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Alberghi in Toscana, gli effetti della nuova legge regionale: possono usare le case per aumentare l’offerta di posti

di Mario Neri
Alberghi in Toscana, gli effetti della nuova legge regionale: possono usare le case per aumentare l’offerta di posti

Così emerge il “sommerso” degli hotel mascherati da affittacamere

05 marzo 2024
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Ci sono due passaggi nella nuova legge sul turismo della Toscana concepiti come puntelli di ancoraggio per il settore alberghiero della regione. Sono argini alzati contro la slavina di Airbnb che mese dopo mese allarga il suo potere sulla Toscana ricoprendo di puntini le mappe delle città d’arte e dei centri rivieraschi e travolgendo l’economia delle imprese ricettive tradizionali.

Primo puntello. Il nuovo testo unico introduce la possibilità per gli alberghi di «associare alla propria gestione civili abitazioni che sono nella disponibilità della struttura alberghiera» perché «collocate nelle vicinanze» e di farlo in modo che le case utilizzate per allargare l’offerta alberghiera non superino il 40% della ricettività totale. Tutto «a patto che sia garantito all’ospite non solo l’utilizzo dei servizi della struttura alberghiera, ma anche lo standard qualitativo corrispondente al livello di classificazione dell’albergo». Cosa significa? La Regione così tenta di mettere un freno al dilagare di gruppi o manager celati dietro società di comodo capaci di accaparrarsi grappoli di affitti brevi nelle città e che sfruttano i vantaggi (soprattutto in termini di fiscalità) connessi ad una attività non professionale affittando decine di appartamenti, spesso trasformando palazzi storici interi in giganteschi alberghi gestiti da remoto ma senza il carico (di servizi e personale) tipico di un hotel. Non solo. La legge voluta dall’assessore allo sviluppo economico e al turismo Leonardo Marras «porta ad emersione realtà già esistenti – annota la relazione illustrativa – che sono ad oggi mascherate da creazioni di soggetti societari ad hoc da parte dell’albergatore per gestire tali civili abitazioni».

Il secondo puntello. Per proteggere l’economia alberghiera il Testo unico introduce una definizione dettagliata di cosa siano Affittacamere e B&b e soprattutto stabilisce un confine alla rendita. Affittacamere e B&b, recitano gli articoli 44 e 45, sono «strutture ricettive gestite in forma imprenditoriale composte da non più di sei camere per i clienti, con una capacità ricettiva non superiore a dodici posti letto, ubicate nella stessa unità immobiliare, nelle quali sono forniti alloggio e servizi essenziali». In pratica, d’ora in poi chi gestisce più di sei camere di fatto gestisce un hotel abusivo, fuorilegge. E ne deve rispondere.

Recuperando un’eredità della pandemia, inoltre, la legge offre l’opportunità agli hotel di trasformarsi a seconda della domanda e dedicare il 40% della superficie ricettiva all’offerta di spazi per lo smart working, «da svolgersi per un periodo non inferiore a tre mesi e non superiore ai nove mesi» nel corso dell’anno. E l’accesso alle aree di smart workin potrà essere anche consentito anche a persone che non pernottano nella struttura. Di fatto un’opportunità di destagionalizzazione in più e di flessibilità funzionale, già sfruttata da strutture ibride come il Social Hub a Firenze, un grande student hotel di lusso che fornisce molti altri servizi, dalla palestra agli uffici. Ispirandosi all’esempio della Svizzera, i Comuni potranno «individuare, tramite i propri strumenti di pianificazione urbanistica, gli alberghi – ma solo 4 o 5 stelle – che possono organizzare attività didattiche e formative in materia di accoglienza e ospitalità» e diventare degli Academy Hotel.
 

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