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La pensione di scorta, quali sono i vantaggi per chi aderisce ai fondi

di Leonardo Monselesan
Una foto d'archivio di uno stand dell'Inps. L'Inps ha recuperato dalla lotta all'evasione contributiva circa 4,5 miliardi nei primi 11 mesi del 2010 con un aumento del 10% rispetto allo stesso periodo del 2009. ANSA/ ETTORE FERRARI
Una foto d'archivio di uno stand dell'Inps. L'Inps ha recuperato dalla lotta all'evasione contributiva circa 4,5 miliardi nei primi 11 mesi del 2010 con un aumento del 10% rispetto allo stesso periodo del 2009. ANSA/ ETTORE FERRARI

È una soluzione per lasciare il lavoro con il massimo e compensare i tagli della previdenza obbligatoria

11 giugno 2024
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Con il passaggio dal sistema previdenziale retributivo a quello contributivo, le pensioni di quanti hanno iniziato a versare contributi dal 1996 si prospettano significativamente inferiori a quelle dei lavoratori più stagionati.

Per rimediare a questo problema, una soluzione può essere quella di iscriversi ad un fondo pensione complementare che permette di accantonare una parte della propria retribuzione e/o il proprio Tfr, a cui si aggiungono gli eventuali contributi dovuti dal datore di lavoro, per ottenere un’ulteriore rendita dopo al pensionamento. Fino a quel momento la posizione individuale del lavoratore, cioè il capitale accumulato, viene investita (seguendo regole di prudenza) in diversi strumenti finanziari, per generare di anno in anno un rendimento che va ad aumentarla. Questi rendimenti sono inoltre sottoposti ad una tassazione agevolata, pari al 12,5% per i titoli di stato e al 20% per gli altri tipi di investimento. A questo totale vanno poi sottratti i costi di partecipazione al fondo, espressi mediante l’Isc (Indice sintetico dei costi), una percentuale destinata a diminuire nel tempo che determina quanto viene sottratto dalla posizione individuale ogni anno.

Per i dipendenti, il contratto collettivo nazionale di lavoro individua solitamente un fondo negoziale, aperto o preesistente di riferimento. In alcuni casi, l’adesione al fondo di riferimento avviene automaticamente. In altri casi è possibile aderire al fondo recandosi presso la sede del fondo pensione, dei sindacati che hanno sottoscritto l’accordo o dei patronati e dei Caf incaricati dal fondo stesso. Con l’adesione ad un fondo pensionistico di riferimento è inoltre possibile decidere se versarvi anche una percentuale della propria retribuzione, in una misura minima stabilita dal contratto nazionale che può essere aumentata su base volontaria. Se si sceglie di non versare una parte della retribuzione, però, si perde il diritto alla contribuzione del datore di lavoro, la cui misura è stabilita anche in questo caso dalla contrattazione collettiva nazionale o aziendale.

Per quanto riguarda il Tfr, invece, il lavoratore può scegliere se conferirlo o meno nella gestione complementare. Dandogli questa destinazione, di fatto si scambia la rivalutazione annua basata sull’inflazione che ci sarebbe lasciandolo in azienda con i rendimenti prodotti dagli investimenti del fondo. Se però non viene espressa alcuna preferenza tramite l’apposito modulo richiedibile al proprio datore di lavoro, allora il Tfr è automaticamente investito nella previdenza complementare.

Chi non ha un fondo pensionistico di riferimento, o chi vuole iscriversi ad un fondo diverso, può scegliere di aderire ad un fondo aperto o ad un Pip (Piano individale pensionistico), recandosi nella sede della società che lo ha istituito o da soggetti da essa incaricati.

Queste due forme di previdenza complementare sono anche le uniche disponibili per lavoratori autonomi e liberi professionisti, che possono stabilire autonomamente l’importo dei contributi e la periodicità del versamento. Per i dipendenti, invece, l’adesione a fondi diversi da quello di riferimento comporta la perdita dei contributi versati dal datore di lavoro. È inoltre possibile iscrivere anche i propri familiari al fondo pensionistico complementare, con il versamento di un’ulteriore quota. I contributi versati, sia dal lavoratore che dal datore di lavoro, potranno poi essere dedotti ai fini fiscali dal reddito annuo del lavoratore fino ad un massimo di 5.164,57 euro. Tutti i contributi che eccedono questo limite, o che non vengono portati in deduzione, devono essere dichiarati al proprio fondo pensione entro un anno dal versamento. In questo modo non saranno sottoposti a tassazione al momento dell’erogazione.  

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