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Ballottaggi in Toscana, si vota in 18 città: seggi aperti oggi e domani. Le 4 sfide ad alta tensione

di Mario Neri
Ballottaggi in Toscana, si vota in 18 città: seggi aperti oggi e domani. Le 4 sfide ad alta tensione

Il Pd punta a vincere in almeno undici Comuni e a tenere Firenze in vista delle regionali. La destra a caccia di conferme e ribaltoni

23 giugno 2024
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I sindaci di centrodestra dei capoluoghi, quelli fuori da questa tornata, hanno già mangiato la foglia. «Se non allarghiamo la base elettorale, non vinceremo mai in Toscana, non sbarcheremo in regione. Giorgia non basta, costruiamo un cartello civico», è stata l’unica novità politica di queste due settimane in verità piene di spleen a guardare la campagna elettorale dei 18 ballottaggi toscani.

Tant’è che sul civismo ha puntato tutto anche Eike Schmidt nella sua sfida con la dem Sara Funaro a Firenze. Ma pure Eugenio Giani ha fiutato l’aria (buona) che tira. E anche lui sta già preparando un listone “Giani presidente” dove far confluire tutti i moderati delusi o orfani di Renzi e Calenda, insomma sbandati. Perché se c’è un’evidenza che emergerà da questa tornata è un ritorno di fiamma del centrosinistra. O meglio, non s’è alzata come ci si sarebbe aspettati la fiamma di Fratelli d’Italia e di Giorgia Meloni. Già alla fine del primo turno, l’Anci Toscana aveva sottolineato come i due terzi dei Comuni in regione fossero saldamente in mano a giunte guidate da sindaci Pd o comunque di sinistra.

L’attesa debacle rosse e l’onda meloniana se s’è intravista nel voto delle Europee non c’è stata alle amministrative e probabilmente non ci sarà neppure lunedì pomeriggio, alla fine degli scrutini per le 18 città che tornano al voto fra oggi (dalle 7 alle 23) e domani (dalle 7 alle 15) per il secondo turno. Anche se alcune sfide per il Pd si annunciano ad alta tensione, in particolare quelle in cui il testa a testa è con il fuoco amico di coalizioni formate da M5S e Sinistra.

Alleati a Roma, avversari nei Comuni, daranno vita a scontri thriller a Rosignano Marittimo, a Borgo San Lorenzo, Calenzano e perfino a Empoli, anche se qui il distacco a favore del candidato dem Alessio Mantellassi, erede di Brenda Barnini, è talmente ampio che il ribaltone avrebbe del clamoroso. I dem toscani confidano dunque di portare a casa almeno dieci o undici vittorie e se fra queste ci fosse Firenze considererebbero la tornata un successo. Il voto nel capoluogo toscano è quello più atteso in tutta Italia. Intanto perché il risultato rafforzerebbe ulteriormente la segreteria di Elly Schlein dopo il balzo delle Europee, ma anche perché metterebbe il Pd in una posizione strategica, quasi psicologica, di vantaggio a un anno dalle prossime elezioni regionali.

Dopo aver confermato Prato e Livorno al primo turno, tenere nel “granaio” di voti della regione significherebbe mettere un’ipoteca sul bis di Giani e sulla tenuta in una regione in cui il Pd a settembre 2022, dopo le Politiche, era dato per spacciato.

Per ribaltare di segno questo scenario non solo il centrodestra dovrebbe conquistare Firenze, ma confermare Piombino, Cortona e Montecatini e prendersi lo scalpo della sinistra in almeno altre due città simbolo come Pontedera e San Miniato, quest’ultima proprio la “patria” di Giani. Tutto molto complicato. Anche se è proprio dai capoluoghi che il centrodestra vuole ripartire, le città icona delle vittorie che in questi anni hanno smacchiato la Toscana. 

Qui Firenze

Da due settimane son spariti, evaporati. Niente più apparizioni nei quartieri al fianco di Eike, stop ad aperitivi, conferenze stampa, eventi pubblici. Giovanni Donzelli e i suoi Fratelli d’Italia fiorentini hanno lasciato la piazza al candidato «civico, aristotelico, moderato e antifascista». Insomma, Eike Schmidt ha fatto di tutto per apparire indipendente e autonomo dall’uomo macchina del partito di Meloni che l’ha “inventato” insieme al ministro Gennaro Sangiuliano come candidato per sfidare Sara Funaro e provare il colpaccio nello storico fortino rosso. Dopo sondaggi da panic room, l’assessora dem è arrivata avanti col 43,17%. E adesso per l’ex direttore degli Uffizi, il museologo italo-tedesco, è arrivato il momento di verificare se la strategia per risalire la china dal 32,86% ha funzionato. Tutto il resto è andato maluccio. Non potrà contare, come forse sperava, in un appoggio (anche esterno) di Matteo Renzi e Italia viva.

Nonostante i mal di pancia dei militanti, la candidata Stefania Saccardi ha annunciato che voterà Funaro. E neppure Cecilia Del Re, l’ex dem, si è espressa. Schmidt si è apparentato con una lista civica, RiBella di Francesca Marrazza, che ha preso lo 0,5%. Non proprio una botta di vita. Lui ha provato un colpo ad effetto proponendo un’assicurazione del Comune per dare indennizzi ai cittadini che subiscono furti, lei ha puntato sulla dicotomia sinistra-destra puzzona e fascio-friendly, tanto che Schmidt s’è adontato e ha querelato l’assessore dem Andrea Giorgio per la frase «con Schmidt fascisti e razzisti in consiglio comunale». Lui ha chiuso senza big di partito, lei con Elly Schlein, che vorrebbe far diventare Firenze un campo base per l’assalto al governo di Giorgia. 

Qui Piombino

Le strategie dei due candidati a sindaco di Piombino, Gianni Anselmi e Francesco Ferrari, si misurano con il voto. Il primo deve recuperare terreno dopo un primo turno concluso con 14 punti di distacco dal sindaco uscente. Per questo conta di allargarsi a sinistra attraendo gli elettori che l’8 e 9 giugno hanno votato per la coalizione di Rifondazione e M5S, nonostante – ufficialmente – quelle stesse forze politiche abbiano deciso di non esprimere alcuna indicazione di voto per il ballottaggio. Ferrari, al contrario, ha il compito di tenere alta la motivazione dei propri elettori, compresi quelli delle liste – civiche e politiche – che hanno ottenuto un risultato ben al di sotto delle attese.

Il ballottaggio per Anselmi, espressione del centrosinistra e consigliere regionale in quota Pd, è una partita aperta in cui ogni voto è da conquistare come se fosse la prima volta. «Piombino non è con Ferrari – afferma –, lo dicono i dati del primo turno. I tre candidati alternativi hanno raccolto più dei suoi voti e ci sono 9mila cittadini che hanno scelto di non votare e dunque di non premiare l’operato di questi anni. Noi siamo gli sfidanti e confidiamo di aver usato queste due settimane per convincere una parte di chi si è astenuto». Ha sfiorato la vittoria al primo turno, fermandosi a meno 0,6 per cento dalla maggioranza. Non per questo Ferrari, sindaco uscente a capo della coalizione di centrodestra, ammette rilassamenti. «Si riparte zero a zero e noi abbiamo continuato a lavorare per raccontare ai cittadini la Piombino che vogliamo. L’ottimo risultato del primo turno, semmai, ci ha dato la carica per affrontare le ultime due settimane».

Qui Pontedera

Neppure l’entusiasmo suscitato in città dal raduno mondiale dedicato alla Vespa ha aiutato il sindaco uscente Matteo Franconi (centrosinistra) a confermarsi alla guida dell’amministrazione comunale senza andare al ballottaggio. Eppure a metà scrutinio del primo turno Franconi era in netto vantaggio, in una città, come quella della Piaggio, in cui l’elettorato per tradizione si riconosce di più nelle scelte del centrosinistra.

Così Matteo Franconi, sostenuto da Pd e tre liste civiche, ha conquistato il 49,3% di consensi, di cui il 29,34 portati dal Partito democratico. Lo sfidante, Matteo Bagnoli, esponente della coalizione di centrodestra, è arrivato al 37,93%. Entrambi molto legati al simbolo della Vespa: Franconi, per avere organizzato i recenti “ Vespa Days”, Bagnoli per essersi presentato addirittura in Vespa sui manifesti elettorali. Matteo Franconi è sostenuto da Partito democratico, Corricon Matteo Franconi, Azione – Siamo Europei-+Europa-Italia Viva-Psi, Progetto Pontedera; mentre Matteo Bagnoli è appoggiato da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia – Ppe, Pontedera al Centro.

Il ballottaggio di Pontedera probabilmente avrebbe potuto essere evitato, se la coalizione di Franconi avesse inglobato la lista di Denise Ciampi che ha corso da sola con Pontedera a Sinistra incassando il 6,58% di consensi e che al ballottaggio ha lasciato liberi gli elettori. Nessun apparentamento per entrambi gli sfidanti. Al primo turno Alberto Andreoli (ex consigliere comunale della Lega), candidato di Presidio civico, ha ottenuto 815 voti, pari al 6%, che non gli sono serviti però per entrare in consiglio comunale.

Qui Empoli

Non era mai successo nella storia della città. Per la prima volta Empoli eleggerà il nuovo sindaco al ballottaggio. Con una partita che si giocherà tutta a sinistra. O meglio, tra il centrosinistra e lo schieramento alla sua sinistra. A contendersi la fascia tricolore che, dopo due mandati, lascerà in eredità la sindaca uscente Brenda Barnini saranno Alessio Mantellassi e Leonardo Masi. Il primo, sostenuto dal Partito democratico, da Alleanza Verdi Sinistra, da Azione e dalle civiche.

Una storia empolese e questa è Empoli, arriva al ballottaggio dopo aver sfiorato la vittoria al primo turno, quando ha ottenuto il 49,57% (11.473 voti), “sfumata” per appena cento voti e sulla quale ha probabilmente pesato la mancata convergenza con i renziani. I 337 voti (l’1,46%) ottenuti da Maria Grazia Maestrelli, candidata di Empoli al centro-Italia Viva, avrebbero infatti garantito a Mantellassi il taglio del traguardo al primo tentativo. Masi, candidato della coalizione formata da Buongiorno Empoli, Movimento 5 Stelle e Siamo Empoli, si presenta invece allo storico appuntamento dopo aver ottenuto il 19,27% (4.460 voti) due settimane fa e con l’obiettivo di recuperare gli oltre trenta punti percentuali che lo separano dal candidato del centrosinistra.

Una sfida tutta a sinistra con spettatore il centrodestra, impegnato nel difficile percorso di risanamento delle ferite inferte da una spaccatura interna che ha portato due schieramenti, uno partitico guidato da Simone Campinoti, l’altro civico con candidato Andrea Poggianti, a dividersi quasi il 30% dei voti. Un “tesoretto” che avrebbe portato il centrodestra allo storico ballottaggio. 

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