Il Tirreno

Versilia

Causa in Tribunale

Forte dei Marmi, dipendente delle Poste licenziata per un bonifico

di Pietro Barghigiani
Forte dei Marmi, dipendente delle Poste licenziata per un bonifico

L’operazione effettuata dalla consulente finanziaria nonostante il no del suo superiore

21 maggio 2024
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 FORTE DEI MARMI. Licenziata per un bonifico che non doveva fare. Un’iniziativa personale quella della consulente finanziaria di un ufficio postale messa in pratica nonostante il no del superiore che nell’estate 2023 le è costato il posto. Una decisione estrema, quella del licenziamento in tronco, che il Tribunale di Lucca ha ribadito respingendo il ricorso dell’ex dipendente – di origini massese e in organico a Poste Spa dal 2005 al luglio 2023 – con ultimo incarico nella sede di Forte dei Marmi. Un licenziamento per giusta causa che il giudice Antonia Libera Oliva ha ritenuto legittimo visti i comportamenti tali da rendere evidente, a suo dire, il venir meno del rapporto di fiducia della consulente finanziaria con il datore di lavoro.

Lei, la licenziata che aveva già avuto due richiami per alterchi in ufficio, si è difesa sostenendo che si era quasi sentita in obbligo di autorizzare il bonifico di 27mila euro (il limite del contratto era di 15mila euro annuali) su un conto della Thailandia dove si trovava il titolare della PostePay Evolution. Lui all’estero aveva mandato il fratello in posta per fare l’operazione. «Se non l’avessi fatto avrebbero fatto causa all’azienda», ha sottolineato la consulente al giudice sottolineando che, comunque, il bonifico non venne revocato e che non ci furono danni per Poste Spa. Tesi respinte dal Tribunale.

Il cliente dell’ufficio postale aveva ricevuto diversi rifiuti alla richiesta di fare il bonifico al fratello che in Thailandia aveva urgenza di poter disporre di quella somma per poter uscire dal Paese asiatico. Allora ci aveva pensato di sua iniziativa la consulente finanziaria a sbrigare la pratica. Sostenendo di aver parlato al telefono con la direttrice, in quel periodo in ferie, e di aver ricevuto un via libera all’operazione, la consulente il 22 giugno 2023 aveva eseguito il bonifico da 27mila euro nonostante il no assoluto del vicedirettore espresso anche di fronte a diversi impiegati.

«L’ordine di tale bonifico riporta la firma del titolare della carta ma “non presente fisicamente in ufficio” e, inoltre, il questionario di adeguata verifica rafforzata del cliente persona fisica, che è stato prodotto in automatico con l’operazione, non riporta la firma dell’ordinante del bonifico, nonché titolare della PostePay Evolution – si legge nella sentenza –. Risultano inoltre mancanti le copie del documento d’identità e del codice fiscale del titolare della carta, da allegare al questionario di adeguata verifica, come previsto dal manuale in attuazione della normativa antiriciclaggio». Il fratello aveva firmato per il titolare della Poste Pay Evolution.

L’aver disatteso l’ordine del superiore di non procedere con il bonifico «appartiene al novero di quelle gravissime violazioni del vincolo fiduciario e del patto negoziale che impediscono la prosecuzione del rapporto di lavoro e giustificano il licenziamento», scrive il giudice. E poco importa se non ci sono stati danni concreti per Poste Spa. «Questo rischio, infatti, richiamato dallo stesso datore di lavoro nella lettera di contestazione, non va valutato in termini di concretezza (in termini, cioè, di effettivo danno arrecato), bensì nell’ottica di potenzialità e prevenzione: ebbene, tale potenzialità, nel caso di specie, non può essere negata, sub specie di danno alla serietà e all’immagine della società che sembrerebbe propensa ad eseguire operazioni non consentite – anzi vietate sotto molteplici profili», prosegue la sentenza in cui si sottolinea il ruolo di responsabilità della licenziata considerato che le «valutazioni di equilibrio sono tanto maggiormente esigibili da dipendenti che abbiano un inquadramento professionale più elevato nel contesto aziendale, proprio come nel caso della ricorrente, e che debbano essere in grado di percepire il disvalore eclatante di determinate condotte del lavoratore e le relative conseguenze».

Proprio perché ricopriva un ruolo apicale avrebbe dovuto sapere che quello che aveva fatto era sbagliato. Di qui il licenziamento in tronco. l




 

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