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Carnevale di Viareggio, il vincitore Allegrucci guarda al record di quattro di fila: «Ma c’è da fare un carro...»

di Simone Pierotti
Carnevale di Viareggio, il vincitore Allegrucci guarda al record di quattro di fila: «Ma c’è da fare un carro...»

Il commento: «Dai Cinquini ai Lebigre, ce la giocavamo in tanti. Questo il mio carro più completo»

25 febbraio 2024
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VIAREGGIO. Quel titolo ispirato dal bestseller di Susanna Tamaro “Va’ dove ti porta il cuore” era pensato per Francesco e Bianca, i suoi due figli che adesso sono diventati adolescenti e si ritrovano al cospetto delle prime scelte difficili per la vita che verrà, e per i loro coetanei in generale. Eppure anche Jacopo Allegrucci ha ascoltato se stesso: il cuore gli diceva che quest’anno aveva fatto il carro più completo da quando è approdato in prima categoria. Il cuore gli aveva suggerito bene: Allegrucci è per il terzo anno consecutivo il vincitore della prima categoria. E già era un fatto storico che nella Fondazione Carnevale presieduta da Marialina Marcucci un carrista vincesse per due anni di fila, figuriamoci per tre, specie con tantissima concorrenza. Citando la sigla de "I cavalieri dello zodiaco": tutti decisi a vincere, ma solo uno alla fine potrà trionfar... E adesso il record di quattro vittorie consecutive detenuto da Arnaldo Galli e Renato Verlanti è lì a un passo. «Ehi, prima c’è da fare un altro carro», ribatte Allegrucci ridendo.


Dopo la lettura dei verdetti, è salito trionfante sul trattore e ha abbracciato i figli. Poi è sceso per le interviste di rito, non prima di stringere la mano a chi gli fa i complimenti o gli chiede addirittura un selfie, non prima di lasciarsi andare ad un lungo, struggente abbraccio con papà Vittoriano, suo prezioso collaboratore, «il più vecchio che ho, e quello che mi segue da più tempo».

Jacopo, un’altra vittoria, la terza consecutiva. Forse la meno scontata…

«Certamente, come mi era già successo nel 2019 c’erano tantissimi carri che potevano giocarsela: i fratelli Cinquini, i Breschi, Lombardi e i Lebigre-Roger. Però devo dire che ero convinto di aver portato sui viali a mare il carro più completo tra quelli con cui ho vinto».

Davvero? Tanti sostenevano il contrario.

«Sì, dicevano che fosse inferiore rispetto agli ultimi due che ho fatto. Invece per movimenti, colore e modellatura mi piaceva di più questo. Anzi, per la prima volta siamo arrivati più lunghi del solito con la conclusione dei lavori: il movimento basculante della valigia, o quello del ragazzo che si alzava in piedi su una gamba, erano particolarmente arditi, non a caso contavamo più di venti movimentisti. Mi piaceva, poi, questa composizione con il richiamo alle onde di Hokusai, l’orsacchiotto sulla valigia, le tre arpie: è venuto proprio come me lo immaginavo».

Se vogliamo, hai vinto con il carro più autobiografico dei quattro.

«L’idea è nata proprio in famiglia, pensando ai miei figli che ormai sono diventati grandi: lei ha già deciso dove andare alle superiori, lui non sa ancora cosa fare all’università (ride, ndr). Il tema è attualissimo e questo Carnevale si chiude in concomitanza con il secondo anniversario dallo scoppio della guerra in Ucraina: da genitore mi chiedo che mondo lasceremo ai nostri figli».

Ma come si vive l’ultimo corso con i favori del pronostico? Nei sondaggi su giornali e social eri il più votato.

«È una noia… O meglio: ovviamente sono contento quando il carro piace al pubblico. Diciamo che la tensione è altissima, a maggior ragione quando c’è tantissima concorrenza».

Della simbiosi fra carro e figuranti cosa ne pensi?

«Questa vittoria, al pari delle altre, è il risultato delle grandi professionalità su cui posso contare: Marco Pierini studia ogni anno delle belle coreografie, Anna Riccioni realizza dei costumi meravigliosi, e poi ci sono le truccatrici. Ormai siamo una grande famiglia. E naturalmente ci sono i movimentisti e i miei collaboratori, a partire da Gabriele Galli fino a Michelangelo Francesconi che, seppur impegnato nelle mascherate di gruppo, ci ha dato una mano anche quest’anno».

Perché sì, è proprio il caso di dirlo: squadra che vince non si cambia.
 

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