Infermiere picchiato al pronto soccorso, il racconto choc: «Preso per il camice e sbattuto alla porta»
Piombino, è successo all'ospedale di Villamarina. L’operatore sanitario è stato aggredito da un uomo di 23 anni che si trovava lì per accompagnare la fidanzata
PIOMBINO. Ha ancora dolore alla spalla e sul retro del capo. Oltre che un livido ben visibile sul petto. Ferite giudicate come guaribili in cinque giorni. «Quello che ancora oggi fa male però è la facilità con cui mi ha messo le mani addosso, come se fosse la normalità». A parlare, l’infermiere che sabato scorso (6 gennaio) è stato aggredito al pronto soccorso dell’ospedale di Villamarina, a Piombino, da un ragazzo di 23 anni della provincia di Napoli. Arrivato in ospedale per accompagnare la fidanzata e denunciato dai carabinieri per lesioni personali aggravate.
Paolo (il nome è di fantasia) preferisce mantenere l’anonimato. Ma non vuole restare in silenzio. «Credo sia importante accendere un riflettore su quanto avvenuto – spiega – perché se anziché a me fosse capitato a una mia collega, non so cosa sarebbe potuto accadere. E comunque ormai la situazione è insostenibile: praticamente ogni giorno abbiamo a che fare con ingiurie, offese e minacce da parte dei parenti dei pazienti che abbiamo in cura in pronto soccorso. E chi si trova di turno al triage – spiega – è come se fosse al fronte, col rischio di essere come minimo spintonato, quando va bene. Se non direttamente aggredito come purtroppo è capitato a me sabato scorso».
Nel ripercorrere quanto è avvenuto Paolo è lucido e preciso. «Sono montato in servizio alle 21 – racconta l’infermiere di Villamarina – e il pronto soccorso era già affollato: c’erano più di una ventina di persone tra pazienti in trattamento e quelli in sala d’attesa, non certo pochi vista l’ora e il periodo. Il ragazzo che mi ha aggredito è arrivato invece intorno alle 21,40 insieme alla fidanzata che lamentava un malessere. Io e i miei colleghi le abbiamo preso i dati e stavamo procedendo a prepararla per un esame quando ho notato che lui si era allontanato verso la camera calda per fumarsi una sigaretta, così almeno mi ha detto quando gli ho fatto presente che non poteva rimanere lì: era a pochi metri da noi, una decina al massimo, ma in quella zona può starci solo il personale autorizzato».
Mentre però la ragazza sta venendo portata a svolgere l’esame avviene l’aggressione. Il ragazzo fa per seguirla e tocca ancora a Paolo fermarlo. «Gli ho detto che, essendo la giovane maggiorenne e non essendo lui un parente ma solo il fidanzato, avrebbe dovuto aspettarla in sala d’attesa oppure fuori, se avesse voluto fumare – racconta l’infermiere – e in quel momento è accaduto di tutto. Ha iniziato a inveire contro me e i colleghi, poi di punto in bianco mi ha afferrato con forza il bavero della divisa, a livello del petto, e mi ha spinto con tutta la sua forza contro lo spigolo della porta aperta tra il triage e la medicheria dei codici bianchi, ovvero l’area dove ci sono i pazienti meno gravi: due di questi erano lì, hanno visto tutto. Ho preso un gran colpo alla spalla e ho battuto anche la testa – racconta – dopodiché sono stati chiamati subito i carabinieri. Se lo querelerò? Non mi interessa – conclude – l’importante è che sia l’azienda sanitaria a muoversi nelle sedi competenti. Anche per lanciare un segnale a difesa dei tanti dipendenti che ogni giorno si trovano a che fare con episodi di questo genere».