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L'intervista

Tumori alla tiroide nei bambini, casi in crescita. L'esperto: «Le sostanze killer, le fasce a rischio e come prevenire la malattia»

di Barbara Antoni

	Il professor Claudio Spinelli e i controlli su un bambino
Il professor Claudio Spinelli e i controlli su un bambino

L’indagine del professor Spinelli, ordinario di Chirurgia Pediatrica a Pisa. Radiazioni: «Negli anni Novanta operai ventuno bimbi di Chernobyl. La diagnosi di solito arriva dopo l’individuazione di un nodulo»

21 maggio 2024
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Le radiazioni dell’esplosione nucleare di Chernobyl nel 1986 e di quella di Fukushima nel 2011. Ma non solo, purtroppo. È l’ambiente in cui viviamo il nemico numero uno, che crea le condizioni perché l’incidenza del tumore tiroideo in età giovanile, prevalentemente nella popolazione femminile nella fascia 15-19 anni, abbia registrato un’impennata fortissima in Italia e anche in Toscana. Diossine, zolfo, perfluorati, Pfas, le sostanze inquinanti emesse dai vulcani: tutti agenti che attaccano i ricettori delle ghiandole e stimolano la proliferazione del tumore. È quanto ha ricostruito, attraverso un’indagine che dura da oltre quarant’anni, il professor Claudio Spinelli, ordinario di Chirurgia pediatrica presso l’Università di Pisa. Ha sintetizzato il suo lavoro in più pubblicazioni scientifiche, l’ultima delle quali – firmata insieme a Marco Ghionzoli e Zinaida Sinila – è uscita proprio nel 2024: “Il carcinoma della tiroide dopo Chernobyl e Fukushima” (edizioni Pisa University Press).

Professor Spinelli, cosa sta accadendo? Perché i giovanissimi, soprattutto le ragazze, sono sempre più colpiti dal tumore alla tiroide?

«L’incidenza di questo tipo di tumore, specialmente nella fascia 15-19 anni e specialmente fra le ragazze, dal 2005 ad oggi ha avuto un aumento incredibile. È molto più frequente in Italia che in altri paesi europei, ma anche più che negli Stati Uniti e nella Corea del Sud, che furono direttamente investiti dalla nube sprigionata dall’incidente nucleare di Fukushima. A Chernobyl dopo l’esplosione nucleare, i casi di neoplasia tiroidea decuplicarono. Oggi sia in Ucraina che in Bielorussia l’incidenza di questa malattia è più bassa che in Italia».

Sembra impossibile che emissioni di radiazioni risalenti a così tanto tempo fa possano avere ancora oggi effetti così devastanti.

«Nel 1986 l’Italia fu invasa dalla nube di Chernobyl: la potenza di quell’esplosione nucleare fu pari a quattrocento volte la bomba di Hiroshima. Nel 2011, le radiazioni arrivate da Fukushima: giunsero in Italia in dosi più basse, perché i venti spiravano verso l’Oceano Pacifico. A quelle radiazioni però se ne sono sommate molte altre nel corso degli anni, scaturite da esperimenti nucleari anche in Europa, dove si facevano test già negli anni Sessanta. Il problema è che le radiazioni ionizzanti interferiscono con il sistema endocrino: agiscono come ormoni e stimolano il tumore della tiroide, come anche altri tumori che dipendono dagli ormoni, ad esempio quello alla mammella e alla prostata».

Le cause che favoriscono l’insorgere del tumore tiroideo possono essere anche altre?

«Inquinanti antropici, dovuti alla combustione a livello industriale, sono agenti che favoriscono l’insorgere della malattia, perché emettono diossine e zolfo. Ma tra le sostanze nocive ci sono anche i perfluorati, i Pfas (poli e per-fluoroalchilici, sostanze chimiche di sintesi non presenti in natura ma prodotte da attività umane e usate per rendere i materiali più resistenti, ndr) e lo stesso keu (residuo di produzione derivante dal trattamento dei fanghi prodotti dagli scarti della concia delle pelli) impiegato per la realizzazione di asfalti e come additivo del calcestruzzo, ndr). A tutto questo possono aggiungersi anche inquinanti naturali».

Ad esempio?

«I vulcani. Emettono diossina, radon. Nelle vicinanze dell’Etna, l’incidenza del tumore tiroideo fra le ragazze da 15 a 19 anni è molto aumentato».

Gli inquinanti antropici e naturali quindi agiscono come le radiazioni sull’organismo?

«Gli inquinanti esercitano un’azione simil-estrogenica, cioè simile agli ormoni: attaccano i recettori delle ghiandole e ne stimolano la proliferazione. L’organismo di ragazze fra 15 e 19 anni è più sensibile alla stimolazione ormonale: ecco perché sono loro ad essere più colpite da questo tumore. Nelle femmine di questa fascia di età, secondo l’ultimo studio che ho pubblicato nel 2022, si registrano 17,3 casi ogni centomila, in Bielorussia 7,4; mentre sotto i 15 anni si fermano a 4,5 su centomila. Nei maschi sopra i 15 anni l’incidenza è di 0,88, sotto i 15 anni di 0,61. Aggiungo che anche plastica e insetticidi possono stimolare neoplasie ormone-dipendenti».

Cosa si può fare per evitare di contrarre questa neoplasia?

«Ormai non si può più fare niente altro che conoscere, è difficile tornare indietro. Per questo l’Università di Pisa ha pensato di organizzare un convegno dedicato a questo problema: per sensibilizzare non solo i medici, ma tutta la popolazione, per generare più attenzione verso questa patologia e poterla quindi meglio riconoscere. E anche per migliorare le prognosi».

Esistono almeno buone pratiche per una prevenzione?

«Ripeto: conoscere sempre di più questa malattia e sensibilizzare medici e famiglie è la migliore prevenzione; ma anche fare valutazioni tiroidee, palpazioni e indagini ecografiche. L’ecografia con l’uso dell’intelligenza artificiale migliorerà nettamente la diagnostica dei noduli tiroidei. In parte, in questo campo, l’intelligenza artificiale è già stata introdotta».

Il trattamento di un tumore di questa natura quanto può avere successo e quanto no?

«Devo dire che per il tumore endocrino in bambini e ragazzi la prognosi a distanza è buona. Ma soltanto se la patologia si diagnostica velocemente».

Una volta che la malattia è stata diagnosticata, quali di terapie si adottano?

«I noduli devono essere individuati, seguiti, e dopo una diagnosi citologica il paziente viene sottoposto a intervento chirurgico, che oggi come oggi è di tipo conservativo. Specialmente nei giovani, è importante che rimanga un lobo tiroideo. Prima in questi casi si procedeva a togliere completamente la tiroide, adesso si preferisce conservare. Oggi gli interventi chirurgici sono nettamente aumentati perché sono aumentate le diagnosi».

Lei, professor Spinelli, ha una grande esperienza in questo campo

«Negli anni Novanta operai ventuno bambini di Chernobyl colpiti dal tumore alla tiroide. Da allora ho pubblicato molti libri sulla chirurgia conservativa, uno anche su un’indagine condotta su duecentocinquanta bambini».

Quali sintomi ha il tumore tiroideo?

«Ha sintomi subdoli. Di norma, è difficile che un bimbo venga sottoposto a screening tiroideo, a meno che non abbia una familiarità con questa patologia, o in casi selezionati. La diagnosi di solito arriva dopo l’individuazione di un nodulo nel collo o di linfonodi laterocervicali, che sono già un indice di un tumore metastatico».

L’intervento chirurgico è molto invasivo?

«Non particolarmente, ma comporta molti rischi e complicanze. Perché stiamo parlando di un intervento molto delicato. I rischi che comporta è che l’operazione possa causare un’alterazione della voce o di un nervo. Oppure può causare ipocalcemia: in quel caso il paziente dovrà assumere calcio per tutta la vita».

Con questo profondo collegamento con gli inquinanti ambientali, anche gli studi dovranno proseguire in modo approfondito. Un “cantiere” in continua evoluzione.

«Proprio così. Continuerò a studiare a fondo gli effetti degli inquinanti sul carcinoma tiroideo».

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