Pensioni di reversibilità e cumulo con i redditi: in arrivo gli arretrati
Novità dopo una sentenza della Corte Costituzionale: l’Inps procederà d’ufficio al riesame dei trattamenti
Per i beneficiari delle pensioni ai superstiti sono in arrivo novità. Con la circolare 108/2023 l’Inps ha infatti spiegato il meccanismo con cui sarà recepita la sentenza 162/2022 della Corte Costituzionale, che ha deliberato l’incostituzionalità della mancanza di limiti alle decurtazioni di tale trattamento basate sui redditi dei beneficiari.
In seguito a tale pronuncia, quindi, alcune pensioni che hanno ricevuto decurtazioni eccessive riceveranno (l’Inps deve ancora comunicare la calendarizzazione dei pagamenti) le differenze sui ratei arretrati, gli interessi legali e la rivalutazione monetaria rispetto a quanto erogato dal momento della liquidazione del trattamento pensionistico, entro i limiti della prescrizione quinquennale e fermi restando gli atti interruttivi della prescrizione.
Secondo la normativa applicata fino ad oggi, le pensioni indirette e/o di reversibilità hanno un valore pari ad una percentuale della pensione spettante al deceduto, in misura stabilita in base alla conformazione del nucleo familiare del beneficiario. A questo importo può poi essere applicata una decurtazione basata sul reddito del superstite. La pensione indiretta e/o di reversibilità viene quindi erogata in misura piena solo per coloro che presentano un reddito, al netto del trattamento pensionistico per i superstiti, inferiore a tre volte il trattamento minimo Inps (che nel 2024 è pari a 598,61 euro al mese) calcolato su base annua per tredici mensilità, quindi per redditi annui inferiori a 23.345,79 euro.
Per quanti hanno un reddito compreso tra questa soglia e quella delle quattro volte il trattamento minimo (31.127,72 euro all’anno), la pensione viene erogata nella misura del 75%. Per i redditi compresi tra quattro e cinque (38.909,65 euro all’anno) volte il trattamento minimo, il trattamento viene erogato nella misura del 60%. Per coloro che percepiscono redditi superiori a quest’ultima soglia, invece, la pensione ai superstiti spetta solo al 50% del valore originale. Tali decurtazioni non vengono però applicate nel caso in cui nel nucleo familiare del beneficiario siano presenti figli minorenni, studenti o inabili. Vi è poi la cosiddetta “clausola di garanzia”, secondo cui il trattamento derivante dal cumulo dei redditi del beneficiario, esclusa la pensione ai superstiti, non può essere inferiore a quello che gli spetterebbe con un reddito pari al limite della fascia di reddito immediatamente inferiore. Pertanto tali soglie determinano anche il valore minimo del trattamento ai superstiti per quelli che fanno parte delle fasce di reddito superiori.
La sentenza 162/2022 della Consulta ha stabilito un’altra eccezione alla decurtazione delle pensioni ai superstiti. Con la sentenza n. 162 del 30 giugno 2022 la Corte Costituzionale ha dichiarato che la pensione di reversibilità non può essere decurtata, in caso di cumulo con ulteriori redditi del beneficiario, di un importo che superi l'ammontare complessivo dei redditi aggiuntivi.
La Corte ha rilevato l'irragionevolezza di una simile situazione che si pone in contrasto con la finalità solidaristica sottesa all'istituto della reversibilità, volta a valorizzare il legame familiare che univa, in vita, il titolare della pensione con chi, alla sua morte, ha beneficiato del trattamento di reversibilità. Quel legame familiare, anziché favorire il superstite, finisce paradossalmente per nuocergli, privandolo di una somma che travalica i propri redditi personali. Pertanto, nel ribadire che il cumulo tra pensione e reddito deve sottostare a determinati limiti (dovendosi bilanciare i diversi valori coinvolti), la Corte ha precisato che, in presenza di altri redditi, la pensione di reversibilità può essere decurtata solo fino a concorrenza dei redditi stessi.
Quanti avessero subito una diminuzione del trattamento superiore a questo limite avranno quindi un riesame d’ufficio da parte dell’Inps, che provvederà in futuro a restituire quanto indebitamente trattenuto, compresi gli interessi legali e la rivalutazione monetaria. Il calcolo degli arretrati verrà dunque effettuato nei limiti della prescrizione quinquennale, fermi restando eventuali atti interruttivi della prescrizione stessa.