendo con la V Armata, vede apparire il figlio che le dice: “Mamma, vai in Italia a conoscere una ragazza che è diventata la mia ragazza otto anni fa”. La donna scrive alla custode del cimitero e viene a conoscenza del fatto straordinario che era accaduto. Parte per l’Italia. “Così, ora, è arrivata da Nuova York per potermi conoscere, secondo la preghiera del figlio” – conclude Rita Tomei – confessando di non avere una spiegazione a quanto accaduto, dichiarandosi sconvolta, ma confessando che a quel bel “fantasma” si sta affezionando davvero. Buona notte e sogni d’oro.
 

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