Il Tirreno

**Parlamento: risse, ceffoni e sputi, quando l'aula si trasforma in un ring**

29 maggio 2024
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Roma, 29 mag (Adnkronos) - "Ho pensato, adesso mi ammazza!". Chiara Moroni è una giovane deputata del Nuovo Psi nel lontano 2004, alla Camera si discute il Dl Alitalia. Contro di lei si avventa il leghista Davide Caparini, la deputata a momenti sviene: "Insulti talmente volgari, tutto quello che si può dire a una giovane donna!". Caparini ha l'adrenalina alle stelle dopo essere venuto alle mani con Roberto Giachetti (Margherita). "Siamo all'impazzimento", dice il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini. Caparini e Giachetti se la cavano con poco, ma Renzo Lusetti (Margherita) quel giorno finisce in infermeria dopo aver preso un pugno "da un deputato leghista". L'album del Parlamento è pieno di cronache di risse e colluttazioni varie. Spintoni, pugni, ceffoni, parolacce, gestacci e persino sputi, un 'pedigree' che farebbe impallidire una curva di un qualsiasi stadio. Nel 2008, per esempio, al Senato, il governo Prodi balla su numeri risicatissimi per la fiducia. Quando l'Udeur Nuccio Cusumano annuncio il suo sì, il collega Tommaso Barbato è una furia: "Pagliaccio, traditore, venduto", con tanto della gesto della pistola. Barbato ha sempre smentito ma diversi senatori nei paraggi raccontano: "E' arrivato e ha sputato in faccia a Cusumano". In quel momento, tra i commessi che faticano a tener l'ordine, Cusumano avverte un malore, sviene e viene portato via in barella. Delle collutazioni di cui è protagonista Vittorio Sgarbi si è perso il numero. L'ex vice ministro alla Cultura vanta anche il record, nel periodo del Covid, di venir portato fuori dal'aula di peso dai commessi per essersi rifiutato di parlare con la mascherina. Lo scontro tra Francesco Storace e Mauro Paissan, siamo nel '94, è rimasto agli atti più per la forza delle parole che quella nelle mani: "Quella checca di Paissan mi ha graffiato con le sue unghie laccate di rosso, ma io non l'ho toccato! Vi sfido a trovare le mie impronte digitali sul suo culo!", dichiara Storace al termine di una seduta davvero agitata a Montecitorio. Gustoso, correva l'anno 2002, l'acceso confronto tra l'allora capogruppo di An Ignazio La Russa e Ciriaco De Mita: sul giustizialismo, i due in aula se le danno (verbalmente) di santa ragione. Ma De Mita è una furia e fuori dall'aula solo i commessi evitano il corpo a corpo: "Fascista eri, fascista rimani!", urla l'esponente Dc. "Meglio fascista che ladro!", la lapidaria replica di La Russa. Ma in Parlamento alle mani sono venuti un po' tutti. Nel 2018 si discute di manovra, il sempre mite Emanuele Fiano (Pd), spalleggiato dal collega Enrico Borghi, assalta i banchi del governo. Una volta di fronte al vice ministro Massimo Garavaglia, Fiano lo prende a fascicoli di emendamenti in testa. I due poi di riconcilieranno, dopo le scuse dell'esponente dem. Nel 2015, i deputati Gianni Melilla e Donatella Duranti risultano "lievemente feriti" in un referto dopo una sessione notturna in cui la Camera si trasforma in un ring: 13 espulsi, tra cui (tra i più 'accesi') i 5 stelle Di Battista, Ruocco e Bonafede. Nel 2010 l'aula discute il Ddl della ministra Giorgia Meloni per il sostegno alle comunità giovanili. Il tema, stranamente, è divisivo e dopo una rissa in aula Franco Barbato (Udeur) riporta un "trauma contusivo della regione zigomatica e all’occhio destro”. A 'stenderlo', con un pugno, il Pdl Carlo Nola. Non rientra propriamente nella categoria delle risse ma resta storica l'immagine, in un Senato in tumulto, di Nino Strano che il 24 gennaio del 2008 stappa una bottiglia e mangia mortadella per festeggiare la caduta del governo Prodi. La madre di tutte le battaglie in Parlamento, e non solo, è però quella per la legge 'Truffa' del '53. "Volano anche i cassetti", titola la Domenica del corriere parlando di "tumulti al Senato". Le cronache parlamentari riportano davvero di tutto: "Mentre il presidente Ruini proclamava i risultati del voto, volò una tavoletta che lo colpì alla fronte", dichiara Pietro Ingrao. Il quale, alla Camera, si presenta con la testa sanguinante per una "secca randellata" presa da un poliziotto negli scontri intanto scoppiati a via del Tritone tra manifestanti e forze dell'ordine. Al momento del voto, "dai banchi volava giù di tutto e il governo abbandonò l’aula". Unico a resistere, riportano sempre i resoconti, il sottosegretario Giulio Andreotti, in piedi sui banchi del governo con un cestino sulla testa.
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