Meloni, ecco perché i suoi successi sono soltanto “presunti”
La narrazione governativa fa acqua
Ecco le riflessioni dei lettori pubblicate sull’edizione cartacea di domenica 23 giugno, nella pagina dedicata al filo diretto con il direttore de Il Tirreno, Cristiano Marcacci. “Dillo al direttore” è l’iniziativa che permette alle persone di dialogare direttamente con Cristiano Marcacci, attraverso il canale WhatsApp (366 6612379) e l’indirizzo mail dilloaldirettore@iltirreno.it.
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di Marco Susini*
Se fossi Giorgia Meloni non mi sentirei affatto galvanizzato dai "presunti" successi che sta mettendo in cascina. Effettivamente il centrodestra sta marciando come un bulldozer sul cammino delle riforme costituzionali con una performance che nel giro di pochi giorni gli ha permesso di approvare la legge sull'autonomia differenziata e un primo step del cosiddetto “premierato forte”. Eppure, la premier dovrebbe riflettere seriamente sulle tante voci dissonanti levatesi nel Paese a proposito del combinato disposto autonomia\premierato.
L'autonomia appare come una sorta di "pasticciaccio brutto" che evidentemente Meloni ha dovuto subire "obtorto collo" sotto il ricatto della Lega. Contro una riforma che cristallizza le sperequazioni sociali ed economiche tra le diverse aree italiane e frena in modo eclatante la crescita del Sud, si sono levate le critiche durissime di tanti amministratori meridionali, a cominciare dal presidente della Calabria, Occhiuto, che con parole semplici ha osservato che «non è pensabile far gareggiare nella stessa corsa una Ferrari e una Panda». Analoghe preoccupazioni, anche se con toni più paludati, sono state espresse da autorevoli esponenti del clero e dalla Conferenza episcopale italiana (Cei).
Infine, un report della Commissione Europea ha bollato quel provvedimento come un vero e proprio rischio per la coesione e la stabilità finanziaria del Paese. Se queste, dunque, sono le premesse della legge Calderoli, non è difficile ipotizzare che il referendum abrogativo annunciato dalle opposizioni possa avere buone possibilità di successo. Anche la riforma del premierato sembra proprio non garantire affatto la stabilità e l’efficienza del sistema. Non vorrà dire nulla che il modello propinatoci dal Governo non esiste in nessun altro Paese del mondo? Che il fior fiore dei costituzionalisti abbia sposato l'appello di Liliana Segre contro il premierato giudicandolo «un sistema ibrido, né parlamentare, né presidenziale, mai sperimentato nelle altre democrazie»? Anche sul piano internazionale la prosopopea della premier che fino a ieri incensava «il ritrovato prestigio» dell’Italia stride con l'amara realtà dei fatti. Meloni e il suo partito sono stati messi nell'angolo dai leader di Francia e Germania e così la Giorgia nazionale sembra doversi accodare ad un ruolo del tutto marginale nella definizione degli assetti europei, rischiando per di più di essere ridimensionata dal peso crescente degli estremisti alla Le Pen. Intanto la "piazza" del centrosinistra riprende fiato al grido "unità, unità" che sale dai militanti. Se son rose fioriranno.
Comunque, farebbe piacere se Giorgia Meloni dicesse finalmente due chiare parole di condanna per tutto quel sottobosco di nostalgici e razzisti che fiancheggiano il suo partito come evidenziato dal video inchiesta di Fanpage. Meloni, se ci sei batti un colpo!
* ex parlamentare