La guida
L’industria delle armi e la natura monopolista intrinseca al capitalismo
Protezionismo, tassi alti e volatilità
Ecco le riflessioni dei lettori pubblicate sull’edizione cartacea di domenica 18 agosto, nella pagina dedicata al filo diretto con il direttore de Il Tirreno, Cristiano Marcacci. “Dillo al direttore” è l’iniziativa che permette alle persone di dialogare direttamente con Cristiano Marcacci, attraverso il canale WhatsApp (366 6612379) e l’indirizzo mail dilloaldirettore@iltirreno.it.
_____________________________________________________________________________
di Alessandro Volpi *
Siamo di fronte ad un capitalismo profondamente contraddittorio. Gli Stati Uniti durante le ultime presidenze hanno intrapreso politiche doganali fortemente protezioniste per evitare l'ingresso di merci a basso prezzo, in particolare dalla Cina. Questo comportamento ha contribuito a far ripartire l’inflazione dalla primavera del 2021, spinta al contempo dalle speculazioni sui prezzi attraverso gli strumenti della finanza derivata che hanno scommesso sul rialzo dei prezzi. La risposta a tale inflazione è stata l'aumento dei tassi della Federal Reserve che ha certamente favorito i grandi detentori di liquidità, a cominciare dalle principali società di gestione del risparmio, in grado di spingere in alto i prezzi dei titoli delle società di cui sono azioniste e dunque di dare origine ad una colossale bolla a tutto vantaggio della ricchezza finanziaria e a totale discapito dei redditi da lavoro.
Questo capitalismo, dai tratti assai perversi, ha usato i dazi raccontandoli come strumento di difesa della produzione, e del lavoro nazionale, ma poi ha coltivato, e continua a coltivare, politiche monetarie restrittive totalmente funzionali al monopolio dei super fondi che utilizzano gli alti tassi per eliminare ogni possibile concorrenza e per finanziarizzare completamente l'economia del mondo occidentale attraverso continue bolle. In queste condizioni protezionismo e tassi alti sono due facce della stessa strategia che ha cancellato qualsiasi traccia di mercato e ha rivelato l'intima sostanza monopolistica del capitalismo. Di questa orami evidente trasformazione del capitalismo in una forma di monopolio è possibile un esempio di natura generale. C’è un dato evidente nelle turbolenze finanziarie delle ultime settimane.
La volatilità non ha interessato i titoli relativi a società che producono armamenti. Si tratta di azioni che in un paio di anni hanno conosciuto una straordinaria lievitazione. In altre parole nessuno ha il coraggio di scommettere contro i produttori che sono finanziati dal sistema bancario e grandi fondi. Naturalmente su questa tendenza influisce il fatto che la spesa militare globale ha raggiunto i 2.300 miliardi di dollari, a cui vanno aggiunti altri 500 miliardi legati alle spese “aerospaziali”. Quasi 3.000 miliardi di dollari, in costante crescita, per poco meno del 40 per cento speso dagli Usa a favore di proprie aziende finanziate con la dollarizzazione. Gli Usa sono anche i principali esportatori di armi insieme a Francia e Germania, che hanno visto lievitare la loro spesa del 14 per cento. In sintesi cresce la spesa pubblica in armi a vantaggio di aziende possedute dai grandi fondi, che beneficiano così dell’ennesimo monopolio.
* Università di Pisa