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Da quota 100 al salario minimo: ecco che cosa è rimasto fuori dal Recovery

Da quota 100 al salario minimo: ecco che cosa è rimasto fuori dal Recovery

La proroga al 2023 del superbonus 110% verrà rivalutata ma saranno presto semplificate le procedure per utilizzarlo

28 aprile 2021
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Roma. La proroga del superbonus al 2023, Quota 100, il cashback, l’introduzione del salario minimo, la riforma del catasto e la revisione delle agevolazioni fiscali. Sono i dossier rimasti fuori dal Recovery plan italiano e che, al momento, non risultano finanziati con i 221,5 miliardi messi in campo (191,5 miliardi di fondi europei e altri 30,6 miliardi coperti dal Fondo complementare) con il Piano nazionale di ripresa e resilienza all’esame delle Camere, ai quali si aggiungono le ulteriori risorse del Fondo sviluppo e coesione, utilizzate nell’ambito del dispositivo europeo per il potenziamento dei progetti previsti. Nel complesso, ha spiegato il presidente del Consiglio Mario Draghi in Parlamento, «potremo disporre di circa 248 miliardi». Per alcuni degli interventi citati, come la proroga del superbonus al 2023, il governo si riserva un’ulteriore riflessione e si impegna a trovare altri fondi in manovra. Per altri, come Quota 100 e il cashback, si ragiona su misure alternative. E nel caso della riforma del catasto, non c’è un esplicito riferimento nel testo ma potrebbe rientrare nel progetto di riforma del fisco che sarà definito entro la metà dell’anno.

PROROGA SUPERBONUS

Non entra nel Piano, nonostante il pressing dei partiti, M5s in testa, la proroga del superbonus per l’edilizia al 2023. «Per il futuro, il Governo si impegna a inserire nel disegno di legge di bilancio per il 2022 una proroga dell’ecobonus per il 2023, tenendo conto dei dati relativi alla sua applicazione nel 2021. Inoltre, già a maggio, interveniamo con importanti semplificazioni per agevolare la sua effettiva fruizione», ha assicurato Draghi. Al momento sono previsti oltre 18 miliardi, tra Piano nazionale di ripresa e risorse del fondo extra Recovery per estendere la detrazione al 110 per cento al 30 giugno 2022 per le singole case e al 31 dicembre 2022 per i condomini che abbiano concluso a giugno il 60 per cento dei lavori, con la possibilità solo per le case popolari di arrivare a giugno 2023. La proroga della misura per tutte le categorie costerebbe, invece, altri 10 miliardi. E visti i dubbi di Bruxelles, il governo si impegna a condurre in autunno una valutazione sui dati effettivi sull’applicazione della misura e a stanziare i fondi necessari in manovra. Entro maggio intanto si procederà con «importanti semplificazioni per agevolarne l’effettiva fruizione».

CATASTO E AGEVOLAZIONI

Tra le raccomandazioni 2019 e 2020 rivolte dall’Europa al nostro Paese figura la riforma del catasto e la revisione della giungla delle spese fiscali, le agevolazioni fiscali. Tuttavia nel Piano non c’è riferimento esplicito a questi interventi ma il governo si impegna a presentare un progetto di riforma fiscale al Parlamento, sotto forma di legge delega entro il 31 luglio, con l’obiettivo di realizzare una revisione dell’Irpef nel rispetto dell’equilibrio dei conti pubblici che consenta una «graduale» riduzione del carico fiscale e un rafforzamento della lotta all’evasione. «È presto - ha detto Draghi - per dare risposte su quale sarà la riforma del fisco. È essenziale che il lavoro del Parlamento giunga a compimento e che vengano fornite indicazioni politiche quanto più condivise e puntuali possibili. Per realizzare in tempi certi la riforma definendone i decreti attuativi il Governo, dopo l’approvazione della legge delega, istituirà una Commissione di esperti».

IL SALARIO MINIMO

Nella versione del Piano inviata al Parlamento non figura più il salario minimo legale. Nelle bozze il governo parlava dell’introduzione della misura «per i lavoratori non coperti dalla contrattazione collettiva nazionale, a garanzia di una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto e idonea ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa» nell’ottica di un rafforzamento del sistema delle tutele del lavoro. Viene comunque confermata la riforma degli ammortizzatori sociali. L’obiettivo è garantire a tutti i lavoratori la cassa integrazione, differenziando durata ed estensione delle misure di sostegno al reddito sulla base delle soglie dimensionali dell’impresa e tenendo conto delle caratteristiche settoriali, con un rafforzamento delle tutele contro la disoccupazione e inoccupazione e aumentando le protezioni dei lavoratori discontinui e precari. Per quanto riguarda i lavoratori autonomi l’obiettivo si punta a elaborare un sistema di tutele dedicate.

CASHBACK

Il cashback, il piano per incentivare i pagamenti con bancomat e carte di credito, rientrava nelle bozze del Piano nazionale di ripresa e resilienza del governo Conte ma esce dal piano del governo Draghi. Il programma resta comunque finanziato e in vigore, almeno fino a luglio. Probabilmente subirà correttivi, visto che la necessità di una revisione è stata sollecitata da più parti, a partire dalla Corte dei Conti. Il governo dovrà quindi decidere se confermarlo o meno fino al 30 giugno 2022.

QUOTA 100

Quota 100 scompare dal testo trasmesso alle Camere. Nelle versioni precedenti il governo spiegava che il pensionamento anticipato con almeno 62 anni di età e 38 di contributi introdotto dal primo governo Conte si concluderà a fine anno, al termine della sperimentazione triennale, e sarà sostituito da «misure mirate a categorie con mansioni logoranti». Ora questo riferimento salta ma resta il problema di come gestire il post Quota 100. Per i sindacati va superata evitando lo scalone di cinque anni tra l’età per la pensione di vecchiaia oggi fissa a 67 anni e i 62 anni dell’uscita anticipata con la misura cara alla Lega. Pertanto si chiede un intervento complessivo sulla previdenza che riconosca la flessibilità in uscita, dopo 62 anni o con 41 anni di contributi, che consenta di andare in pensione in anticipo a chi ha fatto lavori gravosi e di cura, e alle donne, e tuteli il potere d’acquisto delle pensioni. —
 

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