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Dalle sfilate di moda ai campi da coltivare Così la vita può svoltare a 60 anni

di Luciano Menconi
Dalle sfilate di moda ai campi da coltivare Così la vita può svoltare a 60 anni

Un residente speciale nel borgo di Seravezza, lo stilista Michele Rossi: la felicità è ad Azzano

25 novembre 2022
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SERAVEZZA. Dai lustrini delle sfilate parigine alla fatica della campagna, dalla frenesia del mondo della moda al ritmo placido della natura. Una traiettoria esistenziale davvero originale quella di Michele Rossi, stilista “apuoversiliese” che alla soglia dei sessant’anni ha deciso di cambiare completamente vita. Dopo avere vestito vip di tutto il mondo (suoi abiti sono stati indossati tra gli altri da Madonna, dalla Regina degli Emirati Arabi e dal dj Bob Sinclar) e collaborato con aziende come Moncler, Roy Rogers, Blanca e Flora Smith, ha deciso di distaccarsi – anche se non definitivamente – da creazioni e collezioni per dedicarsi alla terra.

La seconda vita di Michele Rossi è iniziata ad Azzano, il borgo della chiesa con il rosone attribuito a Michelangelo, incastonato nella vallata del Serra, lontano dal caos delle città anche se distante una ventina di minuti da Forte dei Marmi. È qui che Rossi si è trasferito, è qui che vive tutto l’anno coltivando grano e verdure, producendo confetture e conserve, vivendo lentamente assecondando il susseguirsi delle stagioni.

Se gli si chiede cosa lo ha spinto ad abbandonare quasi totalmente le stoffe per sporcarsi le mani nella terra risponde così: «La mani nella terra non si sporcano, anzi, come fanno quasi tutti gli animali, ci si puliscono. Nel mio caso, e penso in quello di molti altri che prima di me hanno fatto questa scelta di vita, la ragione fondamentale è e resta una sola: si va dove si viene chiamati o forse è meglio dire richiamati dalla natura, rendendosi conto che le sue creazioni (come nella moda) rispondono a una regola universale, ovvero che se lavori bene avrai buoni frutti di cui potrai cibarti. Diciamo che qui si salta un passaggio: invece di lavorare per guadagnare e poi con i soldi sfamarsi, qui lavorando bene mi posso sfamare direttamente, da solo. La mia scelta è stata estrema: vorrei raggiungere in pochi anni la quasi totalità della sussistenza alimentare. È chiaro che non arriverò mai a produrmi sale, caffè, zucchero ma molto del cibo che consumiamo giornalmente sì. Dal mio orto traggo una miriade di prodotti che trasformo in conserve alimentari in previsione dell’inverno e dei mesi di non raccolto».

Ortaggi, legumi ma anche grano. Anzi grani antichi. «È un progetto a cui tengo molto – spiega – ho chiesto ad amici e conoscenti del piccolo e incantevole paese in cui sono venuto a vivere di prestarmi appezzamenti di terre incolte, impegnandomi con loro a tenerle pulite e seminate a grano, mais e patate. Prodotti di cui questa montagna era piena. Ridare pulizia, ordine e frutti a questi campi mi rende felice, come quando un tempo finivo una collezione».

Ma perché ha scelto proprio Azzano? «Sinceramente non lo so perché alla fine ho scelto di venire a vivere qui piuttosto che in Lunigiana o in Garfagnana dove tra l’altro c’erano sindaci che si erano detti disponibili a garantire assistenza al mio progetto agricolo. Ma posso raccontare una breve storia che forse spiega tutto. Mi è capitato alcuni mesi fa: percorrendo la via della vallata del Serra, la via del Monte Altissimo, ho dato un passaggio a un vecchio signore, straniero, che faceva l’autostop. Salito in macchina ho chiesto se fosse qui in vacanza, lui mi ha risposto che veniva in questo luogo dove aveva conosciuto la moglie ormai deceduta fin dagli anni sessanta, perché questo un tempo era una sorta di paese hippy noto all’estero come un luogo magico. Qui, mi ha spiegato, si veniva da lontano in una località del torrente Serra chiamata Paradiso perché sembrava fosse carica di un’energia positiva che ti faceva stare bene. Beh, forse è quello che è successo anche a me, forse, mi piace pensarlo, anche io sono stato contaminato da questa energia positiva».




 

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