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Inverno demografico

La Versilia è sempre più anziana: la maggior parte degli abitanti ha 55/60 anni

La Versilia è sempre più anziana: la maggior parte degli abitanti ha 55/60 anni

L’età media di chi vive qui è superiore a quella nazionale che è pari a 47 I dati choc dell’Istat, le parole del Papa agli Stati generali della natalità

12 maggio 2024
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Molti immigrati se ne andranno altrove, qualche bambino ricomincerà a nascere, ma non basterà a pareggiare i conti dell’inverno demografico. Se i giovani, tanti giovani, sono il segnale di una società più libera perché costruita sulla speranza (che banalmente si nutre di servizi alla persona, scuole, asili, sanità), le terre di Versilia, il loro entroterra, la Toscana in genere, saranno a corto di speranza – e di libertà – da qui a un decennio. E la tendenza è a scendere in una grigia previsione del futuro che arriva oltre al 2040.

È l’aspettativa degli italiani tutti, non solo nostra. Ma è bene, per la Toscana, scendere nel dettaglio con la forza di un esempio. Se l’età media dell’Italia, che sta per espugnare al Giappone il titolo di paese più vecchio al mondo, è di 47 anni, a Viareggio è di ben il 48,7. E nel 2040 sfiorerà i 51. Un esempio fra i quasi trecento (uno a Comune) possibili e tutti allineati sulla stessa asticella.

La Lucchesia, in particolare è saldamente su questo binario (per dire, a Camaiore l’età media è oggi di 48,7 e sarà di oltre 51 fra 15 anni). L’invecchiamento, però, della città del Carnevale, che si vantava di trasformare le “matrone in ragazze” ed ha capovolto invece il suo tocco magico, rende bene l’idea per tutti.

Fin qui la cattiva notizia. La buona notizia è che la previsione è dell’algoritmo, il nuovo aruspice di una società che deve ancora decidere se l’intelligenza artificiale sarà un burattinaio o un servitore delle comunità umane. Ed è buona perché l’algoritmo, nella perfezione delle sue previsioni-profezie proiettate fino ai prossimi venti anni (e raccolte nel dossier “Esserci, più giovani più futuro” diffuso a Roma, agli annuali Stati generali della natalità) può sbagliare. Anche se si basa su dati reali che, letteralmente, mastica per eseguire il suo compito. Come gli indovini antichi fruga nelle interiora che gli vengono offerte. Vede chiaro ma non (sempre) giusto. E talvolta risponde, come ogni buon indovino, in base alle aspettative, o ai progetti, di chi gli pone le domande.

Tutto sta, ha detto a Roma un Papa che, in sedia a rotelle, è l’immagine della fragilità degli anziani, nella volontà di cambiare il finale. Se il libro non ci piace, prendiamolo in mano e riscriviamogli la trama. Se l’algoritmo preannuncia spopolamento fatale, povertà, coppie senza figli non per scelta ma per bisogno, un mondo che spreme le ultime gocce in un’“emorragia di vita” (parole sue), papa Francesco invita a dire “ma”, a fare obiezione. A dire “questo libro è sbagliato” (riassunto nostro, si spera rispettoso).

Gli Stati generali della natalità, appuntamento giunto al quarto anno all’Auditorium di via della Conciliazione, ogni anno con la presenza del Papa, è tornato a porre una questione sociale e non, come direbbe il Papa, ideologica. “Che tipo di mondo vogliamo”. Banalmente, si tratta di capire in cosa si vuole investire, in quale direzione si intende portare la comunità umana, dall’ultimo comune montano della Toscana fino all’Europa vecchia.

Non è un problema di buoni sentimenti o tifare per le culle piuttosto che per l’individualismo. «Il problema – spiega il Papa – non è in quanti siamo al mondo, ma che mondo stiamo costruendo; non sono i figli, ma l’egoismo, che crea ingiustizie e strutture di peccato, fino a intrecciare malsane interdipendenze tra sistemi sociali, economici e politici».

Lasciato il testo scritto, come fa spesso, il Papa ha ben chiarito quale sia una delle principali “strutture di peccato” che assorbe le risorse economiche ed umane del mondo, delle sue città, di ogni piccola comunità e di ogni singola famiglia obbligata, fin nelle piccole frazioni montane, a scegliere fra povertà o figli: “La fabbrica delle armi”, la più redditizia al mondo insieme, dice, a quella degli anticoncezionali. Non perde l’occasione Francesco per ricordare le conseguenze delle scelte di una comunità internazionale minacciata da riarmi parossistici che scrivono il futuro con l’enorme peso di una iperproduzione di armi sempre più sofisticate che reclamano guerra – e guerra eterna – per giustificare la loro esistenza. E legittimare, dunque, gli incredibili arricchimenti di pochissimi pagati con l’impoverimento, la sofferenza e la denatalità per tutti gli altri.

Una delle parole chiave di questi stati generali della Natalità, non a caso, è stata “libertà”. E il presidente della Fondazione Natalità, Gigi De Palo, si è lamentato che anche quest’anno il rumore delle polemiche abbia oscurato il punto del problema che riguarda il futuro di tutti e non uno scontro tra tifoserie. Il Papa, da parte sua ha chiesto “realismo, lungimiranza e coraggio”, alla politica ed alle persone. Davanti alla propagandata ineluttabilità della guerra ha detto che «la vita umana non è un problema, è un dono. Alla base dell’inquinamento e della fame nel mondo non ci sono i bambini che nascono, ma le scelte di chi pensa solo a sé stesso, il delirio di un materialismo sfrenato, cieco e dilagante, di un consumismo che, come un virus malefico, intacca alla radice l’esistenza delle persone e della società. Il problema non è in quanti siamo al mondo, ma che mondo stiamo costruendo».

Sempre fuori testo il Papa ha aggiunto, poi, un tema a lui caro. L’alleanza nonni-nipoti. Anziani e giovani. “La memoria ed il coraggio insieme”. La memoria immagina il futuro che richiede il coraggio di fare scelte “controcorrente”.

I dati Istat che hanno contribuito a formare il dossier “Esserci” sono, dunque, una profezia con le fondamenta nel passato ma un finale ancora da scrivere. Non è ineluttabile che a Viareggio, come a Camaiore, o Lucca, il gruppo di residenti più numeroso resti, come è ora, quello fra i 55 e i 60 anni e che debba arrivare, addirittura a vedere nel quindicennio a venire, l’ascesa del gruppo dei settantenni come presenza predominante.

Sempre l’Istat, fonte scientifica del dossier, ci avverte che queste statistiche sperimentali sull’invecchiamento e la natalità sono fortemente influenzabili dalla distanza delle persone dai servizi essenziali: ospedali, trasporti, asili nido, strutture assistenziali. Un fardello che sta travolgendo, fra i diversi livelli amministrativi, soprattutto i Comuni, in prima linea di fatto fra mille difficoltà e tagli di trasferimenti: per restare all’esempio di Viareggio i posti in asilo nido sono 365, solo cento dei quali per i piccolissimi. Ma i nati, i piccolissimi dunque, sono stati 346 nel 2024 e si sono aggiunti alla platea dei grandicelli che continuano ad aver bisogno del servizio. Questo per dare la misura dello sforzo, talvolta disperato, che viene richiesto ai Comuni in questioni che ricadono, però, sulla coesione e sul futuro dell’intera comunità nazionale.

Ma, forse, l’algoritmo, la cui logica interna a volte è difficile da comprendere per gli stessi addetti ai lavori che lo interrogano ci sta forse solo dando un ammonimento. Se Massa Carrara ha la maglia nera della natalità in Toscana (un figlio e poco più a donna in età fertile, nel linguaggio bruto della statistica, contro l’1,12 della media regionale), le cose non devono per forza continuare così. Sono in calo, ma ancora tanti, gli stranieri che nascono da queste parti, in testa cinesi, nigeriani, rumeni. Invecchiano anche loro, però, e l’algoritmo avverte che molti ripartiranno e non basterà una lievissima ripresa delle nascite a rimettere il conto in pari da qui al 2040.

Si tratta di scelte, in definitiva. Servizi alla persona: asili, bus, cure mediche, sostegno agli anziani, con lungimiranti politiche nazionali. O rassegnarci a considerare Viareggio – esempio fra i tanti Comuni toscani allineati nelle previsioni – in gara per il titolo di città fra le più vecchie al mondo. Con il rischio serio di salire sul podio.

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