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Ryanair contro la tassa municipale: «Va cancellata anche in Toscana». Ecco dove vanno a finire i soldi

di Danilo Renzullo
Un volo Ryanair
Un volo Ryanair

Nei nostri aeroporti vale 6,50 euro su ogni biglietto emesso dalle compagnie: «Limita lo sviluppo degli scali e il turismo»

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PISA. L’appello è senza troppi giri di parole. «È una tassa occulta, l’addizionale municipale va eliminata». Punto. Anzi, no. Perché Ryanair non ha intenzione di mettere il punto su una battaglia che ha inaugurato qualche mese fa, quando il Friuli-Venezia Giulia ha deciso – dal primo gennaio – di cancellare la cosiddetta addizionale comunale sui diritti di imbarco, un’imposta che grava sui passeggeri del trasporto aereo. Da un minimo di 6,5 euro, applicato anche negli scali toscani, ai 9 euro di Venezia, la più cara, passando dai 7,5 euro degli aeroporti romani agli 8,5 euro di Napoli: un rincaro su ogni biglietto acquistato che «limita lo sviluppo aeroportuale e, di conseguenza, i flussi turistici», accusa Fabrizio Francioni, head of communications Italy di Ryanair. «La Toscana – aggiunge – dovrebbe fare come il Friuli: cancellare l’addizionale e fare pressioni sul governo affinché l’Italia, unico Paese al mondo ad applicarla, la elimini. Dalla Toscana ci aspettiamo attenzione per chi investe e genera turismo e lavoro».

Un appello – quello rilanciato dalla principale compagnia low-cost in Europa – recepito la scorsa estate dalla Calabria, che ha deciso di “detassare” dal primo agosto i passeggeri in partenza dagli scali Lamezia Terme, Reggio Calabria e Crotone, e spinto la Sardegna ad inaugurare un percorso per eliminarla dagli aeroporti regionali.

La storia

Istituita nel 2004 per ripagare i Comuni dal danno causato dal rumore degli aerei, l’addizionale in origine ammontava a 1 euro per ogni biglietto acquistato. Due anni dopo è lievitata a 2,5 euro, a 4,5 euro nel 2008 e, infine, a 6,5 euro nel 2012, con la facoltà concessa agli enti locali, grazie a norme a favore dei Comuni in dissesto economico, di incrementarla senza alcun limite. Da piccolo benefit per i Comuni aeroportuali si è trasformata in una tassa statale. Nelle casse dei Municipi finisce infatti ben poco. Anzi, quasi nulla.

La ripartizione

Perché dei 6,5 euro pagati da un singolo passeggero all’atto dell’acquisto del biglietto, più della metà (3,5 euro) finisce all’Inps, per finanziare la Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali (Gias), lo strumento finalizzato agli interventi assistenziali dell’Istituto previdenziale; 50 centesimi sono destinati al servizio antincendio negli aeroporti, 1,5 euro va al Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale e parte del restante euro (almeno sulla tariffazione minima) va ai Comuni che ospitano sul proprio territorio un aeroporto, che devono però dividere l’introito con l’Enav e con le strutture degli scali attivi nella sicurezza aeroportuale.

Quanto vale

Nel primo anno di applicazione, l’addizionale comunale ha generato circa 50 milioni di euro di gettito, lo scorso anno – con l’aumento dei passeggeri e l’incremento dell’importo – ha sfiorato i 700 milioni di euro. Risorse, però, che finanziano misure estranee al settore che ha spinto qualche mese fa anche Assaeroporti a lanciare un appello al Parlamento e al governo a «rivedere urgentemente l’intero quadro normativo» puntando «ad una progressiva riduzione dell’imposta su tutti gli scali italiani, a partire da quelli più piccoli». «L’obiettivo – la proposta – è di portare la tassa a 2,5 euro nell’arco di cinque anni, conservando le sole quote riservate al Fondo del trasporto aereo, rivelatosi fondamentale durante la crisi pandemica, e ai Comuni aeroportuali». Una tassa ritenuta ormai estranea al settore e che rischia di deprimere il mercato.

La polemica

«L’addizionale municipale è un freno allo sviluppo del settore aeroportuale e dei flussi turistici e pone il sistema italiano in una posizione di svantaggio rispetto al resto dell’Europa», aggiunge Francioni. Ma non solo. Perché sul mercato nazionale «regioni come la Toscana sono svantaggiate rispetto alla Calabria e al Friuli-Venezia Giulia che hanno deciso di eliminare la tassa» in quanto «le compagnie aeree hanno interesse ad investire in quei luoghi dove la tassazione è minore, attraendo così turismo e generando posti di lavoro». L’azzeramento dell’addizionale municipale garantirebbe secondo Ryanair investimenti per oltre quattro miliardi di dollari a livello nazionale da parte della compagnia low-cost. «Con l’eliminazione della tassa ci impegniamo a basare 40 aeromobili in più negli aeroporti italiani, ad aprire 250 nuove rotte con un aumento stimato di 20 milioni di passeggeri e a generare tra diretti e indiretti almeno 1.500 nuovi posti di lavoro – conclude Francioni –. Dalla Toscana ci aspettiamo attenzione per chi investe, connette la regione a decine di altri Paesi e genera migliaia di posti di lavoro».

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