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Viareggio, ecografia urgente ma all’Asl non c’è posto prima del 17 settembre: «Avevo un’appendicite grave, potevo morire»

di Donatella Francesconi
Viareggio, ecografia urgente ma all’Asl non c’è posto prima del 17 settembre: «Avevo un’appendicite grave, potevo morire»

L’odissea di un’insegnante in vacanza in Versilia che alla fine si è rivolta a un privato per effettuare l’esame prescritto dal medico. La replica dell’Azienda sanitaria: «Se aveva una urgenza avrebbe dovuto passare dal Pronto soccorso»

24 agosto 2024
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VIAREGGIO. Si è conclusa in ospedale, con un intervento chirurgico per una brutta appendicite, la storia della signora Giovanna, in vacanza a Viareggio, alla ricerca di una ecografia addome prescritta entro 72 ore e possibile solo il 17 settembre. Una vicenda che ha visto la donna – una insegnante – chiamare la polizia di Stato al Tabarracci e la Azienda sanitaria replicare che alla signora «sono state offerte delle disponibilità, che però non sono accettate dall’utente». La donna, dal letto dell’ospedale Versilia dove si trova ricoverata dopo essere stata operata, spiega: «Se avessi aspettato le date che mi erano state proposte – una a settembre inoltrato e l’altra addirittura a febbraio ad Arezzo – sarei senz’altro morta».

La donna ha fatto ricorso a un privato per eseguire l’ecografia prescritta dal medico e «dalle risultanze dell’eco è venuto fuori che avevo un’appendicite, poi divenuta perforante e operata d’urgenza ieri da splendidi medici dell’ospedale Versilia a cui va il mio grazie».

Un percorso, quello della ricerca di una ecografia da effettuare attraverso la sanità pubblica, che la signora aveva intrapreso anche per evitare di intasare il Pronto soccorso che – è la stessa Asl a ricordarlo spesso – non deve essere considerato la strada breve per esami diagnostici senza attesa. Ma è la stessa a Asl a spiegare al Tirreno: «Al Cup del Tabarracci avevano detto che se c’era un’urgenza era meglio andare in Pronto soccorso».

Il lungo percorso a caccia di una riposta per i dolori che accusava, racconta la signora Giovanna, era iniziato in realtà attraverso la Guardia medica: «Avevo provato più volte a chiamare ma il telefono non era attivo. Allora mi sono presentata alla sede della Guardia medica al Tabarracci dove mi hanno confermato che il telefono non funzionava. Da lì sono uscita con la prescrizione di un anti dolorifico». L’ipotesi iniziale, che aveva portato a prescrivere la necessità di una ecografia, era che il malessere della signora fosse dovuto a una colica renale.

Una vicenda tortuosa che mostra proprio quanto non vi siano strade per affrontare le emergenze che non siano quella che porta ai Pronto soccorso. E che racconta quanto ancora c’è da fare per evitare che – in cerca di salute – il cittadino finisca per fare la fine della falena che sbatte e ri-sbatte nella lampada senza trovare l’uscita.

Nel replicare alle difficoltà incontrate dalla signora nel rapporto con la sanità territoriale, la Asl ha messo in evidenza come «a seguito delle successive offese della donna, il personale di sportello ha provveduto a inoltrare la segnalazione di “episodio di violenza verbale sul luogo di lavoro”».

Ma Giovanna non ci sta: «A parte la minorata capacità fisica, visto che stavo malissimo, nessuno ha aggredito nessuno. Io e i miei familiari abbiamo, esasperati, protestato, in maniera assolutamente civile e usando solo il nostro sacrosanto diritto di critica precisando sempre, che esprimevamo una nostra opinione relativamente a molte modalità e servizi secondo noi illegittimi che venivano applicati in quel Cup».


 

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